Francia, contro l’integralismo arriva l’Osservatorio sulla laicità

Stéphanie Le Bars
www.lemonde.fr

Nasce oltralpe una struttura che vigila sul rapporto tra Stato e Chiesa. Raggruppa chi auspica una netta separazione accanto a politici dalla visione più “morbida”.

Sulla base di un decreto del 2001 rimasto finora lettera morta, lo scorso 8 aprile è stato inaugurato dal presidente francese Hollande, che ne aveva annunciato la creazione a dicembre, il nuovissimo Osservatorio sulla laicità. La presidenza dell’Osservatorio è stata affidata all’ex ministro socialista Jean-Luois Bianco, vicino a Ségolène Royal, che non è uno specialista in materia.

Oltre ai rappresentanti dei ministeri coinvolti, l’Osservatorio è composto da quattordici personalità. Tra loro figurano quattro parlamentari: due popolari, un socialista e un radicale, conosciuti per il loro attivismo in materia di laicità. François-Noël Buffet, senatore del partito popolare e sindaco di Oullins, fu promotore del disegno di legge del 2010 che proibisce di nascondere il volto nei luoghi pubblici; Marie-Jo Zimmermann, deputata popolare del dipartimento della Moselle, rappresenterà in seno all’Osservatorio i territori di Alsazia e Lorena in cui è ancora in vigore il concordato, abolito nel resto della Francia nel 1905, dove il finanziamento pubblico dei culti è ancora autorizzato. Si tratta di un argomento di discordia a sinistra, dove in molti auspicano la fine di tali deroghe, e che aveva provocato molta confusione in campagna presidenziale.

A sinistra ci sono il socialista Jean Glavany, esperto di questioni legate alla laicità, e Françoise Laborde, del partito radicale, ideatrice di un disegno di legge sulla neutralità religiosa degli addetti all’infanzia e rappresentante della frangia che auspica l’applicazione di uno stretto principio di laicità. Un approccio difeso anche da Patrick Kessel, ex gran maestro del Grande Oriente di Francia, loggia massonica aconfessionale e non dogmatica, che è oggi presidente del Comité Laïcité République. Kessel ha auspicato anche l’inserimento in costituzione dei primi due articoli della legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiesa, progetto annunciato e poi abbandonato da Hollande, nonché la progressiva soppressione del concordato e del finanziamento pubblico ai culti.

È presente nell’Osservatorio anche un’altra politica socialista, Annie Guillemot, sindaco di Bron ed esperta di politica metropolitana. Il consigliere di Stato Alain Christnacht, rappresentante dell’istanza di dialogo tra Chiesa cattolica e governo sotto Lionel Jospin nel 2002, incarna una sinistra meno rigorosamente laica. Il Consiglio di Stato è sempre stato favorevole a una laicità “aperta”, contestata tuttavia da personalità come Kessel.

Presente nell’Osservatorio è anche il filosofo Abdennour Bidar; proveniente dalla missione laicità del Consiglio per l’integrazione, che confluisce nella nuova struttura, Bidar ha preso posizioni in netto favore di una rigorosa laicità. Sono stati altresì nominati membri dell’Osservatorio Alain Bergounioux, storico del partito socialista, et Laurence Loeffel, incaricati dal Ministero dell’istruzione di un rapporto sulla morale laica; fanno parte dell’Osservatorio anche la giurista Soraya Amrani Meki e il poeta Daniel Maximim. Armelle Carminati, direttrice delle risorse umane di Accenture, rappresenta il mondo dell’impresa. Rose-Marie van Leberghe, ispettrice generale degli affari sociali, ha lavorato sia nel pubblico che nel privato e soprattutto nel settore ospedaliero. Non fa parte dell’Osservatorio alcun ministro di culto: costoro dovranno essere opportunamente consultati secondo necessità.

L’Osservatorio realizzerà un rapporto annuale sulla condizione della laicità in Francia e dovrà lavorare in maniera prioritaria all’opportunità di definire di una nuova legge sui simboli religiosi nei luoghi di lavoro, questione seguita alla polemica dell’asilo Baby Loup dove una assistente all’infanzia di fede musulmana si rifiutò di togliere il velo. Il primo ministro riunirà a breve i diversi gruppi politici per giungere a un consenso in materia. Quattro membri dell’Osservatorio (Jean Glavany, Abdennour Bidar, Patrick Kessel e Françoise Laborde) sono firmatari della petizione che chiede al più presto una nuova legge per colmare tale vuoto giuridico.

