Silenzio, passa il vescovo di M.Lanfranco

Monica Lanfranco

Sabato pomeriggio a Genova, palazzo Ducale, il salotto buono di una città
come tante in preda alla crisi, non solo economica.

Da quattro anni, nel cortile, dopo una lettera sulla violenza contro le
donne che scrissi e condivisi con altre femministe, ogni settembre per
alcune ore la rivista Marea con i gruppi Archinaute e Atelier mettono in
scena letture, canti, danze, performance, interventi culturali e politici
in una serrata regia che mescola parole e corpo per dire che si può
sconfiggere l’indifferenza contro la violenza maschile, e lo si può fare
insieme, anche con la bellezza delle varie arti e dei talenti collettivi e
personali.

Verso le 16 tocca ad un gruppo di danza della Uisp che inscena un
voluttuoso e delizioso ballo in stile Bollywood, e siamo tutte lì che
guardiamo le artiste quando arriva un vigile urbano in alta uniforme che
spegne l’interruttore della musica. Motivo: sta passando la processione e
ci vogliono 10 minuti di stop affinchè la messa celebrata dal porporato non
venga disturbata. Poi si potrà riprendere, per carità, appena finito il
passaggio del corteo, ma intanto silenzio.

Siamo basite, il luogo dove siamo è lontano dalla strada e racchiuso in un
cortile con le spesse mura del palazzo Ducale; ci sono oltre ottanta
persone tra quelle sedute e quelle in piedi, intervenute ad una iniziativa
pubblica programmata da molti mesi, alla quale sta partecipando anche
l’assessora del Comune alle Pari Opportunità.

Forse la sua presenza non basta: magari se al suo posto ci fosse stato il
sindaco le cose sarebbero andate diversamente, e i vigili e alcuni zelanti
rappresentanti della finanza non sarebbero intervenuti così
tempestivamente, viene maliziosamente da pensare.

Mentre si svolgeva una piccola discussione tra le forze dell’ordine,
l’assessora e alcune di noi, un finanziere dalla elegantissima uniforme mi
ha spiegato che la musica disturbava la messa, cosa erano pochi minuti di
rispettoso silenzio?

Ho provato ad obiettare che nel caso contrario (scampanellio delle chiese
in ogni parte del paese compreso) nessuno si sarebbe sognato di chiedere
che la processione si zittisse o che, appunto, alle campane venisse messo
il silenziatore.

Niente da fare: anche se si parla la stessa lingua non è detto che ci si
riesca a capire, mica per nulla Roland Barthes ci ha scritto un testo
epocale come Le parole e le cose. Meno male che dopo i 10 minuti, tu guarda
le coincidenze, l’esibizione in programma con la quale abbiamo ripreso si
chiamava Alleluia.

Chissà se il vescovo di Genova si ricorda la storia (vera e molto ligure)
cantata da De Andrè : il parroco del paesino di sant’Ilario “con la vergine
in prima file e Bocca di rosa poco lontano portava a spasso per il paese
l’amore sacro e l’amor profano”. Ma quella era un’altra processione.