Vescovi ad Auschwitz: un viaggio difficile ma necessario

Anita Bourdin
Zenit.org 21 Febbraio 2013

Il viaggio a Auschwitz è un viaggio difficile ma necessario. «Un sacerdote ha l’obbligo di andare a Auschwitz», ha spiegato Padre Patrick Desbois, tornando da una visita eccezionale al campo di concentramento nazista, con delle personalità cattoliche e ebraiche, con vescovi di Francia e di Spagna.

Una delegazione condotta dal cardinale André Vingt-Trois si è infatti recata al Campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, e ha incontrato il cardinale Stanislas Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, e dei membri dell’episcopato polacco. Insieme al cardinale Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, presidente della Conferenza dei vescovi di Francia, c’era anche padre Patrick Desbois, presidente dell’associazione Yahad – In Unum, e direttore del Servizio nazionale francese per le relazioni con l’ebraismo. Presenti anche personalità della Chiesa francese, fra cui nove vescovi, e presuli di altri paesi, come Monsignor Nasser Gemayel, dell’Eparchia di Notre-Dame del Libano dei Maroniti, visitatore apostolico dei Maroniti per l’Europa settentrionale e occidentale, due vescovi spagnoli, Monsignor Adolfo Gonzalez Montes, vescovo di Almeria, presidente della Commissione episcopale per la catechesi e il catecumenato, Monsignor Martinez Camino, vescovo ausiliario di Madrid, Segretario generale della Conferenza episcopale spagnola e Padre Manuel Barrios, direttore della Commissione episcopale per le Relazioni Interreligiose della Conferenza episcopale spagnola.

Ha partecipato al viaggio il presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (CRIF), Sig. Richard Prasquier, la signora Henar Corbi, Consulente alla presidenza del Centro Sefarad Israel a Madrid e il Sig. Marcello Pezzetti, direttore del Museo della Shoah a Roma. Per l’occasione Zenit ha intervistato padre Perche Padre Patrick Desbois.

Perché andare a Auschwitz?
P. Patrick Desbois: Durante la sua visita al campo il 29 maggio 2006, Benedetto XVI ha descritto Auschwitz come un “luogo di orrore, accumulo di crimini contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia”. È ad Auschwitz che lo sterminio degli Ebrei e delle altre vittime della barbarie nazista è stato attuato nel modo più implacabile e più a lungo. Vedere Auschwitz permette di capire la singolarità della Shoah sia nei mezzi di sterminio utilizzati che nelle sue proporzioni.

Come?
P. Patrick Desbois: Durante la visita, abbiamo seguito un percorso per capire meglio il processo di sterminio degli Ebrei nel campo di Auschwitz-Birkenau. Abbiamo voluto seguire le tracce delle vittime. A Cracovia, siamo andati, ad esempio, nel ghetto da Kazimierz, un antico quartiere ebreo, oggi diventato un importante centro culturale e religioso. I nazisti hanno cacciato gli ebrei dalle loro case. Ad Auschwitz abbiamo seguito il ‘cammino dei morti’ visitando dei luoghi storici fondamentali ma poco conosciuti come il Bunker I a Birkenau, localizzato dallo storico italiano Marcello Pezzetti. Iniziare la nostra visita con la Judenramp è anche stato uno simbolo: quella via ferroviaria è stata la sola cosa vista dal’80% delle vittime del campo. Dopodiché erano condotti direttamente alla morte.

Perché la memoria della Shoah coinvolge i cattolici?
P. Patrick Desbois: Dalla pacificazione proposta e praticata dal Concilio Vaticano II, e da incontri importanti come il viaggio del papa Giovanni Paolo II a Gerusalemme nel 2000, le relazioni tra Ebrei e Cristiani si sono sviluppate in maniera fraterna. Il Pontificato di Benedetto XVI ha confermato questa tendenza, ed oggi è una tradizione. Ebrei e Cristiani possono operare insieme perché gli orrori che hanno afflitto il popolo ebraico non siano mai negati e perché l’umanità non ne conosca più simili esperienze.

È importante per un sacerdote, un vescovo fare il viaggio a Auschwitz?
P. Patrick Desbois: Confrontarsi con l’orrore di questo luogo in cui furono superati i confini dell’odio è per un sacerdote, come per qualsiasi uomo, un’importante esperienza. Questo luogo è stato “costruito per la negazione della fede”, come ha detto Giovanni-Paolo II, quando ha celebrato la Messa a Birkenau il 7 giugno 1979. Credo che per un sacerdote sia un’esperienza spirituale difficile: quella di professare la propria fede in Dio nonostante la constatazione di una riduzione violenta della dignità umana. Pero, come uomo che ha dedicato la sua vita alla Chiesa, cioè alla comunità caratterizzata da una profonda compassione per le vittime, un sacerdote deve venire a Auschwitz ricordarsi, fare silenzio e ascoltare il grido di Abele.