Le carte perdute del Vaticano II

Sandro Magister
http://chiesa.espresso.repubblica.it/ 7 maggio 2012

Mezzo secolo dopo, una grossa parte della documentazione del Concilio è ancora in attesa di essere riordinata e studiata. Alcuni documenti di rilievo sono andati persino smarriti. La denuncia choc di un archivista

Come si sa, Benedetto XVI ha indetto uno speciale Anno della Fede che avrà inizio il prossimo 11 ottobre in coincidenza con un doppio anniversario: il cinquantesimo dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e il ventesimo della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Né l’uno né l’altro dei due anniversari sono pacifici.

Il Catechismo ha sofferto e soffre di un diffuso rifiuto, anche tra l’episcopato e il clero.
Quanto al Concilio, la diatriba sulla sua interpretazione e recezione è tuttora vivace e ha persino dato origine a uno scisma: quello tra la Chiesa di Roma e i seguaci dell’arcivescovo Marcel Lefebvre.

Nella lettera apostolica in forma di motu proprio “Porta fidei”, con la quale ha indetto l’Anno della Fede, Benedetto XVI auspica che diventi “un’occasione propizia” affinché i documenti del Concilio vengano letti e accolti “guidati da una giusta ermeneutica”, poiché solo così “esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”:

“Porta fidei”

All’ermeneutica, cioè all’interpretazione del Vaticano II papa Joseph Ratzinger dedicò il primo dei suoi discorsi prenatalizi alla curia romana: “Expergiscere, homo…” Naturalmente, anche la ricostruzione storica dell’evento conciliare è essenziale alla sua ermeneutica. E perché questa ricostruzione sia fondata occorre che gli storici lavorino su una documentazione esauriente di quell’evento.

Ebbene, potrà sembrare incredibile, ma “esiste tutta una serie di carte e di documenti ancora inesplorati e che hanno un grandissimo valore per comprendere sia lo spirito del Concilio, sia la corretta ermeneutica dei suoi documenti”.
È ciò che scrive un archivista dell’Archivio Segreto Vaticano a conclusione di un suo impressionante resoconto pubblicato su “L’Osservatore Romano” del 1 maggio 2012.

L’archivista, Piero Doria, ha lavorato e sta lavorando proprio alla raccolta e al riordino – perché diventi accessibile agli studiosi – di una ingente mole di documentazione dei lavori conciliari, che nel tempo era caduta in preda all’incuria o addirittura era andata in parte dispersa.

Ad esempio, è stato scoperto che tra le carte andate perdute c’è “il registro di protocollo della commissione teologica e della commissione ‘De doctrina fidei et morum'”, cioè di due commissioni conciliari di importanza capitale.

Altri blocchi di documenti sono stati ritrovati e ricuperati fortunosamente, a casa dell’uno o dell’altro dei Padri conciliari o dei periti. Ma lasciamo a Piero Doria di descrivere lo stato dei fatti e il grado d’avanzamento dei lavori di catalogazione dei documenti. Ecco qui di seguito un ampio estratto del suo articolo choc su “L’Osservatore Romano”.

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Quanto concilio ancora da studiare

Piero Doria

Il 27 settembre 1967, per volontà di Paolo VI, nasceva l’Archivio del Concilio Vaticano II, […] “un ufficio [temporaneo] per la stampa degli atti del Concilio, e per la sistemazione scientifica di tutto il materiale d’archivio”. […]

Al nuovo ufficio spettò pure il compito, secondo le intenzioni di Paolo VI, di provvedere a mettere a disposizione degli studiosi, con gradualità, l’ingente massa di documentazione. Papa Montini infatti era consapevole, come la storia dei concili insegna, che era importante fin da subito evitare derive teologiche o interpretazioni soggettive dei documenti che avrebbero potuto falsare sia lo spirito del Concilio, sia una corretta lettura degli stessi documenti conciliari, favorendo lo studio delle carte di archivio. […]