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Una giornata di riflessione sul diritto alla libertà religiosa

Gabriela Lio
www.vociprotestanti.it

In occasione della giornata per i diritti umani del 4 aprile [giorno della morte di Martin Luther King jr., istituita anni fa dall’Assemblea battista, ndr], il Dipartimento di evangelizzazione dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi) ha proposto alle chiese di riflettere, nella settimana tra il 1 aprile e il 7 aprile, sul diritto alla libertà religiosa, diritto ancora oggi calpestato in Italia e nel mondo. A tal fine sono stati forniti dei materiali sul tema che potessero essere per le chiese punto di partenza per organizzare momenti liturgici, di preghiera o di lettura dei testi.

In particolare sono state preparate una liturgia per un incontro di preghiera sul diritto acquisito o violato della libertà religiosa e una liturgia per il culto di domenica 7 aprile 2013. Inoltre è stata fornita una cartella contenente una proposta di canti per le liturgie; inoltre sono state forniti: il documento «Testimonianza cristiana in un mondo multi-religioso: Raccomandazioni per il comportamento» frutto del lavoro della terza consultazione (inter-cristiana) riunitasi nel 2011 a Bangkok, Tailandia, come aiuto alla preparazione del testo della meditazione; la Carta di Milano 2013 del Forum delle Religioni; il Documento «Dichiarazione per un’etica mondiale» del Parlamento delle religioni. Tutti i materiali sono reperibili sul sito dell’Ucebi.

Riflettere sul diritto alla libertà religiosa è oggi più che mai urgente. Se da una parte la società globale ha ridotto le distanze fisiche tra le persone, dall’altra non è ancora riuscita a garantire diritti e libertà fondamentali e una convivenza che sia realmente vivere insieme e non semplicemente vivere nello stesso luogo, eppure i tempi sono maturi.

Come cristiani abbiamo il dovere di rispettare tutte le espressioni religiose, promuovere la libertà religiosa e vigilare sui diritti di libertà di tutte e tutti. In una società multiculturale e multireligiosa come la nostra, riflettere su queste tematiche assume un punto di partenza necessario per creare insieme una società più giusta, in cui il rispetto per tutte le persone, la promozione della pace ed il bene comune siano sempre salvaguardati.

Nonostante il diritto alla libertà religiosa sia stato sancito attraverso numerosi documenti internazionali e nazionali assistiamo continuamente alla sua violazione, e dilagano forme di repressione, di non rispetto, di non libertà. A 1700 anni dall’editto di Milano (313 d. C.) che riconobbe ai cristiani il diritto di professare la propria fede in un mondo segnato dalla pluralità d’allora, il diritto alla libertà religiosa è ancora un diritto calpestato. Dal rapporto annuo sulle violazioni della libertà religiosa nel mondo si evince che essa non è un principio scontato. Nella quotidianità di molte fedi viventi la libertà religiosa è anzi costantemente negata e di fatto oggi un terzo della popolazione mondiale non gode di essa. Molti governi tendono ad adottare normative sempre più restrittive e fenomeni di violenza o ostilità nei confronti dei credenti sono in aumento. In Italia non di rado ci si avvicina alle altre confessioni religiose con sospetto e pregiudizio.

È evidente che solamente l’uguaglianza giuridica delle religioni nel loro rapporto con lo Stato potrà garantire la dignità stessa della persona umana, fondata sulla creazione di tutti gli esseri umani a immagine e somiglianza di Dio.

È in questa ottica che la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) da anni è impegnata, attraverso la Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (Ccers), a rivendicare il pieno diritto alla libertà religiosa che, non è esclusivamente quella degli evangelici ma un diritto e una ricchezza per tutti gli italiani e per tutte le italiane.

La testimonianza cristiana in un mondo pluralista comprende l’impegno a dialogare con persone di differenti religioni e culture, dapprima perché Dio ci chiama a relazionarci con pieno rispetto ed amore nei confronti di tutti gli esseri umani e ad amare tutte le sue creature portatrici di una ricchezza intrinseca, poi, perché il dialogo interreligioso può offrire nuove opportunità per risolvere i conflitti, ristabilire la giustizia, risanare le memorie, per la riconciliazione e la costruzione della pace.