Chiesa e Shoah: papa Francesco aprirà gli archivi

Francesco Peloso
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Per fare chiarezza sul ruolo di Pio XII e sulle responsabilità della Chiesa durante la guerra il Papa potrebbe dare un impulso decisivo all’apertura degli archivi relativi al pontificato di Pio XII durante la seconda guerra mondiale, cioè per il periodo che va dal 1939 al 1945. A sostenerlo in un’intervista è stato il rabbino Abraham Skorka, grande amico di Jorge Mario Bergoglio. «È una questione terribilmente delicata, ma lui dice che deve essere indagata a fondo», ha detto Skorka, quindi ha precisato: «Non ho alcun dubbio che egli si muoverà per aprire gli archivi». La dichiarazione ha un peso specifico importante in quanto Skorka è rettore del seminario rabbinico Latino-americano in Argentina e soprattutto è autore insieme all’ex arcivescovo di Buenos Aires, di un libro intervista – “Il cielo e la terra” – nel quale vengono toccate diverse questioni fra le quali anche il tema della Shoah.

Parlando con la rivista cattolica inglese “The Tablet”, lo stesso rabbino ha detto che il Papa, una volta eletto, lo ha chiamato due volte e gli ha parlato delle sue speranze per il pontificato e il futuro della Chiesa. Skorka ha poi osservato che, in ogni caso, Francesco è un fiero oppositore dell’antisemitismo ed è nemico «di ogni tipo di fanatismo» e comunque, ha aggiunto, ora gli ebrei «possono contare su un ottimo amico in Vaticano».

La beatificazione di Pio XII è stata una delle missioni rimaste incompiute durante il pontificato di Benedetto XVI. Alla fine del 2009, infatti, il Papa diede il via libera alla Congregazione per le cause dei santi per il riconoscimento delle virtù eroiche di Eugenio Pacelli, un passaggio formale indispensabile per portare agli altari il Pontefice della seconda guerra mondiale. In realtà, però, negli otto anni di regno di Ratzinger diverse sono state le controversie apertesi con il mondo ebraico, a partire dalla revoca della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani e del conseguente tentativo di far rientrarne nel seno della Chiesa di Roma la Fraternità di San Pio X. Diversi esponenti di questa organizzazione ultraconservatrice, non hanno mai nascosto le proprie posizioni preconciliari e speso venate di antisemitismo, anche per questo non hanno mai pienamente riconosciuto i documenti del Concilio Vaticano II compresa la dichiarazione “Nostra aetate” che sancì una svolta nei rapporti fra la Chiesa e gli ebrei in primo luogo e poi con altre religioni.

Ancora: la liberalizzazione della messa in latino secondo il rito pre-concliare di San Pio V, ha pesato in questo senso nei rapporti con mondo ebraico per i riferimenti espliciti alla conversione degli ebrei contenuti in quella liturgia. Ancora il dibattito ha avuto pure un profilo storico-teologico circa il ruolo svolto dai cristiani e quindi dai cattolici e dalla Chiesa nel diffondersi di una cultura antisemita in Europa negli anni precedenti la Shoah. Tutte queste vicende, gaffe e incomprensioni, hanno influito negativamente sulla causa di Pio XII che rischiava di diventare l’ennesimo motivo di attrito fra mondo ebraico e Santa Sede.

Nel frattempo, però, il dibattito è andato avanti fra gli storici. La discussione sul ruolo, i silenzi e le azioni concrete di Pio XII non si chiuderà tanto facilmente, e però un primo importante passaggio c’è stato quando lo Yad Vashem, il Museo e memoriale dell’Olocausto a Gerusalemme, l’estate scorsa, ha cambiato la didascalia che si leggeva sotto la fotografia di Pio XII. Se il testo precedente era fortemente negativo e non lasciava spiragli per una lettura diversa, la nuova didascalia apre a un giudizio più complesso sotto il profilo storico pur all’interno di una lettura con forti aspetti critici circa l’operato di Pacelli. Ma soprattutto conclude affermando: «Finché tutto il materiale rilevante non sarà disponibile agli studiosi, questo tema resterà aperta a ulteriori indagini».

Fra le altre cose viene ricordato il silenzio del Papa durante la deportazione degli ebrei romani, la mancata firma del Pontefice al documento degli Alleati contro lo sterminio degli ebrei nel 1942; tuttavia si cita anche la tesi a discolpa secondo la quale con il suo silenzio il Papa evitò alla Chiesa persecuzioni più gravi e permise a molti sacerdoti, conventi, congregazioni di agire per salvare ebrei e perseguitati.

Naturalmente il giudizio storico resta aperto, e però è un fatto che sia i critici che i difensori di Pio XII, anche in ambito ebraico, chiedono da tempo di poter accedere a tutta la documentazione conservata in Vaticano. Il prefetto dell’archivio Segreto, monsignor Sergio Pagano, ha più volte ripetuto che si sta procedendo alla catalogazione di un materiale immenso il più rapidamente possibile per renderlo accessibile agli studiosi. Tuttavia si è sempre parlato di un’attesa che poteva durare anni. Ora le cose potrebbero cambiare.

Nel volume scritto da Francesco insieme al rabbino Skorka, diverse pagine sono dedicate alla questione dell’Olocausto e dell’operato della Chiesa. È un dialogo sincero in cui il rappresentante ebraico solleva dubbi e problemi in merito all’operato della Chiesa e al Papa dell’epoca, Bergoglio da parte sua non si tira indietro. Il futuro papa Francesco difende in generale l’operato di Pio XII; tuttavia a un certo punto della conversazione accoglie l’invito del rabbino sulla necessità di aprire gli archivi sulla seconda guerra mondiale e afferma: «Quello che lei dice sugli archivi della Shoah mi sembra giustissimo. È giusto che si aprano e si chiarisca tutto. Che si scopra se si sarebbe potuto fare qualcosa e fino a che punto. E se abbiamo sbagliato in qualcosa dovremmo dire: “Abbiamo sbagliato in questo”. Non dobbiamo avere paura di farlo. L’obiettivo deve essere la verità