L’Archivio del Concilio Vaticano II, che ebbe fin dalla sua istituzione come destinazione finale l’Archivio Segreto Vaticano, è la somma di più archivi particolari. […] Quella di via Pancrazio Pfeiffer 10 fu la prima sistemazione dell’ufficio dell’Archivio. […] Nel luglio 1975 l’ufficio viene trasferito nel Palazzo delle Congregazioni in piazza Pio XII, […] dove è rimasto fino al 9 marzo 2000, […] quando il cardinale Jorge Maria Mejía, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e padre Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, presente il sottoscritto come incaricato della redazione dell’inventario, presero ufficialmente possesso dell’Archivio del Concilio Vaticano II.

Il versamento della documentazione nei locali dell’Archivio Segreto Vaticano avvenne nei giorni successivi, sotto la supervisione del prefetto, la mia collaborazione e quella di alcuni addetti dell’Archivio Segreto Vaticano. Al momento del versamento l’Archivio del Concilio contava 2.001 buste non numerate.

A conclusione delle operazioni di versamento e della ricostituzione fedele dell’ordinamento dato dall’Ufficio versante, iniziai a consultare per studio la monumentale documentazione per stabilire i criteri e il tipo di inventario da redigere e […] apparve subito evidente la complessità della sua natura. […]
Complessità confermata anche da alcuni promemoria di mons. Emilio Governatori, archivista, conservati nell’Archivio del Concilio, nei quali […] con riferimento alla fase antepreparatoria e preparatoria ha scritto:

“Per ben due anni tutti i documenti concernenti le risposte dei vescovi, che costituivano il nucleo primo e più grosso dell’Archivio, servirono alla redazione dei volumi ‘Acta et documenta’: furono manipolati per questo gli stessi originali, in quanto che non esisteva una efficiente macchina per fotocopie. Spesso l’ordine dei raccoglitori veniva manomesso e ristabilito più volte, in quanto che gli incaricati della correzione delle bozze prelevavano i documenti necessari, senza avvertire affatto l’archivista”.

E ancora:

“Non è mai esistito un unico e proprio incaricato dell’Archivio e del protocollo. Moltissimi documenti, tra i più importanti, venivano custoditi dallo stesso segretario nel suo archivio particolare: soltanto nel 1962, poco prima del Concilio, il segretario poté fare una revisione del suo archivio e molti documenti passarono nell’archivio generale. Molti documenti non furono mai protocollati o molto tardivamente: può darsi quindi che molti documenti non si trovino nell’ordine cronologico dovuto, sia come posto, che come protocollo”. […]

Queste testimonianze, tutte riscontrabili purtroppo, e anche altre (come la presenza eccessiva di fotocopie; l’utilizzo di testi originali o copie originali come bozze per la stampa; i voti dei vescovi sezionati e collocati per argomenti in buste diverse; lettere di accompagno e voti allegati, a volte non firmati, privi di data e di numero di protocollo, conservati in buste diverse; mancanza di alcuni registri di protocollo) indussero il prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano a convenire per la scelta […] di procedere alla redazione di un inventario analitico, vale a dire documento per documento, di tutta la documentazione dell’Archivio del Concilio, pur consapevole che un inventario di tal genere avrebbe senza dubbio allungato i tempi del lavoro, ma avrebbe offerto, in compenso, sia uno strumento utilissimo di ricerca per gli studiosi, sia […] un indice completo e totale della importantissima documentazione.

Allo stato attuale del lavoro sono state inventariate 1.465 buste su un totale di 2.153 per un numero complessivo di oltre 7.200 pagine di inventario suddivise in 18 volumi, di cui il XVIII ancora in corso ma che già comprende 408 pagine. […]

Per quanto riguarda invece l’Archivio, […] devo dire […] che da parte dell’ufficio non sia stata prestata particolare attenzione al suo riordinamento e che, invece, il lavoro di pubblicazione dei volumi degli “Acta Synodalia” abbia assorbito per intero o quasi tutte le energie degli addetti dell’ufficio, soprattutto dopo il trasferimento nel dicembre 1968 ad altro incarico di Emilio Governatori che fino a quel momento era stato l’archivista della segreteria generale. […] Mi sembra di poter dire che con il suo trasferimento […] il riordinamento si interrompa e non sia stato più proseguito con lo stesso “entusiasmo” dai suoi immediati successori.

