Otto per mille: referendum dei radicali per eliminare la ripartizione delle quote non espresse

Luca Kocci
Adista Notizie n. 23/2013

È uno degli aspetti più controversi e discutibili del sistema dell’8 per mille: il meccanismo in base al quale le quote “non espresse” – ovvero quelle che non vengono destinate esplicitamente, perché il contribuente non ha firmato per nessuna delle sei confessioni religiose che accedono ai fondi né per lo Stato – vengono ripartite proporzionalmente agli altri in base alle firme ottenute. Una procedura che premia i più forti che, incassando le quote non espresse, raddoppiano i loro introiti.

I cittadini che decidono la destinazione dell’8 per mille sono infatti meno della metà dei contribuenti (circa il 45%). Tutti gli altri (il restante 55%) lasciano la casella in bianco ma la loro quota di 8 per mille – che viene comunque detratta – è ripartita proporzionalmente in base alle scelte di coloro che hanno firmato. In tal modo, per esempio, la Chiesa cattolica, nel 2013 ha ottenuto l’82,01% delle preferenze di coloro che hanno scelto una destinazione per l’8 per mille (sulla base delle dichiarazioni dei redditi del 2010) ed ha incassato non solo l’82,01% dell’8 per mille di chi ha scelto, ma anche l’82,01% dell’8 per mille di chi ha lasciato la casella in bianco, aumentando così l’introito di più del doppio di quanto avrebbe percepito sulla base solo delle scelte espresse (v. Adista Notizie n. 21/13).

Lo stesso, ovviamente, vale anche per le altre confessioni (tranne la Chiesa Battista, che ha scelto di non partecipare alla ripartizione delle quote non espresse, e le Assemblee di Dio, che hanno deciso di devolvere allo Stato la quota non esplicitamente destinata che però gli sarebbe spettata), sebbene con percentuali notevolmente inferiori a quelle della Chiesa cattolica.

Questo meccanismo potrebbe ora essere rivisto se avesse successo uno dei sei quesiti referendari promossi dai Radicali italiani che, lo scorso 7 giugno, hanno avviato la raccolta delle firme (ne servono 500mila da depositare in Cassazione entro settembre per poter celebrare il referendum). «Volete che sia abrogata la legge 20 maggio 1985, n. 222, limitatamente all’articolo 47, terzo comma, limitatamente al secondo periodo: “In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse?”» recita il quesito referendario.

«Vogliamo che la quota relativa alle scelte non espresse sull’8 per mille (attualmente più del 50% del totale, circa 600 milioni di euro l’anno) rimanga in capo al bilancio generale dello Stato», spiegano i Radicali, che dicono di voler «restituire l’effettiva libertà di scelta ai cittadini». Se il referendum fosse ammesso e poi ottenesse la maggioranza dei consensi, verrebbe abrogata la disposizione che prevede che anche la quota di chi non esprime alcuna indicazione sia ripartita tra le confessioni religiose.

E tale quota resterebbe interamente allo Stato. «Non si arrecherebbe alcun danno alle attività caritatevoli (il principale argomento utilizzato dai vertici della Cei, principali beneficiari della ripartizione delle quote non espresse, ndr) – aggiungono i Radicali –, visto che il fondo 8 per mille si è moltiplicato per cinque negli ultimi 20 anni, arrivando alla cifra record di un miliardo l’anno».

Quello sull’8 per mille fa parte di un pacchetto di sei referendum (“Cambiamo noi”) sui quali i Radicali hanno avviato la raccolta delle firme. Gli altri cinque riguardano temi sociali, civili e politici: divorzio breve, per eliminare l’obbligo dei tre anni di separazione obbligatoria prima di ottenere il divorzio; immigrazione (due quesiti), per abrogare il reato di clandestinità e per eliminare le norme che incidono sulla “clandestinizzazione” e precarizzazione dei lavoratori migranti; droghe, con l’eliminazione delle pene detentive in carcere per i reati di lieve entità, come la coltivazione domestica, il possesso e il trasporto di quantità medie, ecc.; finanziamento ai partiti, per abolire il finanziamento pubblico dei partiti e i rimborsi elettorali truffaldini.

Oltre a questi, i Radicali italiani hanno anche depositato altri cinque quesiti referendari per una “giustizia giusta” riguardanti: la responsabilità civile dei magistrati, il rientro nelle funzioni proprie dei magistrati fuori ruolo, la separazione delle carriere dei magistrati, l’abuso della custodia cautelare, l’abolizione dell’ergastolo.