La lezione di Martini

Salvatore Rapisarda
Riforma, 14 settembre 2012

A detta di alcuni critici, il film di Marco Bellocchio Bella addormentata, che ripercorre il dramma di
Eluana Englaro, lascia un senso di insoddisfazione perché non prende posizione. In effetti, il film
presenta una pluralità di situazioni, di disagi umani e di casi di coscienza che consigliano sobrietà
nelle scelte e nei giudizi. Gravi turbe psichiche rivelano i protagonisti che sembrano più determinati
nelle loro posizioni. Nell’astenersi dal fornire soluzioni preconfezionate c’è rispetto per la volontà
dei singoli. È questo senso di rispetto che manca a quanti intendono legiferare, con atteggiamento
confessionale e integralista, in materia di testamento biologico.

Nel luglio 2011 molti brindavano all’approvazione della Camera del disegno di legge sul
biotestamento. Esultavano alla Camera, così pure nei saloni vaticani e in quelli della Conferenza
episcopale. Tutti contenti di avere affermato la distinzione tra alimentazione e idratazione forzata e
accanimento terapeutico. Si statuiva che si poteva sorvolare sull’accanimento terapeutico ma non
sul diritto della legge di nutrire forzatamente il povero paziente con sondini e aghi infilzati nel suo
corpo. L’hanno chiamata vittoria della legge, vittoria della vita sulla morte, cioè del partito di destra
filocattolico e degli atei devoti contro il partito di sinistra di orientamento laico. L’hanno chiamata
sconfitta della giungla dell’autodeterminazione, dimenticando che la legge della giungla è la legge
del più forte e non del diritto con la maiuscola.

A distanza di oltre un anno constatiamo che quella festa è durata poco, perché si trattò di un disegno
di legge e non di una legge. La fine ingloriosa del precedente governo ha fermato, si spera per
sempre, quel mostro legislativo. Siamo dunque al punto fissato dal Tar del Lazio nel settembre 2011
con la sua sentenza 8560/09. In parole povere, viene affermato che «la volontà del paziente prevale
su tutto, sia che la esprima a voce sia che sia espressa per iscritto o in altre forme», si tratta di una
volontà da recepire anche ex post (a posteriori) per interrompere terapie giudicate inutili, comprese
proprio alimentazione e idratazione. Con questa sentenza, poi, viene richiamato il ruolo del giudice
che, in caso di contestazioni, vaglierà il caso e (si spera, ma abbiamo numerosi esempi positivi) non
sarà asservito a «ordinanze» redatte sotto dettatura di culture dogmatiche e non rispettose della
libertà dei singoli.

Con la morte del card. Martini, per la quale esprimiamo cordoglio, torna di attualità il sondino per
l’alimentazione forzata. Si apprende che il Cardinale avrebbe rifiutato quel tipo di trattamento che,
nei termini del ddl di cui sopra, in una struttura finanziata dal Servizio sanitario nazionale, sarebbe
stata obbligatoria e il povero paziente si sarebbe visto attorniato da medici e infermieri vogliosi di
rispettare la legge e, sordi alle proteste, caparbiamente determinati a infilargli ogni tipo di sondino e
di ago che la scienza medica avrebbe ritenuto opportuno. Ma il card. Martini, uomo libero e
illuminato, ha deciso in autonomia e si è sottratto a cure indesiderate. Dunque, ha rifiutato non solo
l’accanimento terapeutico, ma anche l’alimentazione e idratazione forzata, cosa che nel coro degli
elogi sperticati è stata forse volutamente tralasciata. Mi sento in profonda sintonia con la scelta del
card. Martini e accoglierei anche scelte diverse, purché siano scelte libere, fatte a seguito di corretta
informazione e senza condizionamenti. La vita, per i credenti, è un dono che Dio fa ai singoli. Essi
soli ne sono i beneficiari e i responsabili della sua amministrazione. Negare questa facoltà significa
disumanizzare gli uomini e le donne e renderli pedine in mano a giocatori inebriati.

Su questa distinzione tra diritto della persona e autorità della società si sta impantanando il dibattito
al comune di Milano. La forte opposizione di matrice cattolica, anche interna alla maggioranza,
tende a privare il Comune di una sua prerogativa, già in atto in più 100 Comuni, che riconoscerebbe
ai singoli il diritto di disporre delle cure a cui sottoporsi e di tracciare una strada nuova per una
legge a carattere nazionale. Ma l’opposizione ha in mente il ddl del luglio 2011 e non intende
confrontarsi con le esigenze e i contributi nuovi che affiorano continuamente, anche a Milano (vedi
la posizione della Chiesa valdese). Hanno già dimenticato la lezione del card. Martini e hanno
dimenticato che sono amministratori della cosa pubblica in uno stato laico.