Lampedusa terra di Dio

Citto Saija
www.nuovosoldo.it

Scrivendo (il 2 luglio) di un giovane marocchino disteso morto sulla spiaggia del nostro villaggio Paradiso tra l’indifferenza dei bagnanti, parlavo della “disumanità globalizzata” che avvolge il nostro pianeta.
Mi sono confermato in questa idea ascoltando le accorate parole di papa Francesco, pellegrino in quella terra di Dio che è la nostra isola di Lampedusa ma anche la piccola Linosa.

Papa Francesco è arrivato alla fine dell’Europa, quasi già in terra africana, per piangere i morti annegati nel Mediterraneo e per esprimere solidarietà alle sorelle e ai fratelli che arrivano dall’Africa e ai lampedusani che li accolgono in quell’isola scoglio di salvezza.

E’ arrivato nell’isola, solo, senza i “gentiluomini” che sono stati già aboliti, senza il codazzo di politici vanagloriosi e incapaci, senza “principi della Chiesa” e con una corona di crisantemi affidata alle acque del mare nel ricordo delle vittime della malapolitica dei Paesi cosiddetti “sviluppati”, mentre i giornalisti della Rai con la pelle bianca continuano, con un linguaggio quasi coloniale, a definire “di colore” gli uomini con la pelle scura.

Ad attendere il papa, i lampedusani e i turisti che si trovano nell’isola, gli immigrati presenti, la sindachessa, il parroco e l’arcivescovo di Agrigento padre Franco Montenegro.

Dall’altare al leggio, dal pastorale al calice, tutto è stato costruito da un bravo artigiano locale con il legno riciclato dei barconi impregnati di sofferenza, di dolore e di morte.

Quello del papa è stato un grido che si è trasformato in accuse e autocritiche precise. Accuse ai politici ma anche ai cristiani e alle stesse Chiese.

Penso ai tanti tromboni della politica, che si definiscono cristiani o cattolici e che ipocritamente si battevano perché, nella costituzione europea, si facesse cenno alle radici cristiane.

I morti in mare o le persone detenute di fatto nei centri di accoglienza gridano a Dio e interpellano la coscienza di ciascuno di noi e soprattutto quella dei politici che ignorano la realtà disumana del mondo di oggi.

Il papa argentino ( figlio di emigranti italiani ) ha parlato proprio della “globalizzazione dell’indifferenza”, fondandosi sulla Parola di Dio, sulla Bibbia, sulla storia di Adamo e di Caino e Abele, sulla strage degli innocenti voluta dal potere e che continua fino ai nostri giorni.

Ciò che non riesco a comprendere è l’ipocrisia generale. Tutte le testate giornalistiche applaudono le parole del papa, tutti i politici condividono, quasi anime innocenti, le parole dure, sia pure nella tenerezza del linguaggio, usate dal vescovo di Roma.

Guai a voi, leggiamo nel Vangelo, “scribi e farisei ipocriti”, sepolcri imbiancati che non avete compassione per i vostri simili! E per restare al nostro Paese ( ma potremmo anche parlare dell’Europa ), i legislatori ( cioè il Parlamento ) hanno fatto sempre brutte leggi sull’immigrazione considerando gli immigrati come “clandestini” da rinchiudere in gabbie ( come a Mineo in Sicilia ), da ammassare in locali maleodoranti e da respingere o espellere.

Al fondo del discorso del papa vi è un principio fondamentale che anni fa in Italia, l’abate benedettino dom Giovanni Franzoni, descriveva in un piccolo opuscolo dal titolo “La terra è di Dio”. Papa Francesco ha esaltato il principio dell’accoglienza che si fonda su quel diritto cosmopolitico e quindi umanitario di cui parlava anche Kant nella sua opera “Per una pace perpetua”.

Ma torniamo al discorso sull’indifferenza. Sembra che nessuno sia colpevole per la morte di migliaia di persone e per le sofferenze che ai superstiti vengono quotidianamente inflitte. Su questo punto il papa è stato di una chiarezza estrema quando si è chiesto su “chi ha pianto pere le persone che erano nella barca, per le mamme con i bambini” e poi ha parlato di una “società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del patire con…”.

Di grande apertura agli altri, ai fedeli di altre religioni, è stato il saluto, nel dialetto dell’isola, ai fratelli musulmani per la festa del Ramadan.

