Con Francesco il grido mondiale di pace

Roberto Monteforte
l’Unità, 5 settembre 2013

«Si alzi forte in tutta la Terra il grido della pace!». Lo torna a chiedere con determinazione Papa
Francesco in vista della veglia di preghiera e di digiuno contro l’intervento militare in Siria indetta
per sabato 7 settembre. A questo appuntamento e alla causa della pace ha dedicato l’ultima parte
dell’udienza generale tenutasi ieri in una piazza san Pietro. «Sarà una giornata – ha spiegato – da
dedicare alla pace nel mondo, ma anche per la pace nei nostri cuori, perché la pace comincia nel
cuore».

Così alla vigilia del G20 di san Pietroburgo e del chiarimento tra il leader russo Vladimir
Putin e il capo della Casa Bianca, Barack Obama, il vescovo di Roma continua a richiamare
l’esigenza imprescindibile della pace, invitando la comunità internazionale a cercare percorsi
alternativi all’intervento armato in Siria. Papa Francesco chiama tutta la Chiesa e il mondo dei
credenti, gli aderenti alle altre religioni e gli uomini che hanno a cuore i destini della pace a «vivere
intensamente questo giorno».

Quel 7 settembre che sempre chiaramente si presenta come la sola
risposta «globale» di opposizione alle logiche di guerra. Papa Francesco come Giovanni Paolo II
che nel 2003 si oppose con tutte le sue energie alla guerra in Iraq voluta dal presidente George W.
Bush i cui effetti devastanti si stanno ancora pagando. «È la prima grande manifestazione di pace
contro la guerra in Siria e i drammatici sviluppi che si prospettano» ha osservato Flavio Lotti della
«Tavola per la Pace» invitando a partecipare alle iniziative di sabato prossimo. Ieri Papa Bergoglio
ha invitato le delegazioni di fedeli provenienti dall’Iraq, dalla Giordania e dall’Egitto presenti ieri in
piazza san Pietro ad essere testimoni di «fraternità, condivisione e opere di misericordia».

«La fede – ha assicurato loro – è una forza potente capace di rendere il mondo più giusto e più bello! Siate una
presenza della misericordia di Dio e testimoniate al mondo che le tribolazioni, le prove, le difficoltà,
la violenza o il male non potranno mai sconfiggere Colui che ha sconfitto la morte: Gesù Cristo».
«Solo l’impegno concorde di tutte le Nazioni può assicurare una soluzione pacifica del conflitto in
atto e la sicurezza nell’intera regione» ha affermato poi, ricevendo i capitani della Repubblica di
San Marino.

È un «impegno concorde» per la pace che va costruito attraverso il convincimento. Per questo oggi
l’«appello» del pontefice sarà presentato al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Ma
ha già fatto il giro del mondo. Ha mobilitato le comunità cattoliche, le associazioni, i movimenti e le
parrocchie, ma anche le Chiese ortodosse e protestanti, il mondo islamico e l’ebraismo che hanno
assicurato la loro adesione alla veglia di sabato 7 settembre. Messaggi arrivano dalle Chiese del
Medio Oriente. L’episcopato statunitense ha sollecitato i fedeli «a contattare i rappresentanti al
Congresso chiedendo loro di votare contro la risoluzione che intende autorizzare l’attacco militare».
Particolarmente significativo è stato il messaggio di adesione inviato al Papa dal Gran muftì di
Damasco, Ahmad Badreddin Hassou.

Ma sabato prossimo sarà giorno di preghiera e di digiuno anche per gli aderenti alle Comunità islamiche dell’Ucoii.
Lo annuncia il presidente, nonché imam di Firenze, Izzedin Elzir. Pregherà per la pace in Medio Oriente la comunità ebraica di Roma
e altrettanto faranno le comunità buddiste in Italia.

Ma sabato sera in piazza san Pietro o in iniziative organizzate altrove, al digiuno e alla
preghiera per la pace vi sarà una partecipazione trasversale di politici. Ha assicurato la sua presenza
la democratica Rosy Bindi. Aderiscono il leader di Sel, Nichi Vendola, gli esponenti di Scelta
Civica Mario Marazziti e Andrea Olivero e poi i ministri: quello alla Difesa, Mario Mauro, il
responsabile dei Trasporti, Maurizio Lupi, e quello della Pubblica amministrazione, Gianpiero
D’Alia.

