Cosa chiede l’Islam al futuro papa

Marc Innaro
http://cronachelaiche.globalist.it/

Intervista a Mahmoud Azab, consigliere del Grande Imam di Al-Azhar, tornato in Egitto dopo 30 anni di insegnamento alla Sorbona per dirigere il dialogo con le altre religioni.

Presto un nuovo Papa cattolico. Come vive il mondo musulmano questa attesa? Quali speranze di nuovo dialogo?

Prima del mio ritorno in Egitto, qui ad Al-Azhar esisteva un comitato permanente per il dialogo fra le religioni. Sono arrivato con altre metodi di dialogo, con altre terminologie. Si è deciso di non lo chiamarlo più “dialogo fra religioni”. Nessuno possiede la verità assoluta, possiamo completarci gli uni con gli altri. Il dialogo non serve per convincere l’altro, ma per riconoscere – tutti assieme – i nostri valori comuni da mettere in pratica qui, sulla Terra. La nostra priorità è l’Egitto, poi il più vasto mondo islamico, e a seguire il mondo intero. Quando tornai al Cairo, il momento era molto difficile per i rapporti con il Vaticano. Avevano suscitato dure critiche alcune dichiarazioni di Papa Benedetto XVI sull’Islam e sul mondo musulmano, non ultima quella che lui aveva rilasciato dopo l’attentato del 31 dicembre 2010 alla Chiesa dei Santi di Alessandria. Non era piaciuto l’appello del Papa alla comunità internazionale per sostenere i cristiani in Egitto e in Iraq. La mia risposta fu che ci saremmo attesi la solidarietà del Papa per tutti coloro che soffrono nel mondo, musulmani o cristiani. E per cristiani, ci saremmo attesi maggiore sostegno per i cristiani di Palestina. Non dimentichi poi che i cristiani d’Egitto non sono stranieri, sono parte integrante del popolo egiziano, con gli stessi diritti dei musulmani.

Fu in quel momento che scoppiarono le incomprensioni. Il mese di febbraio 2011 si sarebbe dovuto tenere un incontro di dialogo. Dovevano venire al Cairo due rappresentanti vaticani per concordare con noi i temi di quell’incontro. Ci furono comunicati i due nomi. Uno di essi non era gradito da Al-Azhar. Lo conoscevo bene dai tempi in cui vivevo a Parigi. Chiedemmo dunque al Vaticano di sostituirlo. La risposta fu: «Abbiamo solo lui». Tono e risposta non ci piacquero. Perciò, decidemmo di sospendere il dialogo. Vede, questo dialogo doveva servire ad avvicinarsi, a rafforzare l’amicizia, a riunirsi attorno ad alcuni valori condivisi, pace, giustizia, diritti umani. Ma se non ci si riusciva a mettere d’accordo nemmeno sulle modalità, il dialogo non serviva a niente. Non cancellammo, semplicemente sospendemmo, in attesa di tempi e circostanze migliori. In seguito, apprendemmo dai mass-media che il Vaticano avrebbe iniziato a dialogare con l’Iran e con gli sciiti. Io allora risposi: «Ovviamente, potete dialogare con chi volete. Anche noi, pur sospendendo il dialogo col Vaticano, continuiamo a parlare con tutte le altre Chiese cristiane. Vorrà dire che attenderemo qualche segnale di cambiamento da parte vostra». E da quel momento è ancora tutto fermo.

A questo punto, con l’arrivo di un nuovo Papa, le circostanze potrebbero cambiare. A quali condizioni accetterebbe Al-Azhar di riprendere il dialogo con la Chiesa Cattolica?

A dire il vero, noi non abbiamo problemi con questo o quel Papa. I cattolici, ovviamente, possono scegliere chi vogliono. E’ una libera scelta dei cardinali in Conclave. Noi non abbiamo alcun diritto di interferire. Né accettiamo che qualcuno interferisca o ci dia lezione. Non dimentichi però che Al-Azhar è l’istituzione che rappresenta l’opinione di almeno un miliardo di musulmani sunniti. Al-Azhar è il custode della loro cultura, della loro fede. Dunque, Al-Azhar non rappresenta solo l’Egitto, ma l’intero mondo islamico. Quando l’intero mondo musulmano è soddisfatto, anche Al-Azhar è soddisfatto. Qualcuno propone che il Papa si scusi per quel che Benedetto XVI aveva dichiarato. Sommessamente, ma anche oggettivamente, io ho contestato che il Papa non potrebbe mai farlo. Non è semplice né per lui, né per i cattolici. Il Papa è ben più che un riferimento scientifico, dottrinale, come Al-Azhar. Al-Azhar non è un’autorità religiosa, lo sottolineo dieci volte. Al-Azhar è un riferimento scientifico, che dà consigli, pareri, ma che non sono assolutamente vincolanti.

