Caro Papa, ascolta il Brasile in lotta

Frei Betto
www.ilfattoquotidiano.it

Caro papa Francesco, il popolo brasiliano la aspetta con braccia e cuore aperti. Dopo la sua elezione
il papato ha una faccia più allegra. Lei ha rinnovato la speranza che la Chiesa cattolica si riavvicini
al Vangelo di Gesù e si allontani dalla monarchia che domina il Vaticano. I suoi primi gesti ci hanno
commossi.

Quel tornare nell’albergo tre stelle per pagare il conto subito dopo l’elezione a pontefice;
quel decidere di vivere nella Casa di Santa Marta, alloggio per ospiti, e non nella Casa Pontificia
che somiglia a un palazzo di principi; quel mangiare alla mensa dei funzionari senza un posto
d’onore, cambiando tavolo di volta in volta; quel liberarsi di un sacerdote del Banco Vaticano finito
in galera perché coinvolto nel traffico oscuro di 20 milioni di euro, insomma tutto questo fa sì che
ogni fedele la senta più vicino.

E il viaggio a Lampedusa, dove si aggrappano gli emigranti in fuga dalle miserie africane, più di
ventimila morti nel disinteresse dell’Europa: le sue parole hanno condannato la globalizzazione
dell’indifferenza.

Un Brasile diverso la aspetta nella Giornata Mondiale della Gioventù: i nostri ragazzi inondano le
strade con le loro rivendicazioni soprattutto con la speranza di un paese e di un mondo migliori. Le
nostre autorità ecclesiali e civili non hanno previsto di lasciarla dialogare per lungo tempo coi
giovani accorsi per ascoltarla. Secondo i programmi ufficiali avrà molti più contatti, incontri,
confronti con chi ci governa e chi dirige la Chiesa e dialoghi ristretti coi protagonisti della giornata
mondiale.

Succede proprio nel momento nel quale il nostro popolo vive la democrazia diretta
agitando le strade mentre gli organizzatori hanno deciso di chiuderla in saloni e palazzi. Si dice che
i suoi discorsi siano oggetto di revisioni per tenere conto dei clamori della gioventù brasiliana.
Sarebbe stupendo – è la speranza – se lei rovesciasse i programmi che le hanno preparato per
dedicare buona parte della visita al dialogo coi ragazzi.

Un esempio: che senso ha che lei benedica nel municipio di Rio le bandiere dei Giochi Olimpici e
Paralimpici, avvenimenti sportivi al di fuori e al di sopra di ogni diversità religiosa, culturale,
etnica, nazionale, politica? Perché il capo della Chiesa cattolica deve simbolicamente consacrare le
bandiere di due avvenimenti che non hanno niente di religioso pur simboleggiando valori evangelici
che trascendono le divergenze e promuovono la pace? Forse il solo momento di fraternizzazione fra
atleti della Corea del Nord e degli Stati Uniti.

Che reazione potrebbero avere i cattolici se le bandiere fossero state consacrate da un rabbino o da un’autorità musulmana? Al momento della sua elezione lei ha annunciato alla moltitudine riunita in piazza San Pietro che i cardinali erano andati a cercare un papa “alla fine del mondo”.

Sarebbe bello se il suo pontificato rappresentasse l’inizio di un nuovo tempo per la Chiesa Cattolica liberata da moralismo, clericalismo, diffidenza verso la postmodernità. Chiesa che metta fine al celibato obbligatorio per i religiosi, alla proibizione dei contraccettivi, all’esclusione delle donne dal sacerdozio. Chiesa che reincorpori al ministero sacerdotale i preti sposati, che dialoghi senza arroganza con le tradizioni religiose diverse, una Chiesa aperta alle scoperte della scienza, una Chiesa che nel nome del Cristo denunci le cause di miseria, disuguaglianze sociali, flussi migratori, devastazione della natura. I ragazzi che la aspettano in Brasile sperano che la Chiesa diventi una comunità allegra ed amica, senza lussi ed ostentazioni ma capace di riflettere il volto del ragazzo di Nazaret illuminato da un amore fraterno.

Benvenuto in Brasile, papa Chico. Se gli argentini sono giustamente orgogliosi di avere un compaesano successore di Pietro, vorrei dirle che noi la accogliamo sapendo che Dio è brasiliano.