«Le politiche europee violano i valori della nostra fede»

Rete europea Chiese e Libertà
Adista n. 23 del 22/06/2013

Di fronte alla crisi economica, alle misure di austerità, al rafforzarsi di interessi nazionali e corporativistici che minacciano e mettono in discussione l’Unione Europea, è necessario far sentire la propria voce e agire, nell’ambito individuale e collettivo, affinché il cammino approntato dal nostro continente possa cambiare direzione e dare vita a un mondo di pace e giustizia. La Rete europea Chiese e Libertà ha concluso così, con questo invito, la sua XXIII Assemblea generale, svoltasi dal 9 al 12 maggio scorsi a Madrid.

È urgente, si legge nella Dichiarazione conclusiva che pubblichiamo di seguito in una nostra traduzione dal francese, lavorare insieme per «una politica economica alternativa a quella attuale, che obbedisce solo alla logica dei rapporti di forza e della difesa dei potenti interessi costituiti»: «Queste politiche che cercano di combinare crescita e riduzione del debito non conducono che all’austerità, che tocca le fasce più deboli della popolazione, i giovani e le donne in particolare; compromettono profondamente le conquiste dello Stato sociale che si pensava acquisito; favoriscono i Paesi forti e aumentano lo scarto sociale ed economico». Una situazione che «viola i valori etici, di solidarietà e di impegno per la pace fondati sulla dignità delle donne e degli uomini, sul rispetto che è loro dovuto, sui diritti che ne derivano e sulla giustizia».

La gravissima crisi economica, che è cominciata 5 anni fa e che non sembra accennare a risolversi, pone problemi che, per alcune loro caratteristiche, mettono in discussione il ruolo stesso dell’Europa, così come si è costituita a livello istituzionale e per come si è organizzata in questi 50 anni. In tale situazione, le sofferenze, le incertezze e il malessere, che riguardano anche le dimensioni spirituali dell’esistenza, si aggravano sempre più.In quanto cittadini cattolici europei confermiamo la nostra fiducia nel processo di collaborazione tra i popoli del nostro continente cominciato dopo la Seconda guerra mondiale, ma dobbiamo anche constatare e denunciare le politiche neoliberiste e la dittatura delle strutture finanziarie che, soprattutto con la crisi, ostacolano il raggiungimento degli obiettivi originari:- la salvaguardia e la promozione dei diritti umani, specialmente dell’uguaglianza/parità uomo-donna;- la coesione interna e il dialogo interculturale in tutti i singoli Paesi;- la riduzione delle ineguaglianze nei singoli Paesi e tra Paese e Paese;- il contributo alla pace fondata sulla giustizia nel mondo;- il rafforzamento della democrazia in tutti i Paesi e specialmente in quelli che da poco fanno parte dell’Unione Europea.

Queste politiche che cercano di combinare crescita e riduzione del debito non conducono che all’austerità, che tocca le fasce più deboli della popolazione, i giovani e le donne in particolare; compromettono profondamente le conquiste dello Stato sociale che si pensava acquisito; favoriscono i Paesi forti e aumentano lo scarto sociale ed economico tra le zone ricche e le zone povere del continente, così come tra le sociali possidenti e quelle sfavorite in seno ai singoli Paesi, con conseguenze a volte drammatiche.È soprattutto a causa della crisi che le posizioni in favore degli interessi nazionali, regionali e corporativistici guadagnano consensi nell’opinione pubblica europea, anche tra le sociali più deboli, e rischiano di manifestarsi con forza alle elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno. Bisogna tenere presente e analizzare queste posizioni che si oppongono chiaramente a una società equa e solidale, e combatterle con forza.