Il Papa è un’altra cosa, è un’autorità. Con discrezione, mi sono permesso di suggerire una semplice soluzione, beninteso col consenso del Grande Imam di Al-Azhar. Per riprendere il dialogo sospeso da anni con la Chiesa Cattolica, secondo me il nuovo Papa dovrebbe cogliere l’occasione di una qualsiasi festività islamica per rilasciare una breve dichiarazione, con la quale la quale il successore di Pietro riconosce il ruolo storico che l’Islam ha avuto nello sviluppo della civiltà umana, per esempio con l’altissimo livello raggiunto dalle scienze arabe fino al 13esimo secolo. Non dimentichi che per quattro-cinque secoli la scienza, la cultura si esprimevano sostanzialmente in lingua araba, e che l’Umanesimo dell’Islam, tradotto a Toledo e a Palermo, divenne poi il fondamento del vostro Rinascimento. E’ corretto storicamente? Sì. E’ troppo pretenderlo? Non credo proprio. Dunque, noi attendiamo. Dopo le dimissioni di Papa Benedetto, Al-Azhar oggi si augura un terreno più fertile per riannodare i fili di un dialogo giusto ed equilibrato. Ogni nostra altra pretesa mi sembra superflua. Non ne abbiamo il diritto. Oggi servono rispetto reciproco, obiettività, e la ricerca dei valori comuni a musulmani, cristiani ed ebrei, contro tutti gli estremismi e per la convivenza pacifica.

Ma secondo lei questo sarebbe davvero sufficiente a superare le incomprensioni?

Certo che no. Ma quella dichiarazione sarebbe un ottimo punto di partenza per ricominciare a parlare col Vaticano. Attenzione: sottolineo Vaticano. Perché col mondo cristiano non abbiamo mai smesso di dialogare. Vede, quel che più ci ha ferito negli ultimi anni è stata l’islamofobia. E’ una creatura dell’Occidente, proprio come l’antisemitismo. Anni e anni di dichiarazioni che si accumulano, che generano odio. Dall’odio alla catastrofe il passo è breve. Se l’islamofobia dovesse svilupparsi nello stesso orribile modo, temiamo che possa creare lo stesso odio. E a quel punto, né comprensione, né dialogo, né pace, nulla più potrebbe servire.

Ripeto: la dichiarazione che chiediamo al nuovo Papa sarebbe solo l’inizio per ritrovare la strada del dialogo. E sa perché? Ammettere il ruolo della civiltà umanistica dell’Islam annullerebbe tutte le stupidaggini secondo cui l’Islam inciterebbe alla violenza. Come si può sperare di convivere, se voi continuate a considerarci violenti, intolleranti, mentre voi soli rappresentate la civiltà? Quale dialogo, quali relazioni, quale amicizia? Quale umanità? Perché si parla solo del Corano e dell’Islam, talvolta violento ed estremista, e non si condannano tutti gli estremismi? Eppure il mondo ne è pieno. Cristiani estremisti, ebrei estremisti, laici estremisti (parlo del laicismo, non certo della laicità).

Ecco perché, per mettere le cose in chiaro, alcune settimane fa qui ad Al-Azhar, pensando all’Egitto ma non solo, abbiamo prodotto un documento di grande importanza sulle quattro libertà fondamentali e irrinunciabili per l’Islam. Libertà di fede, libertà d’espressione, libertà di ricerca scientifica, per recuperare il gravissimo ritardo che abbiamo accumulato. E poi, libertà di creazione: arte, cinema, scultura. Questo è il lavoro pratico, concreto, che stiamo svolgendo oggi ad Al-Azhar. Non sono slogan. Mi auguro che le vostre istituzioni politiche, religiose e culturali cambino una volta per tutte il loro linguaggio con il nuovo mondo musulmano e con il nuovo Egitto. Forse non ve ne siete resi conto a sufficienza: noi stiamo cambiando, ma anche voi dovete cambiare. Solo così potremo andare avanti con giustizia.

Noi stiamo cambiando. Ma per favore, fatelo anche voi. E smettetela di trattarci con arroganza, smettetela di farci lezione.