Dove finisce il tuo 8 per mille…

Mauro Munafò


La Chiesa ne spende solo un quinto in opere di carità: il grosso finisce per costruire parrocchie e stipendiare i sacerdoti. Valdesi e Avventisti invece ne danno il 90 per cento in aiuti umanitari. E Lo Stato? Un po’ finanzia la Protezione civile e un po’ la costruzione di nuove carceri: nemmeno un euro alle Onlus
Spot in televisione, allestimenti nelle stazioni, cartelli alle fermate dell’autobus, poster nelle chiese: le prime settimane di maggio, in corrispondenza con la consegna delle dichiarazioni dei redditi, è quasi impossibile non incappare nella pubblicità con cui i culti religiosi chiedono ai fedeli di destinare loro l’otto per mille. La quota dell’Irpef che per legge viene riservata alle chiese, o ad alcuni progetti statali, costituisce infatti un tesoro che nel 2010, ultimo anno di cui sono disponibili i dati completi, valeva poco meno di un miliardo e 150 milioni di euro. E a cui nessuno vuole rinunciare.

L’Espresso ha analizzato i bilanci e i rendiconti presentati dai vari culti per realizzare una breve guida informata, in modo da capire come vengono investiti ed utilizzati i soldi dei contribuenti dalle diverse comunità. Se infatti sulla fede e sul credo personale non si discute, sulla gestione dei denari dei contribuenti la vigilanza è sempre necessaria.


 

Stato

Chiesa Cattolica

Tavola Valdese*

Chiesa Avventista

Chiesa Luterana*

Assemblee di Dio***

Comunità ebraiche****

Fondi ricevuti

€150.000.000

€1.118.677.000

€10.359.480

€ 2.167.201

€ 2.873.223

€ 999.882

€ 4.252.371

Edilizia di culto e ristrutturazioni

nd

€ 190.000.000

€ 0

€ 0

€ 0

€ 0

nd

Culto, pastorale, evangelizzazione

nd

€ 277.877.000

€ 0

€ 0

€ 1.274.385

€ 0

nd

Clero

nd

€ 360.800.000

€ 0

€ 0

€ 731.717

€ 0

nd

Progetti sociali, culturali e umanitari in Italia

nd

€ 150.000.000

€ 6.656.035

€ 1.996.291

€ 473.842

€ 999.882

nd

Progetti sociali, culturali e umanitari all’Estero

nd

€ 85.000.000

€ 3.044.213

€ 71.550

€ 272.427

nd

Pubblicità

nd

€ 9.000.000

€ 513.516

€ 52.563

€ 143.109

€ 0

nd

Spese di gestione**

nd

€ 0

€ 145.640

€ 54.602

€ 0

nd

Aerei antincendi protezione civile

€ 64.000.000

nd

nd

nd

nd

nd

nd

Edilizia Carceraria

€ 57.000.000

nd

nd

nd

nd

nd

nd

Altre manovre

€ 23.000.000

nd

nd

nd

nd

nd

nd

 

* Dati riferiti al 2010
** Per i Valdesi la voce include spese di gestione e spese per il personale
*** Le Assemblee di Dio non riportano un resoconto dettagliato ma dichiarano che “ogni centesimo di euro corrisposta dallo Stato […], sarà utilizzato unicamente per fini a carattere sociale e umanitario”
**** Le comunità ebraiche non presentano alcun resoconto

La torta.  Il funzionamento della ripartizione dell’otto per mille è da anni al centro delle polemiche: ogni firma corrisponde a un voto che va a influenzare la quota dell’intero gettito da destinare a un culto, quindi in realtà nessuno destina direttamente la propria parte.

Ancora più criticata è però la decisione di ripartire in modo proporzionale anche le scelte non espresse (oltre la metà): in questo modo la Chiesa Cattolica conquista l’85 percento dei fondi (circa un miliardo di euro) grazie al 36 percento delle firme a suo favore. Questo meccanismo finisce per favorire tutti i culti, tranne le assemblee di Dio, le uniche che nel 2012 rinunceranno alla parte di gettito per cui non sono state espresse delle scelte e che per questo sono l’unica comunità a raccogliere meno di un milione di euro l’anno. A pagare le spese di questo meccanismo è però lo Stato italiano, che “rinuncia” a circa 600 milioni di euro.