Queste posizioni si manifestano soprattutto contro i migranti, europei e non, persone vulnerabili e in difficoltà, e questo accade là dove cercano lavoro e dunque dignità, ma anche nei loro Paesi d’origine. Contro tutte queste spinte a ripiegarsi su di sé, le forze sociali e politiche democratiche e le istituzioni, prima di tutto l’Unione Europea, devono intervenire attivamente con una politica di accoglienza e integrazione.Affinché in Europa le cose prendano un nuovo corso è necessaria una politica economica alternativa a quella attuale che obbedisce solo alla logica dei rapporti di forza e della difesa dei potenti interessi costituiti.Constatiamo con inquietudine che per una nuova Europa:- la politica estera del nostro continente, senza reale visibilità, è molto debole nei confronti dei Paesi del Mediterraneo e del Sud, e incapace di agire per la pace secondo criteri di giustizia nelle zone di crisi (Medio Oriente);- dopo la caduta del muro di Berlino, le forze armate hanno conservato e rafforzato il loro potere, nel silenzio complice dell’opinione pubblica, producendo un grande spreco di risorse che potrebbero essere utilizzate per la società, mentre il commercio delle armi si intensifica. Ordigni nucleari sono ancora presenti in Europa e il disarmo nucleare è bloccato;- i poteri delle reti mafiose, grazie al loro carattere globalizzato, aumentano e si rafforzano;- l’azione politica a favore dell’educazione, della cultura e dell’ambiente non è affatto una priorità.

Illuminati dal Vangelo di Gesù pensiamo che sia nostro dovere parlare e agire nell’ambito individuale e collettivo, perché questa situazione viola i valori etici, di solidarietà e di impegno per la pace fondati sulla dignità delle donne e degli uomini, sul rispetto che è loro dovuto, sui diritti che ne derivano e sulla giustizia: valori che trovano le loro radici e la loro fonte nella nostra fede.Per questo constatiamo con disappunto che la nostra Chiesa, ai vertici delle sue strutture, nazionali o europee (Comece-Commissione degli Episcopati della Comunità Europea e Ccee-Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa), non reagisce davanti alla gravità della situazione con la passione, l’apertura, la collegialità e l’efficacia che dovrebbero caratterizzarla nei suoi rapporti con la società civile e le istituzioni affinché siano il riflesso dell’insieme della Chiesa. Ma ci sono tanti cittadini cattolici che si impegnano con convinzione anche se alcuni hanno, a volte, una visione che si limita all’assistenza, provvisoriamente necessaria certo, ma che deve essere superata da una visione e un’azione politica globale che tenda a renderla temporanea.

Siamo anche convinti che i responsabili della Chiesa cattolica non debbano in alcun modo difendere i loro privilegi o giocare, nella società e nelle istituzioni nazionali o europee, un ruolo che offuschi il messaggio evangelico di Gesù, trasformando il servizio in potere. Come ai tempi del regime di cristianità che è scomparso e del quale non dobbiamo essere nostalgici.Noi, cittadini e cittadine, cristiani e cristiane di base – tra cui molti che si collocano all’interno della Chiesa cattolica alla quale appartengono rifiutando tutto ciò che assomiglia a un veto o a un ostacolo da parte della gerarchia – dobbiamo promuovere azioni affinché tutti i credenti di differenti religioni agiscano insieme e affinché il cammino approntato dal nostro continente in questo inizio XXI secolo possa cambiare direzione e permetta di collaborare con i grandi Paesi emergenti, al di là delle vecchie egemonie e delle opposizioni est-ovest, nord-sud.È con questi sforzi che dignità, rispetto reciproco, giustizia e pace avranno più possibilità di giungere infine a guidare l’umanità.

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Nasce nel 1991 dalla convergenza di associazioni, comunità e gruppi di cristiani del vecchio continente, uniti dalla visione di una Chiesa profetica, ecumenica, solidale, amorevole, e dalla volontà di agire per la pace, la giustizia, la libertà, i diritti umani e la democrazia, anche dentro la stessa Chiesa cattolica. A distanza di più di 20 anni la Rete raccoglie aderenti, perlopiù cattolici, provenienti da una quindicina di Paesi europei che si riuniscono in Assemblea con scadenza annuale.Per ulteriori informazioni: www.european-catholic-people.eu.