Noi, preti di frontiera a Napoli

Marina Cappitti
http://espresso.repubblica.it

Forcella, Sanità, San Giovanni a Teduccio. Le storie di tre parroci impegnati ogni giorno a contrastare la camorra nei luoghi in cui è più radicata. Lasciati soli dallo Stato e costantemente minacciati

“E’ tutto finito a Forcella”. Don Luigi Merola prete anti-camorra sotto scorta dal 2005 quelle parole le pronucia quasi sotto voce. Ma non per paura. Lui è uno che le cose le dice con forza. Come quel giorno che ai funerali di Annalisa Durante – la ragazzina innocente uccisa da un proiettile vagante in un agguato a Forcella, quartiere di Napoli – dall’altare si scagliò apertamente contro i capi camorra del quartiere. E con quella stessa forza aveva chiesto ancora prima ai suoi collaboratori e alla gente di aiutarlo a smantellare le telecamere dei clan per tenere sotto controllo la zona. E aveva documentato anche lo spaccio di droga e consegnato i filmati alla polizia. In quella stessa chiesa da cui è partita la sua battaglia “da cinque anni è tutto fermo”. Poi l’anno scorso la chiusura per inagibilità. Si dovrebbe riaprire a ottobre. “L’attenzione è calata e forse da una parte è meglio. All’epoca c’erano giornalisti e tv di tutto il mondo”. Ma l’interesse porta controlli, legalità, aiuti per iniziative e progetti. “Già. Ora non c’è più nulla. E’ tutto finito”. Ma non è una resa.

L’attività nata a Forcella continua in tutti i quartieri con la fondazione ‘A Voce De Creature’. Che ha sede nell’ex villa Bambù, confiscata al boss Brancaccio di Poggioreale. Il 3 ottobre l’inaugurazione del nuovo anno scolastico con il cardinale Crescenzio Sepe e a Natale la visita di Renato Zero. Doposcuola, corsi di musica, sport, informatica, danza. Ma anche di vela e di guide turistiche. “L’unica medicina per togliere i ragazzi dalla strada e alla camorra è l’istruzione, dare loro un lavoro. In una città di mare il 75% dei bambini non sa nuotare e oltre 12mila ragazzi non vanno a scuola. Noi dobbiamo creare delle opportunità. Non è vero che Napoli non offre nulla. E’ una città ricca di storia, musica, arte e nostro compito è costruire la speranza”.

Difficile crederci quando vedi un’auto della scorta parcheggiata fuori una Chiesa e un prete dire Messa con tre uomini armati. “Non è normale che un prete abbia la scorta, perché è un portatore di pace e perché lavora con i ragazzi. In un quartiere come Forcella questo è diventato normale purtroppo, perché la Chiesa si sostituisce allo Stato. Io, dico: ‘Non andate più dal boss, venite da me’. Ho cercato di contrastare i clan dando come Chiesa dei servizi. La legalità, la sicurezza non è solo la polizia per strada, ma è ordine, illuminazione delle strade, mezzi pubblici, niente rifiuti per le strade”. E l’amministrazione? “Le periferie sono abbandonate. Ho dovuto lottare per avere più autobus che arrivassero nella chiesa dove sono ora, non esiste lo spazzamento, il nulla”.

Da due anni Don Merola è parroco alla chiesa San Carlo Borromeo alle Brecce, zona a ridosso della Ferrovia. “Siamo al centro, nel territorio diviso tra il clan Mazzarella e i Sarno. Al confine con piazza S.Erasmo, piazza di prostitute e trans. A volte devo strappare i ragazzi di 15 anni per evitare che se li portino”. E l’amministrazione? “Il sindaco ha diviso la città in due: quella del lungomare, Mergellina e poi ci sono le periferie”. Come Scampia, dove è scoppiata una nuova faida. “La faida c’è sempre stata, non ha mai smesso di esserci. Dobbiamo capire che non è Scampia, è tutta Napoli”. Avremmo voluto parlare con alcuni preti di Scampia ma alcuni non rilasciano più interviste, mentre altri quando hanno sentito il nome di Don Luigi Merola hanno cambiato idea ed hanno attaccato il telefono. “Purtroppo non sono amato da molti. Sant’Agostino diceva che la speranza ha due figli: l’indignazione e il coraggio. Io credo che bisogna indignarsi e dirlo ad alta voce”.