Un invito alle donne «non solo cattoliche, ma anche cristiane non cattoliche, musulmane, credenti
di altre religioni e non credenti» affinché partecipino «con spirito laico e democratico nelle forme
che ciascuna sceglierà» all’iniziativa per la pace indetta da Papa Francesco è stato rivolto ieri da
alcune aderenti all’associazione delle donne «Se Non Ora Quando? – Libere». L’appello lo firmano
Antonella Anselmo, Anna Carabetta, Rita Cavallari, Cristina Comencini, Licia Conte, Antonella
Crescenzi, Ilenia De Bernardis, Fabrizia Giuliani, Francesca Izzo, Donatina Persichetti, Fabiana
Pierbattista, Annamaria Riviello, Simonetta Robiony, Serena Sapegno e Sara Ventroni.

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Anche gli ebrei pregheranno per la pace in Medio Oriente
di Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma

«Per le Comunità ebraiche di tutto il mondo i prossimi giorni sono occasioni solenni di preghiere, di
veglie, di digiuni. All’inizio dell’anno ebraico riflettiamo sulla debolezza della natura umana posta
davanti al giudizio divino che aspettiamo che sia misericordioso. I fatti tragici sulla scena
internazionale e in particolare nella regione vicina alla terra d’Israele ci colpiscono e danno un
significato ancora più sentito e attuale alle nostre preghiere. Dopo i due giorni del Capodanno,
questo sabato, chiamato tradizionalmente il sabato della Tesciuvà, del ritorno e del pentimento,
dedicheremo un’attenzione speciale ai drammi recenti e ai pericoli minacciati; in questo modo
saremo in sintonia con tutti coloro, che nello stesso giorno si riuniranno a pregare in difesa della
vita e della dignità umana». È questo il messaggio con cui il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni
assicura per sabato 7 settembre la simultanea preghiera degli Ebrei romani per la pace in Siria.

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A. Badreddin Hassou, Gram Muftì di Damasco:
Lavoriamo insieme per il futurodell’umanità

Alla giornata di preghiera e di digiuno per la pace di sabato 7 settembre aderisce anche il Gran
muftì di Damasco,AhmadBadreddin Hassou. Il leader spirituale dell’Islam sunnita loda l’iniziativa
del pontefice, la definisce «buona e per il bene per l’umanità». In una lettera inviata a Papa
Francesco tramite la nunziatura apostolica e pervenuto all’agenzia Fides scrive: «Lavoriamo
insieme per la pace». Se possibile in piazza san Pietro oppure nella grande moschea degli Omayyadi
a Damasco, assicura «che parteciperà alla giornata di digiuno e di preghiera per la pace nel suo
Paese». E propone alla Santa Sede di organizzare un meeting interreligioso per «fermare il fuoco di
quanti vogliono distruggere la terra di Abramo, di Mosè, di Gesù, di Maometto». «Restiamo, mano
nella mano – conclude il leader religioso sunnita – nel diffondere pace e sicurezza per tutti i popoli
del mondo, per contrastare gli estremisti e le divisioni su base della confessione religiosa o
dell’etnia».

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Politici e intellettuali a fianco del Papa. Digiuniamo tutti per costruire la pace

Paolo Rodari
la Repubblica 5 settembre 2013

«Si alzi forte in tutta la terra il grido della pace». È quanto ha chiesto ieri mattina papa Francesco al
termine dell’udienza generale del mercoledì. Il Pontefice ha rivolto un saluto alle popolazioni del
Medio Oriente, chiedendo ai fedeli cristiani, ai rappresentanti di altre fedi e a tutti «gli uomini di
buona volontà» di unirsi alla giornata di digiuno e preghiera per la Siria indetta per dopo domani in
piazza San Pietro. E in scia al Papa sono stati i vescovi cattolici degli Stati Uniti, per voce del
cardinale arcivescovo di New York Timothy Dolan, a chiedere che «i cattolici nel Congresso votino
“no” all’intervento in Siria». Un intervento atteso quello di Dolan, a fugare ogni dubbio su quale
posizione l’episcopato americano avrebbe preso.

Ieri, in piazza San Pietro, c’erano centomila persone ad ascoltare Francesco, ma sabato ne sono
previste molte di più. Le adesioni sono arrivate anche dai musulmani dell’Unione delle comunità
islamiche in Italia e da quelli delle Filippine. Oltre al Gran mufti di Siria, Ahmad Badreddin
Hassou, hanno espresso il desiderio di essere presenti in piazza San Pietro anche i buddisti italiani
dell’Istituto Sonia Gakkai e svariate personalità e comunità religiose. Ci sarà anche il ministro per
l’Integrazione Cecile Kyenge che fa sapere via Twitter: «Digiunerò per costruire assieme a voi e a
Francesco una pace oltre i confini e le frontiere». Kyenge era ieri in visita alla moschea di Roma
assieme al deputato del Partito democratico Khalid Chaouki che ha raccontato come i leader della
stessa Moschea hanno detto che l’iniziativa del Papa «dà un segnale di speranza di pace e hanno
condiviso appello e messaggio».

