Un cinguettio ci perdonerà…

Giuseppe Rissone
www.vociprotestanti.it

Se dico indulgenza, la vostra mente assocerà questa parola alla disposizione a perdonare, a scusare, a concedere; un altro collegamento riguarda la dottrina della chiesa cattolica, che si può brevemente riassumere nella possibilità di cancellare le conseguenze di un peccato con il pentimento e perdonarlo tramite la confessione. Parlare oggi a favore o contro l’indulgenza può sembrare fuori luogo, come qualcosa di superato da importanti fatti storici.

E’ di questi fatti storici facciamo un breve e propedeutico accenno; nei secoli dal XIV al XVI l’uso delle indulgenze si era ampiamente diffuso e s’introdusse la possibilità di ottenerle con un’offerta in denaro, con il passar del tempo il tutto degenerò e il confine tra la dottrina originaria e la truffa e la pretesa di alcuni regnanti diventò molto labile, il papato per arginare lo scandalo cercò in alcune occasioni di emanare regole restrittive, il Concilio Lateranense V, convocato a Roma nel 1215, da papa Innocenzo III, decretò che:

con indulgenze irragionevoli ed eccessive, che alcuni prelati concedono senza ritegno, si getta il disprezzo sul potere della chiavi della Chiesa e viene a perdere ogni forza la soddisfazione penitenziale

Si deve arrivare al Concilio di Trento, aperto da papa Paolo III nel 1563, per sancire quanto segue:

nel concedere tali indulgenze si usi moderazione per evitare che la troppa facilità nel concederle indebolisca la disciplina ecclesiastica. Desiderando poi emendare e correggere gli abusi che vi si annidano e in forza dei quali la bella parola indulgenza viene bestemmiata dagli eretici, col presente decreto stabilisce in generale la completa abolizione di tutti gli indegni traffici di soldi fatti per ottenerle.

Questa dichiarazione non è comprensibile se non si conosce quello che è accaduto cinquant’anni prima a Wittemberg, dove il principe Federico aveva impiantato la pratica della vendita delle indulgenze, avendo ottenuto da Roma il permesso di esercitarla una volta l’anno il giorno di Ognissanti. In tre occasioni nell’anno 1516, parlò contro le indulgenze il monaco agostiniano Martin Lutero, affermando che il semplice pagamento non poteva garantire il reale pentimento dell’acquirente né che la confessione del peccato costituisse di per sé una sufficiente espiazione.

L’anno seguente un altro esempio di vendita delle indulgenze dalle amplissime ramificazioni richiamò l’attenzione di Lutero; il principe Alberto di Brandeburgo, anche arcivescovo di Magonza, incaricò il monaco domenicano Johann Tetzel di predicare le indulgenze nei suoi domini. Tale predicazione era accompagnata da stravaganti asserzioni, di cui Lutero ne citò una nelle sue tesi:

“come il soldino nella cassa risuona, ecco che un’anima il purgatorio abbandona“.

Lutero giudicò la predicazione di Tetzel assurda sotto ogni punto di vista e decise di contrastarla per iscritto, e il tutto si manifestò con l’affissione sul portone della chiesa di Wittenberg, il 31 ottobre 1517, delle famose 95 Tesi riguardanti il valore e l’efficacia delle indulgenze. Il testo era indirizzato proprio all’arcivescovo Alberto, a cui Lutero intendeva mostrare il pessimo comportamento del suo incaricato Tetzel.

A distanza di cinquecento anni si può dire che in ambito cattolico questa dottrina è stata superata? La risposta è negativa, perchè seppur con notevoli differenze l’impianto non cambia.

Per provare a fotografare la situazione si potrebbe intitolare il tutto con “le indulgenze della strana coppia”; andiamo con ordine, papa Benedetto XVI ha indetto un Anno della fede, che ha preso il via l’11 ottobre 2012, e terminerà il 24 novembre 2013, il 14 settembre 2012 con il decreto Die quinquagesimo dellaPenitenzieria Apostolica, il papa concede l’indulgenza plenaria ai fedeli che durante l’anno della fede partecipino ad almeno tre prediche durante le Missioni oppure assistano ad almeno tre lezioni sui documenti del Concilio Vaticano II o sul Catechismo della Chiesa Cattolica, visitino una basilica papale, una catacomba cristiana, una cattedrale o un altro luogo di culto stabilito dall’Ordinario diocesano per l’Anno della fede e ivi assistano ad una sacra funzione o almeno vi sostino in meditazione, concludendo le loro preghiere con la recita del Padre nostro, dellaprofessione di fede, le invocazioni alla Vergine Maria o ai santi patroni, partecipino in certi giorni stabiliti dall’Ordinario diocesano alla celebrazione eucaristica o alla recita della liturgia delle ore, aggiungendovi la professione di fede, in un giorno qualsiasi dell’Anno della fede visitino il luogo del proprio battesimo, rinnovandovi le promesse battesimali.

Il “collega” in carica fa un successivo passo avanti, tecnologicamente parlando, perché annuncia che concederà l’indulgenza plenaria su Twitter e sui social network. L’idea di papa Francesco è quella di concedere a coloro che non potranno recarsi a Rio per la Giornata Mondiale della Gioventù la possibilità di ottenere lo stesso l’indulgenza plenaria, attraverso la rete, facendo esultare coloro che sperano in uno sconto della pena da trascorrere in Purgatorio. A frenare gli entusiasmi ci pensa, però, Monsignor Claudio Maria Celli, che fa sapere che non basterà cliccare su internet, ma bisognerà capire col cuore e con l’anima il significato dei tweet che il Pontefice invierà dal Brasile, bisognerà crederci e sentire dentro le parole del papa e non solo condividere e mettere “Mi piace”.

A conclusione, è centrale comprendere se le indulgenze sono bibliche, secondo la chiesa cattolica assolutamente si, anche se è giusto ricordare che tradizione e testo sacro spesso e volentieri si fondono nel pensiero cattolico romano.

I passi biblici 1 Corinzi 3:10-15, Matteo 5:26 e Matteo 12:32, invito i lettori a leggerli o a rileggerli, non si concentrano su cosa accade dopo la morte, né danno un chiaro insegnamento su che cosa accade dopo essa. Interpretare questi versetti come se insegnassero che esiste un luogo di un’ulteriore espiazione e purificazione, contraddice apertamente molte affermazioni chiare nella Bibbia, secondo cui ci sono solo due luoghi dove si finirà dopo la morte:

“si starà o con il Signore in cielo” (2 Corinzi 5:8; Filippesi 1:21-23; 1 Tessalonicesi 4:13-18) o “fra i tormenti dell’inferno” (Luca 16:23-24;Apocalisse 20:10-15) perché “…è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27).