Dal vetro della sacrestia la scorta ci guarda, ma non è la sola. Emanuele, un ragazzo di 25 anni, da mesi cerca Don Merola. Viene dai Miracoli, un quartiere difficile di Napoli. Lì i ragazzi lo prendono in giro, l’altra sera gli hanno anche rubato il portafoglio. E “poi a loro piace solo stare per strada andare sui motorini e impennare”. Non ha dormito tutta la notte, vuole conoscere Don Luigi. Vuole una vita diversa. Andiamo via, ora è il suo turno. La sua ‘opportunità’. Camorra

SANITA’. Di opportunità alla Sanità Don Antonio Loffredo ne ha create tante, tantissime. Lo chiamano il prete-imprenditore. Cerca persone, progetti, fondi per riscattare il territorio dalla criminalità organizzata. Al suo fianco manager come Ernesto Albanese presidente dell’associazione “Altra Napoli” , figlio dell’ingegnere Emilio, consuocero di Dario Fo, ucciso in una rapina nel 2005 a via Costantinopoli. Ma anche fondazioni come l’americana Johnson e Johnson. Così sono nate realtà come l’Accademia della Sanità dove i ragazzi fanno danza, teatro, dizione, palestra.

“Hanno uno spazio per esprimersi come insegnanti e come allievi – racconta Annamaria Corporente insegnante di dizione, pilastro dell’accademia -. Chi nasce alla Sanità solo per questo crede che per lui è più difficile riuscire. E con questa logica si rassegna a sottostare a determinate regole o a certi modi di vivere”. Ecco perchè anche Carlo, uno di loro, quando la scorsa settimana si è presentato ai provini per entrare nell’Accademia di Roma alla domanda sulla sua provenienza non ha detto ‘da Napoli’, ma ‘dalla Sanità’. Era un modo per dire “Ce l’ho fatta”. E non è l’unico. Ci sono i ragazzi che seguono il laboratorio di teatro per espressività corporea “Officina Efesti” di Stefania Piccolo, che coinvolge anche la comunità di srilankesi della zona. I bambini fino a 12 anni dell’orchestra “Sanitansamble”, che oggi suonano anche al teatro San Carlo o per il presidente della Repubblica. A molti di loro Don Antonio ha dato la possibilità di studiare, di visitare altre città. Di coltivare le proprie passioni. Come Andrea e Michele che ora hanno uno studio di registrazione in quello che prima era un cimitero all’interno della chiesa San Severo.

E Don Loffredo ha anche dato un lavoro come guide turistiche (si chiamano ‘La Paranza’) alle catacombe di San Gennaro, di San Gaudioso e al Cimitero delle Fontanelle. O come dipendenti nel bed and breakfast ‘O monacone’ realizzato all’interno di una delle quattro canoniche di cui si occupa Santa Maria alla Sanità. “Dove c’è bellezza il male non attecchisce” ama dire Don Antonio. Anche in posti come I Cristallini, insieme di vicoli più degradati della Sanità in mano agli Scissionisti. “Abbiamo iniziato con il doposcuola nelle case, i bassi – racconta Gina Bonsague – poi abbiamo avuto una sede in una ex canonica di Don Antonio che da un anno abbiamo ristrutturato e tra poco ci sarà l’inaugurazione”. E’ tutto nuovo, c’è anche la cucina, così alcune mamme potranno fare la loro piccola società di catering a domicilio, preparando ricette tradizionali. “Nessuno ci ha mai dato fastidio – ci dice uscendo – perché nessun boss vuole che il figlio faccia la stessa vita”. Dentro una speranza, fuori la dura realtà. Tutta da catturare con gli occhi “meglio non fare foto qui – dicono – tutti quelli che sono in strada ora hanno un motivo per starci”.

SAN GIOVANNI A TEDUCCIO. In strada tutte le illegalità possibili e immaginabili. Lo sa bene Don Gaetano Romano, parroco della chiesa Maria Immacolata Assunta in Cielo a Gianturco. Qui ci sta da 30 anni e dieci anni fa ha creato il primo sportello antiusura e la prima associazione antiracket. “Non le conto più le volte che mi hanno bucato le ruote delle macchine o rotto il cancello elettronico”. Ma lui nella zona del clan Mazzarella è riuscito a farsi rispettare facendo ogni anno il giro di tutte le case, nessuna esclusa, e in ognuna ha detto una parola mirata, senza remore. “Ma purtroppo in molti il senso etico che ha un bambino è lo stesso di un adulto. Allora o vengono in Chiesa, si comportano bene, poi escono e delinquono, o non si avvicinano. Chi è riuscito a cambiare è dovuto andare il più lontano possibile perché, mettiamocelo in testa, non si può venire da un ambiente, scegliere una strada diversa e rimanerci. E da quando le donne hanno preso il potere, la camorra si è radicata ancora di più ed è ancora più difficile da estirpare”. Un lavoro continuo lungo e spesso interrotto. “Quando ci sono guerre tra i clan, i ragazzi vengono mandati al catechismo da una chiesa ad un’altra per paura di ritorsioni, e anche altre funzioni come un matrimonio si fanno altrove, perché quello è un momento in cui il nemico ti deve ricordare che non sarà un momento di festa”. Nonostante questo Don Gaetano non si ferma perchè, come gli altri, anche lui ormai è un prete di frontiera.