Il Vaticano, il caso Invalsi e quelle relazioni pericolose

Pietro Ratto (*)
http://cronachelaiche.globalist.it

I legami tra Chiesa cattolica e Istituto per la valutazione del sistema dell’istruzione al quale nel 2013 il governo italiano ha affidato il controllo dell’insegnamento.

L’assoluta mancanza di laicità nella Scuola italiana è, tutto sommato, un problema recente. Se la Legge Casati del 1859 prevedeva l’obbligatorietà dell’Insegnamento della religione cattolica (Irc) solo per le prime due classi della scuola elementare, la successiva Riforma Coppino sminuiva l’importanza di tale disciplina rispetto a quella delle altre materie prevedendola solo per gli studenti i cui genitori ne avessero fatto esplicita richiesta. Il Regno d’Italia sopprimeva altresì le Scuole teologiche di Stato. Da quel momento, le uniche a formare i docenti di religione sarebbero state le scuole ecclesiastiche. Nel 1888 la commissione voluta da Boselli per riformare i programmi didattici, a proposito della religione cattolica così concludeva la sua indagine: «Lo Stato non può fare, né direttamente né indirettamente una professione di fede, che manchevole per alcuni, sarebbe soverchia per altri». L’Italia, insomma, voleva ad ogni costo mantenersi laica.

Nel 1923 la Riforma Gentile sanciva però l’obbligatorietà dell’insegnamento del cattolicesimo in tutto il ciclo elementare. La dicitura “ora di religione” nasceva poi dai Patti Lateranensi, che estendevano tale obbligo alle scuole medie e superiori. Solo nel 1984, con la Revisione del Concordato, fece il suo ingresso l’Attività alternativa all’ora di Religione (A.A), che sancì la fine dell’obbligatorietà dell’Irc. Gli insegnanti di A.A. si videro valutare il proprio servizio con punteggio pari a metà di quello riconosciuto ai colleghi, ma per il resto tale insegnamento venne a lungo equiparato a qualsiasi altro. Nel 1999 la Riforma Berlinguer introdusse l’Autonomia. L’Ordinanza relativa ai nuovi concorsi per insegnanti, però, sanciva improvvisamente la non computabilità degli anni di docenza di A.A. ai fini dell’ammissione ai corsi abilitanti. La valanga di ricorsi dei docenti interessati venne puntualmente respinta. Qualcosa stava cambiando di nuovo.

Con il decreto legge 258/1999 nasceva l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione (INValSI). Tale ente, la cui denominazione venne ufficializzata solo nel 2004, era il risultato della trasformazione del vecchio Centro europeo dell’educazione del 1974. Il cosiddetto INValSI doveva «valutare l’efficacia dell’istruzione e la soddisfazione dell’utenza e promuovere la cultura dell’autovalutazione». Alla presidenza dell’ente si susseguirono Visalberghi, Margiotta, Vertecchi, Trainito, Elias, Cipollone e l’attuale Sestito. Sequenza con tutto il sapore di un progressivo spostamento dell’INValSI da iniziali posizioni laiche (come quelle del primo presidente, Aldo Visalberghi, partigiano e socialista), ad ambienti sempre più vicini alla Cei e, contemporaneamente, ai grandi gruppi finanziari occidentali. E ciò parallelamente al continuo rafforzamento di questo Istituto nel corso negli anni.

Spicca in particolare la figura di Piero Cipollone, cugino dell’arcivescovo di Lanciano ed Ortona Emidio Cipollone nonché dirigente della Banca d’Italia e direttore esecutivo della World Bank. Anche Paolo Sestito, l’attuale Commissario straordinario, è un alto dirigente di Bankitalia, membro dell’Iza, gigantesco ente tedesco di ricerca sull’organizzazione del lavoro nell’economia globale il cui presidente, l’economista Klaus Zimmerman, è manco a dirlo consulente World Bank. Nel direttivo INValSI figura poi Elena Ugolini, ex preside del Polo di istruzione cattolico Malpighi di Bologna. Membro dell’Ufficio di presidenza di CL – a cui la sua famiglia ha dato grandi contributi, come nel caso di don Giancarlo Ugolini, padre del Meeting di CL, di cui ha altresì fondato la sezione di Rimini, o di Lella Ugolini, madrina della Fondazione Karis che gestisce le omonime scuole cattoliche – la Ugolini è da sempre impegnata in favore del finanziamento statale alle scuole private e risulta tra i firmatari del Manifesto sull’Educazione contro una «cultura che ha sistematicamente demolito le condizioni e i luoghi stessi dell’educazione: la famiglia, la scuola, la Chiesa».

Sotto il ministro Moratti ha rivestito all’INValSI incarichi sempre più prestigiosi, diventando coordinatrice dei nuovi programmi per i licei al seguito della Gelmini e sottosegretario all’Istruzione sotto il ministro Profumo. Quest’ultimo d’altra parte, membro dei CdA di Unicredit, Pirelli e Telecom, è considerato molto vicino al cardinal Bagnasco, con cui nel giugno scorso ha siglato l’accordo Miur-Cei finalizzato a frenare l’emorragia di studenti che, sempre più numerosi, decidono di non avvalersi della religione cattolica a scuola. Accordo che, a detta di Bagnasco, «consolida ulteriormente l’armonioso inserimento dell’insegnamento della religione cattolica nei percorsi formativi della scuola italiana». Ma c’è di più.

L’INValSI, per le proprie “valutazioni”, utilizza il sistema di test Timss e Pirls, enti di ricerca legati all’Iea, Ente internazionale per la valutazione del rendimento scolastico di Amsterdam che pilota gli Istituti di valutazione dei singoli Paesi dell’Eurozona omologandone programmi, metodologie e criteri in funzione delle esigenze della politica, dell’imprenditoria e della finanza europee e che, ciliegina sulla torta, è finanziato dal Boston College, di cui ben due membri (su sette) siedono nel proprio comitato esecutivo.

E cos’è questo Boston College da cui tutto dipende? Niente meno che un’università cattolica, fondata dai gesuiti nel 1863, in prima linea nella diffusione del cristianesimo nell’istruzione giovanile. Nel cui direttivo, guarda caso, siedono importanti dirigenti Timss e Pirls. Il Boston – patrimonio da 1,9 miliardi di dollari e giro d’affari di 820 milioni, la più numerosa comunità di gesuiti al mondo, fiore all’occhiello del cardinale O’Malley, che annovera tra i suoi ex studenti politici del calibro di John Kerry, Tip O’Neill o del governatore del Connecticut Dannel P. Malloy – gestisce con l’Iea una fitta rete di alte personalità ed enti, collegati ai ministeri dell’Istruzione di molti Paesi del mondo, incaricati di realizzare a livello locale il modello educativo cattolico.

Referente italiano dell’organizzazione è il dirigente INValSI Elisa Caponera. L’8 marzo 2013 il nostro governo ha improvvisamente approvato il Decreto sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione che affida all’INValSI il controllo totale dell’insegnamento scolastico pubblico. Se all’istituto, oltre al compito di coordinamento, toccherà sondare l’effettiva preparazione degli studenti italiani tramite somministrazione di test obbligatori, ruolo dell’Indire sarà provvedere all’aggiornamento dei docenti il cui lavoro sia risultato “inefficace”. Il tutto con contorno di periodiche e intimidatorie visite di ispettori Miur atte a verificare l’effettiva efficienza dei docenti e la conformità dei loro programmi ai precisi dettami della didattica gesuitica.

(*) riduzione del saggio Una Chiesa a tutti i costi, 2013