Il sale in zucca dei non credenti

Rob Williams
The Independent, traduzione di Belinda Malaspina

Una nuova analisi di 63 studi scientifici compiuti nei decenni passati ha concluso che le persone religiose sono meno intelligenti dei non credenti. L’analisi, condotta da un team guidato dal professor Miron Zuckerman dell’università di Rochester (GB), ha evidenziato «una documentata relazione inversamente proporzionale tra intelligenza e religiosità» in 53 dei 63 studi.

Secondo la ricerca, intitolata The Relation Between Intelligence and Religiosity: A Meta-Analysis and Some Proposed Explanations (La relazione tra intelligenza e religiosità: una meta-analisi e alcune possibili risposte), pubblicata in Personality and Social Psychology Review, persino nei primi anni di vita più un bambino è intelligente e più sarà probabile che abbandoni l’idea di un credo religioso. In età avanzata, allo stesso modo, più le persone sono intelligenti e meno sono disposte a credere.

Uno degli studi analizzati dalla ricerca di Zuckerman è una analisi delle credenze di 1500 bambini dotati di quoziente intellettivo superiore a 135. Lo studio, cominciato nel 1921 e tuttora non concluso, mostra che anche in tarda età questi soggetti mostravano un livello di religiosità decisamente più basso rispetto alla media delal popolazione.

Lo studio di Zuckerman, che è la prima sistematica meta-analisi di 63 studi compiuti tra gli anni Venti e il 2012, ha mostrato che solo 10 di essi mostrano una correlazione direttamente proporzionale tra intelligenza e religiosità. Ciascuno studio è stato considerato indipendentemente, considerando la qualità dei dati raccolti, l’entità del campione e il metodo di analisi utilizzato. La definizione di intelligenza impiegata nella meta-ricerca è «l’abilità di ragionare, pianificare, risolvere problemi, pensare in maniera astratta, comprendere idee complesse, apprendere con rapidità e imparare dalle proprie esperienze». La religiosità è invece definita come un coinvolgimento in alcune (o in tutte) le questioni religiose.

Secondo la ricerca, altri fattori come il genere o l’educazione non fanno alcuna differenza nella correlazione tra intelligenza e credenze religiose. Lo studio conclude inoltre che «la spiegazione attuale della relazione negativa tra religiosità e intelligenza ruota intorno a un tema centrale: la premessa secondo la quale le credenze religiose sono irrazionali, non ancorate nel pensiero scientifico, non dimostrabili e dunque, di conseguenza, non convincenti per le persone intelligenti».

Le critiche all’indirizzo dello studio includono l’obiezione che esso tratta solo con la definizione di intelligenza analitica, non considerando le forme di intelligenza creativa ed emozionale. Ma per gli autori della ricerca «le persone intelligenti passato tipicamente più tempo a scuola, hanno livelli più alti di soddisfazione sul lavoro e possiedono una maggiore tendenza all’autodeterminazione e alla sicurezza di sé».