Più giustizia nelle chiese

Davide Ferrario
Riforma, 18 gennaio 2013

Dal 18 al 25 gennaio si celebra, come ogni anno, la Settimana mondiale di preghiera per l’unità dei
cristiani. Il motivo conduttore è offerto da un brano del profeta Michea: «Quale offerta porteremo al
Signore, al Dio Altissimo, quando andremo ad adorarlo? Gli offriremo in sacrificio vitelli di un
anno? Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio? Gli daremo in sacrificio i nostri figli,
i nostri primogeniti per ricevere il perdono dei nostri peccati? In realtà il Signore ha insegnato agli
uomini quel che è bene, quel che esige da noi: praticare la giustizia, ricercare la bontà e vivere con
umiltà davanti al nostro Dio».

Non vorrei che le ascoltatrici e gli ascoltatori isolassero le parole finali, giustizia, bontà, umiltà,
considerandole come pie esortazioni, quelle che si ascoltano sempre in chiesa e lasciano il tempo
che trovano. Il profeta, in realtà, rivolge una critica violenta a un tipo di religione diffusa nel Vicino
Oriente antico, basata sui sacrifici, compresi quelli umani. Il Signore, afferma Michea, insieme ad
altri profeti biblici, non desidera sacrifici di animali, beni o, addirittura, vite umane: egli vuole,
semplicemente (ma è davvero così semplice?) la pratica della giustizia.

Applicato al cammino per l’unità della chiesa, il brano potrebbe suonare assai meno drammatico,
ma comunque interessante: il Signore non desidera tonnellate di documenti di studio e, forse, è
anche un po’ stanco di interminabili discussioni teologiche su quale chiesa sia veramente tale e
quale, invece, lo sia un po’ meno. Egli desidera, invece, che le sue chiese si diano un po’ più da fare
per promuovere la giustizia. Non credo che ciò significhi sostituire ai lunghi testi che discutono
come la chiesa dovrebbe essere altri testi, altrettanto lunghi, su come dovrebbe essere la società.

Forse basterebbe un poco più di giustizia nelle chiese, e cioè: meno emarginazione di chi la pensa
diversamente dai capi; più partecipazione dei cosiddetti laici, cioè chiese meno clericali; finirla, una
buona volta, con la discriminazione delle donne nella comunità cristiana. È solo l’«abc», ma da
qualche parte bisogna pur cominciare. Un simile tentativo otterrebbe almeno un risultato
immediato: aiuterebbe a capire quali sono i veri problemi delle chiese oggi.
Non è tutto, ma neanche poco.

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Ecumenismo. Verso la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Dal 18 al 25 gennaio previste numerose iniziative in tutta Italia

Agenzia Stampa Notizie EVangeliche
www.nev.it

“Quel che il Signore esige da noi”: questo il motto – tratto da Michea 6: 6-8 – che farà da filo rosso della prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (SPUC), da celebrarsi in tutto il mondo dal 18 al 25 gennaio. Il tema, scelto quest’anno da giovani cristiani dell’India (vedi NEV 52/12) che volutamente puntano il dito contro la condizione dei Dalits (“gli intoccabili”) nel loro paese, avrà al centro il tema della giustizia e della pace, i diritti e la dignità non solo delle persone, ma di interi gruppi.

Nella presentazione dell’edizione italiana del sussidio teologico-pastorale che accompagna l'”Ottavario dell’unità della chiesa” – così chiamata più di cento anni fa dal suo fondatore, l’episcopaliano Paul Wattson – non a caso si rimanda al tema della prossima Assemblea generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC): “Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace” (30.10 – 8.11.2013, Busan, Corea del Sud). I tre firmatari – pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI); vescovo Mansueto Bianchi, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI; Metropolita Gennadios Zervos, arcivescovo ortodosso d’Italia e Malta ed Esarca per l’Europa meridionale – sottolineano come l’oppressione e l’ingiustizia non conoscono confini: “… oggi, il sistema delle caste, con il razzismo e il nazionalismo, pone severe sfide alla pace dei popoli, e in tanti paesi; altre caste, con diversi nomi, negano l’importanza del dialogo e della conversazione, la libertà nel parlare e nell’ascoltare. A motivo di questo sistema delle caste, i Dalits, nella cultura indiana, ‘sono socialmente emarginati, politicamente sotto-rappresentati, sfruttati economicamente e soggiogati culturalmente'”. Pertanto, scrivono i tre esponenti ecclesiali: “Noi, come seguaci del ‘Dio della vita e della pace’, del ‘Sole della giustizia’, secondo l’Innologia dell’Oriente Ortodosso, dobbiamo camminare nel sentiero della giustizia, della misericordia e dell’umiltà, realtà e tema di eccellente significato e di attualità che saranno sviluppati con dinamismo dalla X Assemblea generale del Consiglio ecumenico delle chiese”.

Dignità, uguaglianza, fratellanza, libertà religiosa, giustizia e pace: queste dunque le parole chiave della SPUC 2013, promossa congiuntamente dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Com’è consuetudine anche in Italia la SPUC verrà celebrata in numerose città coinvolgendo cristiani di diverse tradizioni: veglie, celebrazioni ecumeniche, conferenze, dibattiti, incontri di corali e di giovani, scambi di pulpito tra chiese protestanti, ortodosse e cattoliche