E ancora: i leader religiosi hanno «apprezzato l’operato del
ministro e il clima che si è creato con Papa Francesco». Aderisce all’iniziativa anche il neo-senatore
a vita, l’architetto Renzo Piano, che dichiara: «Sono pacifista, e per difendere la pace non mi fido
delle ideologie, né tanto meno dell’orgoglio nazionale. Normalmente nemmeno delle religioni, ma
questo è un caso diverso: perché l’iniziativa di papa Francesco parla un linguaggio laico».
All’appello del Papa si unisce Martin Schulz, presidente dell’Europarlamento, che dice: «La guerra
civile con più di 100mila morti e due milioni di sfollati è un immenso dramma umano. Condivido
appieno la preoccupazione del Santo Padre e mi unirò idealmente alle tante persone che saranno in
Piazza San Pietro questo sabato per invocare la pace in Siria». Mentre una richiesta pressante di
«fermare la guerra in Siria e riaprire il negoziato» è stata rivolta ai leader del G20 che si riuniscono
oggi a San Pietroburgo dalla Comunità di Sant’Egidio per voce di Andrea Riccardi. «Crediamo sia
necessario intervenire con decisione per spingere tutti gli attori sulla strada della soluzione
negoziale», scrive Riccardi.

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Sì al digiuno del sabato: è il no dei popoli alla guerra

Claudio Sardo
l’Unità 5 settembre 2013

Sì al digiuno del sabato per la pace. Accogliamo e rilanciamo l’appello di Papa Francesco, diventato
ormai un evento mondiale. Bisogna fermare la guerra in Siria.
Bisogna impedire che un attacco occidentale inneschi una reazione devastante e ingovernabile, nel
Medio Oriente e non solo. Bisogna aprire un negoziato per arrivare a una soluzione politica e
affrontare l’emergenza umanitaria. Il digiuno è carico di forti significati religiosi. Sabato prossimo
sarà una preghiera comune di uomini di diverse fedi. Ma il digiuno è anche una protesta civile,
laica. Che testimonia i valori della non violenza, della solidarietà, dell’unità. Chi vuole la pace deve
farsi da subito costruttore di pace. È il momento di alzare forte questo grido. E di gridare insieme.
Donne e uomini di fedi, di culture, di Paesi distanti e diversi. La guerra non sarà mai la soluzione.
Anzi, nel nostro tempo può generazione distruzione e morte ben al di là di ogni pianificazione
strategica. L’appello del Papa è diventato in queste ore – mentre a San Pietroburgo si riuniscono i
leader del G20 – il più grande contrappeso mondiale alla guerra. Può essere l’innesco pacifico di
un’opinione pubblica senza frontiere, che desidera la pace e vuole operare per essa. La guerra in
Siria, come le altre nel Mediterraneo, sono cresciute e hanno seminato decine e decine di migliaia di
morti anche per l’incapacità dell’Occidente e dell’Europa di farsi promotori di sviluppo e di
coesistenza. È ora di cambiare strada. Il tempo è adesso. Il digiuno non esonera certo le
responsabilità specifiche dei governanti, ma un po’ della responsabilità dobbiamo prendercela noi.

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Astenersi dal cibo, un modello universale. Distacco dalle cose, quindi dalla violenza

Gian Guido Vecchi
Corriere della sera 5 settembre 2013

«Guardi, c’è un’immagine suggestiva anche nella Grecia classica. Socrate frequentava l’agorà di
Atene, passeggiava per il mercato, ascoltava le chiacchiere in piazza e osservava le merci, i beni
materiali. Ai discepoli che gli chiedevano perché lo facesse rispose: “Perché così scopro tutte le
cose di cui non ho bisogno”». Il cardinale Gianfranco Ravasi sorride, «non che c’entri direttamente
col digiuno, però…», però il senso alla fine è lo stesso, almeno a un primo livello. Non è strano che
papa Francesco abbia indetto per sabato una giornata «di digiuno e preghiera» per la pace, invitando
ad «unirsi, nel modo che riterranno più opportuno» anche i cristiani non cattolici, i fedeli di altre
religioni e pure «quei fratelli e sorelle» che non credono. «Il digiuno, anzitutto, è uno dei grandi
archetipi universali. Non si tratta solo di astenersi dal cibo, non è una dieta. Il digiunare esprime un
elemento simbolico attraverso la componente fondamentale con la quale comunichiamo, il corpo. Il
nostro corpo è il grande segnale attraverso il quale mandiamo messaggi, esprimiamo sentimenti,
mostriamo anche capacità di trascendenza e mistero…».