Per i musulmani il Ramadan è il mese dedicato solo a Dio, attraverso la preghiera e il digiuno, la penitenza.
E il papa ha voluto salutare i musulmani, morti nel Mediterraneo o vivi in Italia e nel mondo con una espressione del dialetto di Lampedusa piena di significato: “O’ Scià”.

L’espressione significa “mio fiato o mio respiro” ma anche “mia anima o mia vita”. Anche nel dialetto messinese esiste la stessa espressione, ormai desueta, “ciatu mei” che significa sempre “anima mia, mio respiro, gioia mia”. Una frase che giovanissimo ho ascoltato da una donna anziana che piangeva sul corpo del figlio morto ancora giovane.

Nel saluto del papa ai musulmani ho rivisto quella scena. Il papa ha parlato come una madre, come l’Addolorata sul corpo del Figlio che vediamo soprattutto qui in Sicilia nelle tante processioni con la Pietà nel venerdì santo della Pasqua. Papa Francesco, consapevolmente, si è calato dentro la cultura del nostro popolo incarnando e vivendo la fede non intellettualisticamente ma in mezzo agli uomini, agli ultimi, nella carne viva del Popolo di Dio che non è fatto solo dai cristiani.

Dopo gli entusiasmi, tutto tornerà come prima? Insieme con il papa è arrivata una barca con 166 persone e dopo ne sono arrivate altre e continueranno ad arrivare. Sono necessarie nuove leggi che garantiscano l’accoglienza e la giustizia. Le emozioni durano solo qualche giorno. Un’altra politica è necessaria ed è possibile.

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Tutti pazzi per il papa: dai marxisti ratzingeriani agli agnostici bergoglisti

La redazione Uaar
www.uaar.it

È indubbio che Jorge Maria Bergoglio abbia dei tratti umani che lo portano a compiere gesti non banali, quantomeno per un papa, e che abbia un approccio alla sofferenza e alla povertà assai diverso dai suoi predecessori. La visita a Lampedusa ne costituisce forse una conferma definitiva: l’eco che ha raccolto è stato vasto, non solo in Italia. Qui è stato certo ingigantito dalla papolatria di numerosi mezzi di informazione. E non, a giudicare dalle reazioni. Si può dire che il papa ha successo soprattutto quando non fa il papa: la recente enciclica dal contenuto scontato e dalla paternità incerta è stata infatti già dimenticata. Invece il ricordo della visita a Lampedusa ha tutta l’aria di durare a lungo, pazienza se non darà risultati concreti: gli sbarchi sono ripresi già l’indomani. Né risulta che lo Stato della Città del Vaticano abbia intenzione di rimettere mano sollecitamente alla sua legislazione sulla cittadinanza, una delle più restrittive e severe. Difficilmente, anche per questioni logistiche, il Vaticano accoglierà mai profughi per i quali lancia appelli all’accoglienza.

In fondo, chi si ricorda delle conseguenze che produsse la visita che due anni fa Silvio Berlusconi compì nella stessa Lampedusa, annuncio dell’acquisto della villa compreso? Eventi di questo tipo restano impressi non per i loro effetti, ma perché colpiscono l’immaginario collettivo. I giornalisti lo sanno molto bene. I politici anche. Non stupiscono dunque le critiche di Fabrizio Cicchitto, del Pdl. “Pregare non è governare”, ha rinfacciato al papa. È vero. Ma era vero anche quando si inchinava con i parlamentari a papa Ratzinger e alle sue frequenti uscite contrarie ai diritti civili. Per lo stesso motivo, non stupiscono nemmeno i plausi alla visita a Lampedusa piovuti dalla sinistra. Non fa niente se i due papi dicono le stesse cose.

L’unica differenza, infatti, è che Ratzinger enfatizzava maggiormente gli aspetti teologici e quindi interveniva più spesso su temi laici e politici. Mentre Bergoglio ha un piglio pastorale, le sue parole toccano sovente questioni predilette dalla sinistra. Il che non significa che a Bergoglio facciano difetto i riconoscimenti da destra (vedi Giuliano Ferrara, anche se non in questa occasione) e che a Ratzinger siano mancati gli applausi da sinistra. Come dimenticare i marxisti ratzingeriani? Tronti ha fatto anche carriera, è tornato in Parlamento con le ultime elezioni, da senatore del Pd. O come dimenticare Stefano Fassina, che esaltava il pensiero di Ratzinger per rinvigorire il Pd? È diventato viceministro dell’Economia.