 

QUota ricevuta (%)

Scelte espresse (%)

Fondi ricevuti
in euro

Stato

11,95

5,20

151.950.433

Chiesa Cattolica

85,01

36,98

977.010.978

Chiesa Valdese

2,05

0,89

10.248.789

Chiesa Avventista

0,17

0,07

1.953.792

Chiesa Luterana

0,25

0,11

2.873.224

Assemblee di Dio

0,20

0,09

999.882

Comunità ebraiche

0,37

0,16

4.252.371

Totale

100

43,50

1.149.289.469


La ripartizione della quota Irpef destinata ai culti religiosi, le firme espresse e i fondi complessivi versati alle Chiese e alle comunità. Dati riferiti alla ripartizione del 2010, basata sulle dichiarazioni Irpef del 2007

Gli interventi sociali e umanitari. L’immagine dell’otto per mille che anni di pubblicità della Chiesa Cattolica hanno contribuito a creare è legata alle opere di carità e agli interventi umanitari in Italia e nel Terzo Mondo. In realtà solo una parte minoritaria del gettito Irpef finisce a finanziare questi progetti. La Chiesa Cattolica spende 150 milioni in progetti umanitari in Italia ed altri 85 milioni in quelli all’estero: le due voci combinate corrispondono a circa un quinto del totale che incassa dall’otto per mille. Più virtuose sotto questo punto di vista sono le chiese Valdesi e Avventiste che versano oltre il 90% dei propri fondi in progetti sociali in Italia e all’Estero. Simile alla Chiesa Cattolica è invece quella Luterana, che destina per questi progetti circa 750mila euro l’anno, pari a un quarto della propria quota. Comunità ebraiche ed assemblee di Dio non forniscono invece un rendiconto dettagliato da cui poter capire con esattezza la destinazione dei fondi, anche se le assemblee di Dio dichiarano di versare tutta la propria parte in questo tipo di progetti.

L’edilizia. Solo la Chiesa Cattolica utilizza fondi dell’otto per mille per la costruzione di nuove strutture. Nell’ultimo anno sono stati stanziati per questa voce 125 milioni di euro: oltre un 1 miliardo e 300 milioni dal duemila a oggi. Anche lo Stato italiano ha deciso di stanziare una parte dei suoi fondi nell’edilizia: quella carceraria, a cui sono stati destinati 57 milioni di euro con non poche polemiche da parte delle onlus (vedi in fondo all’articolo).

Il clero. Non tutti i culti usano la propria quota dell’otto per mille per pagare lo stipendio ai propri ministri (o preti): anzi, in realtà questa è un uso esclusivo di due sole chiese. La Chiesa Cattolica spende oltre 360 milioni di euro l’anno per questa voce, circa un terzo di tutti i suoi fondi. Secondo i documenti forniti dalla Cei infatti, il 62% delle retribuzioni dei sacerdoti arriva dall’otto per mille. L’unica altra chiesa ad utilizzare l’otto per mille per il suo clero è quella Luterana, che nel 2010 ha speso per questa voce oltre 700mila euro, circa un quarto della sua intera parte di gettito Irpef. Gli altri culti dichiarano esplicitamente di non utilizzare i fondi a loro disposizione per retribuire i propri ministri.

La trasparenza. Oltre alla gestione dei fondi, un discorso a parte va fatto per la trasparenza con cui ne viene comunicata la destinazione. Solo di recente alcuni culti hanno deciso di pubblicare sui propri siti i rendiconti, anche se non tutti sono completi ed alcuni mancano del tutto. Tra i più trasparenti ci sono la tavola Valdese, che sul suo sito pubblica il rendiconto delle spese e l’elenco di tutti i progetti finanziati con tanto di quota ad essi destinata, e la Chiesa Avventista che è autrice di un documento simile e molto dettagliato.

Nell’ultimo anno un notevole passo avanti è stato fatto anche dalla Chiesa Cattolica, che su un sito specifico non solo pubblica il rendiconto annuale e quello storico della raccolta otto per mille, ma ha realizzato una mappa interattiva con circa ottomila progetti finanziati e le schede esplicative.

Un po’ meno completo è il documento fornito dalla chiesa Luterana, che illustra le ripartizioni ma non entra nel dettaglio dei progetti finanziati, mentre sono da bocciare le Comunità ebraiche e le Assemblee di Dio, che non presentano alcun dato o documento su come spendono la loro parte dell’otto per mille. Le Assemblee di Dio si limitano a dichiarare che “garantiscono che ogni centesimo di euro corrisposto dallo Stato sarà utilizzato unicamente per fini a carattere sociale e umanitario”. Un po’ poco.

L’escluso. L’unico ente che potrebbe competere nella raccolta con la Chiesa Cattolica è lo Stato italiano che però, oltre a non farsi alcuna pubblicità, sembra fare di tutto per evitare che qualcuno decida di destinargli l’otto per mille. Nonostante la legge preveda che i fondi a gestione statale debbano finire in opere di carattere sociale e umanitario, nel corso degli anni questi fondi hanno finanziato le missioni dell’esercito all’estero e coperto i buchi delle varie finanziarie. Solo di recente sembrava essere tornata una gestione più virtuosa dell’otto per mille, che per lo Stato vale circa 140-150 milioni l’anno, ma a inizio 2012 sono tornate le vecchie abitudini.

