Resistere, resistere, resistere. Ma la Chiesa dov’è?

Maurizio Mazzetto *
Adista n. 23 del 22/06/2013

A Vicenza, la battaglia per il No al Dal Molin non si è arrestata. Nonostante, dall’estate scorsa, si veda ormai compiuta la costruzione della nuova base militare statunitense, alcuni cittadini e gruppi – in particolare Sì-Amo Vicenza, le Donne in rete per la pace, il Presidio permanente No Dal Molin e i Cristiani per la pace (di cui fanno parte, fra gli altri, Pax Christi e la Comunità Papa Giovanni XXIII) – stanno continuando ad operare.Dopo il primo digiuno collettivo promosso dai Cristiani per la pace di Vicenza nel settembre 2012 (v. Adista Notizie n. 35/12), se n’è svolto un altro, dal 7 al 9 dicembre scorso, durante il quale vi sono state varie raccolte di firme contro la base, l’Ora di silenzio per la pace, diversi incontri con il sindaco e con il prefetto, dibattiti, riflessioni e mostre.

L’8 dicembre, poi, si è svolta, a ridosso della nuova base militare, un’importante e significativa azione artistico-civile, promossa da Alberto Peruffo, dal titolo “Vergogna. Vicenza, patrimonio vergognoso dell’Unesco”, con l’accensione di diversi fumogeni rossi collocati davanti a croci bianche (in ricordo dei morti nelle guerre). È stata visibile da varie parti della città. «Vicenza, che nel 1994 ha ricevuto questo marchio per meriti storico-culturali, che avrebbero potuto generare conseguenze economiche virtuose, ha venduto la sua virtù in cambio di non si sa bene cosa», si legge nell’appello di Peruffo diffuso in quell’occasione. «Compensazioni? Economia di genere? Turismo paramilitare? La virtù di Vicenza è stato l’urbanesimo, di cui si voleva fosse esempio al mondo, e il lascito palladiano. Io immagino che a tutti, artisti e persone, esca fumo rosso dalle orecchie. La Terra stessa immagino irata. E fumante. Rossa di rabbia, direttamente proporzionale alla vergogna che riverseremo ad eternum su chi ha la colpa di avere trasformato una città culturale in una città militare».

Era il giorno dell’Immacolata Concezione: «Il rosso nel giorno del bianco», recitava l’appello.Lo scorso 16 aprile Alberto Peruffo ha ricevuto una lettera da parte della presidenza dell’Unesco, a cui ci si era da tempo rivolti, nella quale si afferma: «La prego di considerare che, seguendo la Convenzione del patrimonio mondiale, ogni Stato firmatario di questa Convenzione è in carico del dovere di assicurare la protezione e la conservazione del patrimonio culturale e naturale situato nel proprio territorio». Vicenza, quindi, è “monitorata” e in futuro, come peraltro è già capitato ad altre città, potrebbe essere esclusa dal Patrimonio mondiale dell’Unesco.

Ancora il 4 maggio scorso si è vissuta una giornata particolarmente intensa. Ecco la cronaca e il commento di Alessio Mannino, direttore di Nuova Vicenza: «Oggi doveva aprire le porte ai vicentini la base Dal Molin (o Del Din, così ribattezzata per cancellare fin dal nome la memoria del no alla sua costruzione). Allarmati dai bellicosi annunci di contestazioni, i titolari statunitensi hanno rinunciato all’open day. Così si svolgerà soltanto il corteo del Presidio No Dal Molin e altre manifestazioni, come quella dei Cristiani per la Pace al Villaggio statunitense, per mandare ai militari Usa il segnale che un irriducibile manipolo di oppositori c’è ancora.

La sfilata passerà anche sotto la Prefettura, sede del governo, che nel 2008 venne violata dai no base incatenatisi alle sue scale, azione per la quale, proprio l’altro ieri, in 26 sono stati condannati ad una media di cinque mesi di reclusione con la condizionale».Per questa giornata di apertura della base ai cittadini di Vicenza, il movimento di resistenza aveva ritrovato una forte unità, mentre sul settimanale diocesano La Voce dei Berici (28 aprile) appariva un articolo nel quale, tra l’altro, si riferiva della visita di alcune di studenti della città alla nuova base, complice un sacerdote diocesano che talora celebra alla Caserma statunitense Ederle: «Penso sia utile farli sentire i benvenuti come comunità collettiva, sono parte della diocesi», affermava il sacerdote. Mentre in un articolo a firma di Romina Gobbo si leggeva: «Non è più tempo di contestazioni. (…) Come giornale ci siamo interrogati. Qual è il significato di questa presenza? La dobbiamo considerare per forza altro da noi? Abbiamo scelto la via dell’inclusione».

Per aggiungere poi: «Cercare di capire non significa abdicare alla nostra tensione alla pace».Sempre nella Voce dei Berici nelle settimane successive sono state pubblicate lettere di protesta rispetto alle cronache del settimanale diocesano. In particolare gli attivisti di Pax Christi Vicenza hanno scritto: è «particolarmente imbarazzante la notizia secondo la quale alcuni studenti delle scuole superiori vicentine hanno visitato gli spazi della nuova base. Addirittura alcuni di essi sono stati accompagnati (orgogliosamente traspare fra le righe dell’articolo) da preti. Noi di Pax Christi riteniamo che sia grave responsabilità la contaminazione didattica con la promozione di una cultura di guerra in cui il soldato è proposto come colui che diffonde la pace e sacrifica la vita, sorvolando sul fatto che lo fa con le armi in pugno, imparando ad eliminare l’altro».

Il direttore, Lauro Paoletto, ha risposto, mantenendo la solita linea ambigua e contraddittoria: «Riaffermati gli errori, le responsabilità, il rifiuto delle armi come strumento di morte, crediamo che non ci si possa fermare qui», si legge nella sua replica. «Anche rispetto alla questione Dal Molin (oggi Del Din) e più in generale degli armamenti occorre ricordare che la stessa fede può animare progetti politici diversi (anche con riferimento al perseguimento della pace)».

Insomma, si rifiutano «le armi come strumento di morte» e si accettano le basi militari, che mi sembra siano fatte apposta per ammassare ed usare le armi. Inoltre, e più in generale, a me pare che se si sostiene che la pace si può raggiungere per la via armata e per quella disarmata («progetti politici diversi»), cosa c’è di nuovo nel pensiero e nella pratica della Chiesa? Sostanzialmente nulla. Rimane aperta, infine, la questione dei cappellani inseriti nella struttura dell’Esercito: una questione cui la Chiesa non vuole ancora mettere mano. Per il mese di luglio è prevista l’inaugurazione ufficiale della base militare. E i diversi gruppi si stanno già organizzando per la protesta. Mentre, in agosto, proprio a Vicenza (e sull’Altipiano di Asiago) si svolgerà il primo Campo internazionale dei giovani di Pax Christi. La resistenza, anche dei cristiani, continua.

* Parroco a Vicenza, fa parte di Pax Christi