Oggi abbiamo invece Luca Telese su Linkiesta, orgoglioso di iscriversi tra gli “agnostici bergoglisti”. La sua critica è rivolta alla destra che ha voluto la legislazione restrittiva contro l’immigrazione, in particolare ai leghisti come Luca Salvini che ora criticano “il gesto del papa elogiando allo stesso tempo il papa”. Ma sostiene anche che “questo Bergoglio non è un problema per la destra, ma, a ben vedere, per la sinistra”, al suo afflato progressista e ideale spesso dimenticato: “non crea problemi a chi si oppone al messaggio della speranza, ma soprattutto a chi si era disabituato a crederlo possibile”. “Il bergoglismo fa invecchiare le mezze misure e i brodini, i compromessi con la coscienza, i vorrei-ma-non-posso”, mentre “tutti i politici progressisti (con la lodevole eccezione della presidente della Camera Laura Boldrini)” si sono tenuti lontani da Lampedusa.

Il discorso di Bergoglio a Lampedusa è condito di riferimenti che fanno leva sul consueto lirismo cristiano, un mea culpa globale per riflettere sulle sofferenze dei tanti che emigrano. Ma per molti potrebbe essere solo un modo per assolversi pagando lo scotto del proprio senso di colpa ostentato in pubblico, senza concretamente far nulla. Ci stiamo “abituando alla sofferenza”, ha detto il papa. Ma fino a prova contraria la storia dell’umanità è stata un susseguirsi di accoglienze negate e gli stessi “aiuti umanitari” sono un fenomeno recente, limitato a paesi ampiamente secolarizzati. Ma cosa fecero, la Chiesa cattolica e i suoi missionari, per le sofferenze inflitte dai “migranti” europei nei confronti dei nativi americani di cui benedicevano la colonizzazione, lo sfruttamento, le conversioni forzate “a fin di bene” e lo sterminio, a parte qualche lodevole eccezione come Bartolomeo de Las Casas?

In fondo è proprio la modernità in generale e la “cultura del benessere” – criticata dal papa perché porta alla “globalizzazione dell’indifferenza” – che ci permettono non solo di farci una cultura, informarci su quello che accade nel mondo, ma anche di prendere coscienza della sofferenza altrui oltre il nostro limitato orticello e di agire con mezzi concreti (e non preghiere o pietismi). Siamo oggi più sensibili ed empatici rispetto alle disgrazie altrui, sebbene ciò sembri controintuitivo, perché percepiamo più spesso come intollerabili violazioni ai diritti e alla dignità umana. Proprio perché viviamo meglio, abbiamo dei diritti, siamo interconnessi con il resto del mondo.

Papa Bergoglio ha anche sostenuto che dobbiamo “perdonare” i migranti. Per che cosa, non si è ben capito. Perché le condizioni economiche dei loro paesi sono quello che sono? Ma quelle condizioni sono anche figlie di quella sovrappopolazione che la dottrina cattolica promuove esplicitamente. Perché l’accoglienza non è stata adeguata, in questi anni? Ma non è stata gestita da governi che sono stati tutti benedetti dalla Chiesa e che hanno sempre ostentato clericalismo, rivendicando la difesa dei “sacri confini” contro l’invasione di orde di barbari?

Per quanto ci riguarda, un papa come Bergoglio potrebbe in teoria andare anche bene. Enfatizzando certe tematiche di cui non ci occupiamo, non ha tempo per stigmatizzare quelle che riguardano i nostri scopi sociali. Sappiamo però fin troppo bene che ci sarà qualcun altro che farà il lavoro sporco in sua vece. Dalla sua elezione nessun gerarca cattolico, in nessuna parte del mondo, ha modificato di una virgola il proprio atteggiamento di totale chiusura nel confronto del riconoscimento di diritti riproduttivi alle donne, di diritti familiari agli omosessuali, della libertà di espressione per i non credenti. Non sono pochi quelli che vedono in Bergoglio una mera strategia di immagine per coprire il marcio della Chiesa. Stanno però ammettendo che è un tipo di marketing che rende. Luca Telese ve lo confermerà.

Bisognerebbe discutere razionalmente dei limiti all’accoglienza, che ovviamente non può essere illimitata, di come fare affinché pericolosissime traversate non abbiano più luogo e di come si possano garantire condizioni di vita dignitose a ogni essere umano. Ma con questi politici, questi mezzi di informazione e questi leader religiosi, l’impresa appare realmente disperata.