Lo stesso Gesù, nel Discorso della montagna, parla con sarcasmo degli «ipocriti» che assumono
«un’aria malinconica» e «si sfigurano la faccia» per mostrare che digiunano. «Il digiuno significa
entrare nell’essenzialità, spogliandoci di tutte le sovrastrutture. Per questo nella tradizione è spesso
accompagnato dal silenzio, da pratiche simboliche esteriori come ritirarsi nel deserto che a sua volta
è una metafora del digiuno: le necessità ridotte all’essenziale, alla sopravvivenza». In questo senso
ha un valore «squisitamente antropologico e come tale universale».

Un primo segno di distacco dalle cose concrete, quindi anche dalla violenza del mondo. «Far cadere
le spoglie inutili», soprattutto oggi: «L’ingordigia consumistica che sa di morte, come ne “La
grande abbuffata” di Marco Ferreri», considera il «ministro» della Cultura vaticano. Ma questo è
solo l’inizio. Il digiuno «apre a dimensioni di tipo religioso o più generalmente spirituale». La
prima, «che troviamo anche nel Ramadan islamico», collega il digiuno a una dimensione sociale,
alla generosità e alla carità: «Nel libro di Isaia, al capitolo 58, il profeta elenca ciò che il Signore
vuole, il digiuno a lui gradito: “Sciogliere le catene inique, togliere i legami dal giogo, rimandare
liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, i
senza tetto, vestire uno che vedi nudo, non distogliere gli occhi da quelli della tua carne”». Un
elemento «che diventerà fondamentale nel cristianesimo, anche se poi la pratica si perderà un po’,
fino ad essere considerata autoafflittiva ».

La seconda dimensione «diverrà fondamentale nell’ascetica cristiana ma già la vediamo
nell’immagine di Gesù nel deserto: il digiuno della mente, l’astensione da ogni forma di
superficialità, dai rumori, dalle distrazioni. Una catarsi interiore, spirituale, culturale». Di qui si
arriva al terzo elemento del digiuno: «È la trascendenza. Dopo aver operato la carità e cancellato le
cose inutili e la chiacchiera, sei solo con la tua coscienza. Attraverso l’essenzialità del digiuno si
cerca tutto ciò che è divino, mistero, trascendenza. È ciò che dice Gesù: “Non preoccupatevi per la
vostra vita, di quello che mangerete o berrete…”. Il digiuno dell’anima crea il vuoto: per fare entrare
il divino». E per i non credenti? «Si fa spazio alle grandi domande: come essere uomini di pace, di
giustizia».

Ma il digiuno è rivolto agli uomini o a Dio? «Certo il punto di partenza è antropologico, ha a che
fare con la libertà e la coscienza dell’uomo. Ma l’ultima dimensione che dicevo è quella in cui uno
incontra Dio e la Sua volontà. Fai il vuoto per lasciare entrare Dio. Qui il digiuno si connette alla
preghiera. Nella tradizione biblica c’è un altro elemento importante, che vediamo nel Kippur
ebraico ma non solo: l’espiazione del peccato. Il digiuno come modo di implorare la liberazione dal
male. Ed è qui che deve intervenire Dio: tu prepari il terreno all’irruzione del divino. Nel non
credente, alla tensione verso l’oltre».

C’è chi dice: non fermerà la guerra, non è utile. Il grande biblista scuote il capo: «Il digiuno corale
di milioni di persone ha un significato anche politico, nel senso alto del termine. Magari i politici
decideranno altrimenti, ma non potranno ignorare il desiderio corale di pace che si esprime nel
mondo. Per un cristiano, in particolare, si tratta anche di vivere la storia in maniera più autentica, di
incidere nella tua coscienza e nell’azione del mondo». In che senso, eminenza? «Nel Vangelo Gesù
dice quello è un momento di gioia, ma “verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora
digiuneranno”. Il lungo peregrinare nella storia esige questa sobrietà, questa vigilanza. Essere
attenti ai segni dei tempi, specie in momenti come questi, nei quali sembra che Dio sia assente e che
gli uomini impazziscano. Non una dieta, ma come un colpo di staffile. È il tempo della storia. Il
momento della prova».