Islam e sessualità, un rapporto controverso

Uaar, Unione degli atei e degli agnostici razionalisti
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L’irruzione della modernità nella vita di ogni giorno, e le conseguenze che ne derivano, non costituisce un problema soltanto per il cristianesimo. Tutto sommato, è ormai diverso tempo che ci ha a che fare. Per l’islam le cose sono un po’ più complicate: perché è prevalentemente diffuso in paesi meno moderni, e perché negli ultimi tempi la leadership del mondo musulmano sembra essersi spostata nelle mani di gruppi più conservatori, quando non apertamente integralisti. Ciononostante, la modernità rappresenta una sfida ovunque. In particolare, quando mette in discussione comportamenti consolidati in ambiti primari. Uno, in particolare: la sessualità.

Nella dottrina islamica, i rapporti sessuali sono leciti dentro il matrimonio e se non comportano adulterio (zina, o “fornicazione”), ma in generale c’è una certa tolleranza nei confronti dei maschi eterosessuali, anche con soluzioni come il mutah (matrimonio temporaneo) tra gli sciiti, che può di fatto consentire la prostituzione. È la donna ad essere più maltrattata e discriminata, a dover sottostare all’autorità della famiglia e ad essere sottoposta a pene ancora oggi, come dimostrano i tanti casi nei paesi in cui vige la legge islamica. La religione musulmana ammette anche il divorzio e la poligamia, ma a vantaggio dell’uomo.

Quello dell’islam con il sesso è in teoria, dal punto di vista dottrinario, un rapporto più aperto e sano del cattolicesimo, ma a ben guardare nella pratica è sottoposto a limiti più rigidi. Meno condanna morale e demonizzazione spirituale, meno insistenza sulla castità e la continenza. Ma anche, ove certi limiti siano trasgrediti in zone dove si applica la legge islamica in maniera stringente, la lapidazione (sulla base degli hadith, i detti del profeta Maometto) e frustate o esilio (sulla base del Corano). Coesistono diverse interpretazioni a seconda delle scuole giuridiche, considerato che manca una autorità superiore che avoca a sé il monopolio del rapporto con la divinità, e ciò fa sì che in alcuni paesi le pene siano meno drastiche.

I limiti imposti dall’islam, soprattutto per la sessualità dentro il matrimonio, favoriscono fenomeni curiosi. Vista la rigidità dei costumi in patria, non sembra strano che una parte non indifferente del traffico verso siti pornografici israeliani – preferibilmente con “narrazioni” che vedono protagonisti attori e attrici nei panni di agenti del Mossad o soldati – provenga da paesi islamici. Anche il porno gay risulta più cercato e cliccato rispetto a quello etero nei paesi più omofobi, come quelli islamici o africani.

Ci sono però anche donne islamiche che rifiutano lo stile di vita occidentale e indossano il velo opponendosi alle conquiste dell’emancipazione femminile. Un fenomeno crescente è infatti quello delle donne convertite che mettono il velo, integrale e non. Molte indossano niqab, hijab o altro perché costrette dalle famiglie, dagli uomini e dai dettami della religione. Ma tante altre, come sostiene la scrittrice di origine libanese Hanan al-Shaykh, la ritengono una scelta di libertà contro il modello occidentale, persino per moda quando cominciano a farlo le altre o per volontà di trasgressione. L’autrice del romanzo Only in London (pubblicato nel 2001 e che esce ora in Italia con il titolo Fresco sulle labbra, fuoco nel cuore) e che ha scelto di non portare il velo, sostiene che «la religione proprio non c’entra»: velarsi per le donne rappresenta un illusorio «rifiugio di libertà» per impedire agli uomini di guardarle come oggetto sessuale.

Con la primavera araba sono emerse, sebbene in sordina, anche istanze femministe di emancipazione e di affermazione dei diritti delle donne, in contrapposizione frontale con la cultura maschilista e patriarcale. E contro la tendenza delle frange più islamiste di dettare legge proprio contro l’autonomia delle donne queste si attivano, come descritto in Sexuality in Muslim Contexts. Restrictions and Resistance. Tanto che sul sesso, che fino a poco tempo fa nei paesi islamici era argomento-tabù, fioriscono riflessioni e studi. Come il libro di Shereen El Feki – scienziata e immunologa di origine egiziana che vive in Canada – Sex and the Citadel. Intimate Life in a Changing Arab World, che sta suscitando scandalo per la sua esplorazione senza veli (è proprio il caso di dirlo) nella sessualità dentro il mondo islamico.

Testo già censurato in Egitto, contiene una mole notevole di dati e di interviste su vari fenomeni, come le mutilazioni genitali femminili e il dating on line. Come spiega El Feki, la richiesta di democrazia e diritti da parte delle donne non può prescindere da una istanza di liberazione sessuale, non necessariamente di rottura rispetto alla tradizione islamica. A farne le spese sono per il momento soprattutto le donne, visto che «l’islam proibisce categoricamente rapporti sessuali fuori dal matrimonio, agli uomini quanto alle donne», ma «è pratica comune che gli uomini facciano sesso con altri uomini o donne», cosa che le pone in una condizione di subalternità sociale. Il problema si pone anche in Occidente, dove esiste una numerosa comunità proveniente dai paesi musulmani: anche qui gli islamici (e le islamiche) devono prendere coscienza del fatto che vanno tutelati anche i diritti nella sfera sessuale. «Nessuno può togliermi dalla testa il dubbio di come i giovani cittadini arabi possano essere cittadini partecipanti e attivi alla vita pubblica se non avranno la libertà e la possibilità di accedere a informazioni sul proprio corpo e la propria sessualità», chiosa.

Ma non è facile, come dimostra il caso di Amina Tyler in Tunisia. La giovane, che si descrive come militante di Femen, ha postato su internet foto in cui appariva a seno nudo come gesto provocatorio per protestare contro il maschilismo islamico. Gesto che ha suscitato reazioni varie e scandalo, tanto che un religioso islamico ne ha invocato la lapidazione tramite fatwa perché contro la morale. Dopo assenza di notizie per qualche tempo, la ragazza è ricomparsa e ha denunciato di essere stata segregata dalla sua famiglia, nonché picchiata, imbottita di psicofarmaci e costretta a leggere il Corano sebbene si dichiari agnostica. Nei violenti scontri a Kairouan tra i salafiti e le forze di polizia, a seguito del divieto delle autorità a un raduno di Ansar al-Shariah, proprio Amina è stata arrestata. Secondo le ricostruzioni è stata portata via per evitare la reazione della folla, avendo protestato e scritto con lo spray “Femen” vicino a una moschea.

Siamo d’accordo anche noi con Shereen El Feki. I diritti sessuali sono diritti fondamentali, primari di ogni individuo. Le religioni lo sanno e vi si oppongono. Praticamente sempre. Gli individui hanno però l’enorme potere di respingere tali ingerenze. Non è facile, talvolta nemmeno in Italia, e nei paesi musulmani sembra quasi impossibile. Eppure qualcosa si sta muovendo anche là. Perché non esiste convinzione monolitica che non possa essere scavata, goccia a goccia.