Lo scorso gennaio il governo Monti ha infatti annunciato che neppure un euro sarà destinato al finanziamento dei progetti delle onlus: dei 150 milioni a disposizione infatti, 64 milioni il governo Berlusconi aveva già deciso di dirottarli per l’acquisto di nuovi aerei antincendio per la protezione civile, mentre 57 milioni il governo Monti li ha destinati all’edilizia carceraria, nonostante le proteste delle associazioni che a centinaia avevano presentato i propri progetti entro il termine di legge stabilito.

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Quanti milioni vanno in pubblicità

Il tesoretto del gettito Irpef si conquista anche con investimenti pubblicitari. La Chiesa Cattolica spende ogni anno circa 9 milioni, ma anche Valdesi ed Avventisti fanno promozione. Non pervenuto lo Stato italiano

L’otto per mille è un tesoro da quasi un miliardo e 150 milioni di euro: più firme conquisti, più soldi incassi. Una gara di consensi che si rinnova ogni dodici mesi e che richiede investimenti per poter essere vinta. E il “concorrente” che solo nell’ultimo anno ha incassato l’85% dei fondi è non a caso l’unico che investe pesantemente in pubblicità e promozione: la Chiesa Cattolica.

La Conferenza Episcopale Italiana, che raccoglie e gestisce i soldi cattolici dell’otto per mille, ha costruito un vero e proprio stile di comunicazione con le pubblicità che tra aprile e maggio vengono trasmesse su radio e tv. Storie toccanti che parlano solo di carità e opere sociali (a cui la Chiesa destina solo una parte minoritaria dei suoi fondi), colonne sonore d’autore firmate dal premio oscar Ennio Morricone e agenzie tra le più gettonate hanno confezionato messaggi in grado di commuovere anche i non praticanti e sollecitarli a scrivere “Chiesa Cattolica” nel modello della dichiarazione dei redditi.

Ma queste piccole perle di marketing hanno un prezzo . Anche se la spesa in investimenti pubblicitari non è presente nei rendiconti contabili, sul sito allestito dalla Cei alla sezione “Domande e risposte”, viene chiarito che “si investono circa 9 milioni di euro l’anno, con una incidenza media pari a meno del 1% dei fondi raccolti (circa 990 milioni di euro). Questo sforzo significativo è necessario per sensibilizzare e tenere puntualmente informati gli oltre 40 milioni di contribuenti”.

Una cifra che può sembrare minima, ma che va contestualizzata e confrontata con quelle degli altri culti che cercano di conquistarsi la propria fetta di otto per mille. E i budget pubblicitari della Chiesa Cattolica risultano irraggiungibili per tutti. Basti ricordare che avventisti e luterani incassano in totale meno di 3 milioni di euro l’anno, le assemblee di Dio meno di un milione, le comunità ebraiche circa 4 milioni e i valdesi poco più di 10 milioni di euro: per un martellamento paragonabile a quello cattolico alcuni culti dovrebbero accantonare anni di otto per mille e investirli integralmente in pubblicità

Se la Chiesa Cattolica è un caso unico per mole di investimento, le altre chiese non mancano di versare qualcosa dei loro bilanci nella promozione. Dai rendiconti si scopre che a spendere di più sono i Valdesi, che nel 2010 hanno investito oltre mezzo milione in pubblicità (circa il 5% dei loro fondi), seguiti a lunga distanza dagli Avventisti con poco più di 50 mila euro (circa il 2,5% dei loro fondi). Cifre che rendono comunque impossibile l’approdo in tv e limitano i messaggi pubblicitari a carta stampata e radio. Gli altri culti non prevedono invece spese promozionali o non le includono nei propri rendiconti.

Manca all’appello solo un attore: lo Stato italiano. Dall’alto dei suoi 150 milioni incassati ogni anno, sarebbe l’unico a potersi permettere spot istituzionali su come intende destinare la propria quota di otto per mille, ma per ragioni di opportunità preferisce non farlo. Non stupisce quindi che la sua quota, pari al 22,3 % nel 1990, sia crollata fino al minimo del 7,6% del 2005 (anno in cui morì Giovanni Paolo II). Da quel momento, forse anche a causa degli scandali che hanno colpito la Chiesa Cattolica e dalla figura meno mediatica del suo nuovo pontefice, la quota è risalita fino all’11,9% del 2007, ma le polemiche su come i governi Monti e Berlusconi abbiano deciso di utilizzare l’otto per mille del 2012 potrebbero costare nuovi consensi. E milioni di euro