Solo tali ragioni possono giustificare un ordinamento così approssimativo della documentazione, soprattutto per ciò che riguarda la segreteria generale [del Concilio]. Per questa sezione, infatti, le buste sono state ordinate esternamente in maniera a volte confusa senza purtroppo fare particolare riferimento […] né a un ordine cronologico, né a un ordine tematico, e soprattutto senza alcun tipo di numerazione esterna delle buste, che può aver causato, in parte, la collocazione fuori posto delle stesse dopo la loro consultazione. […]

Bisogna tenere pure conto che non sempre le persone chiamate a ricoprire il ruolo di archivista avevano le competenze necessarie. […] Valga qui un esempio per tutti: il registro di protocollo. I suoi criteri di redazione generalmente sono stati ben osservati; altre volte invece questi stessi criteri sono stati un po’ troppo personalizzati, con risultati a volte contraddittori come nel caso dei registri di protocollo redatti dal segretariato per l’unità dei cristiani. […]

Altro aspetto da segnalare è la dispersione della documentazione, verificatasi durante i lavori conciliari, che però non significa necessariamente smarrimento delle carte. Purtroppo è accaduto, soprattutto per i segretari delle commissioni, di portarsi a casa il lavoro e, quindi, le carte d’ufficio. In alcuni casi queste carte sono andate perse, altre volte fortunatamente sono state recuperate.

Mi limito a segnalare due casi. Il primo riguarda il registro di protocollo della commissione teologica e della commissione “De doctrina fidei et morum”. Purtroppo in questo caso bisogna parlare, almeno allo stato attuale, di smarrimento di questo prezioso strumento di ricerca. Nel 2006, infatti, segnalai questa mancanza al prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, che scrisse al sottosegretario della congregazione per la dottrina della fede. Purtroppo, la risposta della congregazione fu negativa, così come il sondaggio effettuato presso i padri gesuiti della Pontificia Università Gregoriana, dove risiedeva il padre Sebastiano Tromp [segretario della seconda delle due commissioni], non ha dato gli esiti sperati.

Il secondo esempio, invece, fortunatamente di segno opposto, riguarda l’archivio della commissione preparatoria “De sacra liturgia” che, come scrisse il cardinale Pericle Felici al cardinale Ferdinando Antonelli il 4 marzo 1967, era presso mons. Annibale Bugnini [e lì fu ricuperato].

Alcune recenti ed eccellenti pubblicazioni mi permettono, a questo punto, di introdurre il tema relativo alle nuove prospettive di ricerca.

Bisogna, infatti, chiedersi se per ricostruire le dinamiche conciliari siano ancora sufficienti i documenti editi in “Acta et documenta” e in “Acta Synodalia”, pur importantissimi, come spesso accade anche in pubblicazioni recentissime, anche se almeno una di queste purtroppo di dubbio valore scientifico, o se non siano necessarie approfondite ricerche d’archivio come, per esempio, il libro di Mauro Velati e di altri studiosi dimostrano.

È evidente che la risposta, per quanto mi riguarda, risiede tutta nella seconda parte dell’affermazione precedente.

A questo proposito, desidero ricordare che nell’Archivio del Concilio Vaticano II esiste tutta una serie di carte e di documenti ancora inesplorati e che hanno un grandissimo valore per comprendere sia lo spirito del Concilio, sia la corretta ermeneutica dei documenti così come sono stati approvati dall’assemblea dei vescovi riuniti nella basilica vaticana e da Paolo VI.