Le ultime parole di Bergoglio prima del conclave

Sandro Magisterhttp://chiesa.espresso.repubblica.it

È opinione diffusa, avvalorata da numerose testimonianze, che l’intenzione di eleggere papa Jorge Mario Bergoglio crebbe sensibilmente tra i cardinali la mattina di sabato 9 marzo, quando l’allora arcivescovo di Buenos Aires intervenne nella penultima delle congregazioni – coperte da segreto – che precedettero il conclave. Le sue parole fecero colpo su molti. Bergoglio parlò a braccio. Ma ora di quelle sue parole abbiamo il resoconto scritto a mano dallo stesso autore.

A rendere pubblico l’intervento di Bergoglio nel preconclave è stato il cardinale dell’Avana Jaime Lucas Ortega y Alamino, nell’omelia della messa crismale da lui celebrata sabato 23 marzo nella cattedrale della capitale di Cuba, alla presenza del nunzio apostolico, l’arcivescovo Bruno Musarò, dei vescovi ausiliari Alfredo Petit e Juan de Dios Hernandez, e del clero della diocesi. Il cardinale Ortega ha raccontato che dopo l’intervento di Bergoglio nel preconclave si era avvicinato a lui chiedendogli se aveva un testo scritto da poter conservare.

Bergoglio rispose che al momento non l’aveva. Ma il giorno dopo – ha raccontato Ortega – “con delicatezza estrema” gli consegnò “l’intervento scritto di suo pugno tale come lo ricordava”. Ortega gli chiese se poteva diffondere il testo e Bergoglio disse di sì. Il cardinale dell’Avana rinnovò la richiesta il 13 marzo dopo la fine del conclave, quando l’arcivescovo di Buenos Aires era stato eletto alla cattedra di Pietro. E papa Francesco rinnovò la sua autorizzazione.

Così il 26 marzo la fotocopia del manoscritto di Bergoglio e la sua trascrizione in spagnolo sono apparse nel sito web di “Palabra Nueva”, la rivista dell’arcidiocesi dell’Avana. L’appunto di Bergoglio è riportato integralmente più sotto.

In esso si riconoscono alcuni tratti ricorrenti nella sua iniziale predicazione da papa. La “mondanità spirituale” come “il male peggiore della Chiesa”. Il dovere della Chiesa di “uscire da se stessa” per evangelizzare le “periferie non solo geografiche ma esistenziali”. Come già in altre occasioni, anche qui Bergoglio riprende l’espressione “mondanità spirituale” dal gesuita Henri De Lubac, uno dei più grandi teologi del Novecento, fatto cardinale in tarda età da Giovanni Paolo II.

Nel suo libro “Meditazioni sulla Chiesa”, De Lubac definisce la mondanità spirituale “il pericolo maggiore, la tentazione più perfida, quella che sempre rinasce insidiosamente quando tutte le altre sono state vinte, alimentata anzi da queste stesse vittoria”.

E prosegue: “Se questa mondanità spirituale invadesse la Chiesa e operasse per corromperla attaccandola nella sua stessa origine, sarebbe infinitamente più disastrosa di qualsiasi altra mondanità semplicemente morale. Ancora peggio della lebbra infame che, in certi momenti della storia, sfigurò così crudelmente la Sposa amata [la Chiesa – ndr], quando la fregagione sembrava collocare lo scandalo nel suo stesso santuario e, rappresentata da un papa libertino, occultava il volto di Cristo sotto pietre preziose, belletti e spie… Un umanesimo sottile nemico del Dio vivente – e, in segreto, non meno nemico dell’uomo – può stabilirsi in noi attraverso mille sotterfugi”.

Questa citazione di De Lubac è in evidenza in un articolo che l’allora semplice gesuita Bergoglio scrisse nel 1991, ripubblicò e consegnò nel 2005 ai fedeli e ai cittadini di Buenos Aires, di cui era divenuto arcivescovo, e ora ricompare nel primo dei libri stampati in Italia con i testi del nuovo papa antecedenti la sua elezione, col titolo: “Guarire dalla corruzione”.

Un’altra citazione significativa dell’appunto di Bergoglio è là dove addita i pericoli della Chiesa quando cessa di essere “mysterium lunae”.

Il “mistero della luna” è una formula a cui i Padri della Chiesa ricorrono fin dal II secolo per suggerire quale sia la vera natura della Chiesa e l’agire che le conviene: Come la luna, “la Chiesa splende non di luce propria, ma di quella di Cristo” (“fulget Ecclesia non suo sed Christi lumine”), dice sant’Ambrogio. Mentre per Cirillo d’Alessandria “la Chiesa è circonfusa dalla luce divina di Cristo, che è l’unica luce nel regno delle anime. C’è dunque una sola luce: in quest’unica luce splende tuttavia anche la Chiesa, che non è però Cristo stesso”.

Su questo tema e col titolo di “Mysterium lunae” ha scritto un libro fondamentale nel 1939 un altro gesuita, Hugo Rahner, insigne patrologo.

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EVANGELIZZARE LE PERIFERIE

Jorge Mario Bergoglio

Si è fatto riferimento all’evangelizzazione. È la ragion d’essere della Chiesa. “La dolce e confortante gioia di evangelizzare” (Paolo VI). È lo stesso Gesù Cristo che, da dentro, ci spinge.

1) Evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa la “parresìa” di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mi­stero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e del­l’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria.

2) Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene au­toreferenziale e allora si ammala (si pensi alla donna curva su se stessa del Vangelo). I mali che, nel trascorrere del tempo, affliggono le istitu­zioni ecclesiastiche hanno una radice nell’autoreferenzialità, in una sor­ta di narcisismo teologico. Nell’Apocalisse, Gesù dice che Lui sta sulla soglia e chiama. Evidentemente il testo si riferisce al fatto che Lui sta fuori dalla porta e bussa per en­trare… Però a volte penso che Gesù bussi da dentro, perché lo lasciamo uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire.

3 ) La Chiesa, quando è autoreferenziale, senza rendersene conto, crede di avere luce propria; smette di essere il “mysterium lunae” e dà luogo a quel male così grave che è la mondanità spirituale (secondo De Lubac, il male peggiore in cui può incorrere la Chiesa): quel vivere per darsi glo­ria gli uni con gli altri. Semplificando, ci sono due immagini di Chiesa: la Chiesa evangeliz­zatrice che esce da se stessa; quella del “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans” [la Chiesa che religiosamen­te ascolta e fedelmente proclama la Parola di Dio – ndr], o la Chiesa mondana che vi­ve in sé, da sé, per sé. Questo deve illuminare i possibili cambiamenti e riforme da realizzare per la salvezza delle anime.

4) Pensando al prossimo Papa: un uomo che, attraverso la contempla­zione di Gesù Cristo e l’adorazione di Gesù Cristo, aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso le periferie esistenziali, che la aiuti a essere la madre feconda che vive “della dolce e confortante gioia dell’evangelizzare”.

Roma, 9 marzo 2013