Scola: sui matrimoni gay si prenda esempio dall’Italia

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A poche ore di distanza dal «sì» del Senato francese ai matrimoni gay, la Chiesa Cattolica ha iniziato a lanciare la propria controffensiva. Dai microfoni di Radio Vaticana, infatti, Angelo Scola ha dichiarato che lo Stato dovrebbe «ascoltare la società civile prima di legiferare» su temi come i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Se da un lato l’arcivescovo di Milano pare essersi dimenticato che la maggioranza dei cittadini francesi era favorevole alle unioni (salvo, forse, in qualche sondaggio commissionato proprio dalla curia), dall’altro va ricordato che sarebbe molto pericoloso porre i diritti individuali nelle mani della maggioranza. In tal caso, infatti, avremmo rischiato di vietare l’integrazione interrazziale o di non abolire la schiavitù: veri abomini che ai tempi erano considerati “normali” dai più, forse anche per abitudine o per comodità.

Ma la vera perla dell’intervento di Scola è l’aver presentato l’Italia come esempio di come si dovrebbero gestire i diritti delle minoranze. «Nella società civile italiana -ha dichiarato- vediamo come su questi temi ci siano soggetti personali e sociali che hanno un pensiero diverso e che si confrontano. Pensiamo a quello che è successo in Francia in questi ultimi mesi, ad esempio sulla questione dei matrimoni gay. Allora lo Stato prima di legiferare deve ascoltare la società civile e, per ascoltarla, deve favorire in tutti i modi la libertà di un confronto reciproco tra le varie visioni che sia teso ad un riconoscimento per trovare la strada giusta. Poi sarà compito dello Stato, nel rispetto dei diritti fondamentali di tutti, legiferare secondo ciò che la maggioranza dei cittadini decide, lasciando poi a tutti ovviamente la libertà dell’obiezione di coscienza, qualora una legge vada contro la propria coscienza».

Al di là del controsenso nel presupporre che la maggioranza voti necessariamente nel rispetto dei diritti fondamentali di tutti (sappiamo bene che molte opinioni si banano solo sul proprio interesse), è curioso notare come si chieda l’introduzione di leggi “facoltative” che possano essere rispettate solo da chi le condivide. Inutile dire che, quando si tratta di chiedere ad atei e credenti di altre professioni un prelievo fiscale per pagare l’Ici alla Chiesa, allora l’imposizione diventa automaticamente cosa buona e giusta…

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Coppie gay, interviene la Consulta “il parlamento riconosca le unioni”

Caterina Pasolini
Repubblica | 13.04.2013

Una bacchettata al Parlamento sui diritti dimenticati dei gay, un invito ai politici italiani distratti e ritardatari rispetto al resto del mondo a darsi finalmente da fare. Nel giorno in cui la Francia dice sì a matrimoni e adozioni da parte di coppie omosessuali, al Parlamento italiano arriva una tirata di orecchie dalla Corte costituzionale. Il presidente della Consulta, Franco Gallo, ha infatti ricordato che in base a una sentenza del 2010 «due persone dello stesso sesso hanno il diritto fondamentale ad ottenere il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri della loro stabile unione». Parole pesanti, nette, chiare, contenute nella relazione letta ieri mattina davanti alle più alte cariche dello Stato illustrando l’attività del 2012.

Gallo ha sottolineato che se «la Corte con quella sentenza ha escluso l’illegittimità costituzionale delle norme che limitano l’applicazione dell’istituto matrimoniale alle unioni tra uomo e donna, nel contempo ha affermato il diritto di ottenere riconoscimento giuridico». Cosa che la Consulta certo non può fare, visto che non è nei suoi compiti. Così Gallo ha richiamato il Parlamento al dovere di regolamentare la materia «nei modi e nei limiti più opportuni».

Quello di ieri è l’ultimo degli appelli rivolti dalla Consulta in questi anni ai politici e gran parte delle volte caduti nel vuoto. «Spesso è accaduto che il Parlamento non abbia dato seguito ai nostri inviti.

Tra questi la necessità di fare una legge sul riconoscimento delle coppie dello stesso sesso e sull’introduzione di una normativa che prevede l’attribuzione al figlio anche del cognome materno oltre a quello paterno, perché l’attuale normativa è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia».

Diverse le reazioni del mondo politico alle parole del presidente della Corte costituzionale. Se sul fronte Pdl Gasparri ha definito il discorso di Gallo un’ingerenza, ed Eugenia Roccella «un intervento a gamba testa», per il resto i commenti sono stati favorevoli. Da più parti, come Benedetto Della Vedova di Scelta civica, si intravede la possibilità di «scelte condivise sulle coppie omosessuali». In effetti alla Camera e al Senato giacciono diverse proposte di legge. La prima di queste è stata presentata a marzo in Senato da Luis Orellana del MoVimento Cinque stelle.

Alla Camera il primo giorno della legislatura si è mosso il deputato e vicepresidente del Pd Ivan Scalfarotto. E questi due disegni di legge hanno una forte base comune, visto che sono frutto di un’elaborazione della Rete Lendford, composta da un gruppo di avvocati preparati e sensibili ai temi dei diritti delle coppie dello stesso sesso e dei transgender.

Nel giorno della storica decisione francese sui matrimoni e le adozioni gay, resta l’amaro commento delle associazioni omosessuali: «Il nostro Parlamento non ha dato piena attuazione alla Costituzione», ha detto Damiano Fiorato, avvocato esperto di diritti glbt e responsabile dello sportello legale di Arcigay Genova, «ma soprattutto sta un passo indietro rispetto alla società civile». In Italia, solo alcuni Comuni sono infatti riusciti a introdurre i registri delle unioni civili, mentre il resto del mondo, dall’Uruguay alla Francia, ci superato da tempo prevedendo il matrimonio e le adozioni per tutti.