Francesco: sinistra attenta c’è il rischio subalternità

Aurelio Mancuso
www.glialtrionline.it

La francescomania è scoppiata dentro le sinistre italiane. Francesco è il papa più simpatico che ci potesse capitare, attivissimo nel spargere bontà e comprensione, non neutrale, a destra e a manca, ha ammantato i mass media e l’opinione pubblica dei suoi gesti e dolci messaggi. Se deve condannare, parla della guerra, se vuole orientare propone la robusta teologia reazionaria su famiglia e morale sessuale, senza però lanciare anatemi e visioni pessimistiche del mondo.

Ogni tanto a Francesco il latinoamericano, scappa qualche preoccupazione sulla presenza demoniaca nel mondo, subito accompagnata però da esortazioni alle genti ad abbracciare il Dio gioioso. E’ un’inutile perdita di tempo fornire giudizi su un pontificato appena iniziato, si vedrà nei fatti se Bergoglio rinnoverà la chiesa cattolica, rimuoverà sporcizie e compromissioni, che è facile imputare alla appena passata gestione della struttura gerarchia, più difficile sarà ammettere che è la stessa visione ecclesiologica vaticana a contenere in se i semi della contraddizione.

Francesco sta provocando con la sua bonomia e austerità un’attesa abnorme, che sarà non facile accontentare nei prossimi anni. L’evidente rottura (speriamo definitiva) con la corte papalina, i complicati codici comportamentali, i lussuosi ornamenti e abiti classifica Francesco come un pontefice finalmente umanizzato e diretto. Detto questo, lasciamo Francesco ai suoi doveri e prossime mosse sullo scacchiere internazionale, curiale, dottrinale, per osservare cosa accade intorno a lui, soprattutto a sinistra. Negli ultimi decenni, a parte una minoranza intellettuale robustamente laica, a sinistra il rapporto con il potere papale è sempre stato giocato sulla genuflessione acritica.

Dal dopo guerra in poi, la sinistra storica comunista e post comunista ha cercato di confliggere il meno possibile con Oltre Tevere, prova ne sono le concessioni costituzionali e le successive battaglie a difesa della laicità su divorzio e aborto cui contribuirono milioni di militanti, ma che i dirigenti dovettero subire. I socialisti e i partiti laici che mantennero con la DC un rapporto stretto di governo, strapparono riforme vere di progresso, “obbligando” i comunisti a fare i conti con le libertà individuali e diritti civili. Non cambiò mai tra i maschi di Botteghe Oscure un sentimento, condiviso con i gerarchi vaticani, di avversione sui temi della morale sessuale e dell’autonomia delle coscienze.

D’altronde le due chiese, pur confliggendo, avevano bisogno di annunciare un sistema valoriale totalizzante, che non ammetteva stramberie e modernismi visti come degenerazioni borghesi per gli uni, sacrilego libertinaggio per gli altri. Non stupisce che intellettuali marxisti come Mario Tronti e Beppe Vacca abbiano scritto più di un anno fa, un manifesto per lodare la statura morale di Ratzinger con affermazioni del tipo: “le culture radicaloidi e falsamente libertarie, per cui non esiste altro diritto che non sia il diritto dell’individuo.
La sinistra non è stata capace di contrastare questa deriva”.

Beppe Vacca si spinge fino all’estremo appello per cui “anche rispetto al senso morale comune, è difficile affermare che la disponibilità sulla mia vita sia un mio diritto individuale, poiché non mi sono autogenerato. Non conosco vite autogenerate, come non conosco morti solitarie, che non coinvolgano cioè la comunità. Lo stesso vale per le coppie omosessuali. E’ la Costituzione a definire cosa sia la famiglia, riconoscendole la finalità prioritaria della generazione. L’amore, l’affetto, la solidarietà sono importanti, ma quello che definisce la famiglia è la generazione e il diritto dei nati ad essere generati da un padre e una madre” (fonte thefrontpage.it).

Le teorie espresse insieme a Barcellona e Sorbi hanno suscitato non troppo polemiche, né emarginato questi marxisti-ratzingerani, tanto che Mario Tronti, ultra settantenne osannato dentro il Pd, siede con tutti gli onori in Parlamento, ben coccolato da quasi tutte le correnti interne. Altri esempi non sono, quindi necessari, per individuare nella sinistra storica e variamente parlamentare una completa assenza di pensiero autonomo (un tempo si sarebbe detto delle filosofie e d’ideologie, ma non esageriamo), che legga la realtà per quello che è e facendo discendere un sistema di valori umani e civili adeguati.

Qualcuno si è inoltre stupito che nei confronti di papa Francesco siano giunti messaggi melensi addirittura da centri sociali e da aree radicali e antagoniste. A torto si pensa che in questi movimenti sia feconda, a differenza dell’esangue sinistra partitica, una riflessione sull’oggi. Seppur scismatiche, eretiche, controverse nelle variopinte e carsiche stratificazioni delle altre sinistre, stiamo parlando sempre di piccole chiese, gelose dei propri simboli e rituali, icone, feste comandate, liturgie. Questi mondi, che hanno avuto origine, bisognerebbe sempre ricordarlo, dalla meglio (e a volte peggio) gioventù cattolica delle Università e dei gruppi ecclesiali, in forme e linguaggi differenti ha sempre riconosciuto una autorevolezza alla chiesa
cattolica. Nelle suppliche circolati in questi giorni, si nota una sconfortante minorità intellettuale degli antagonisti che proclamano in premessa lontananze politiche per poi osannare il nuovo leader dell’organizzazione avversa.

Ai più ingenui sembra tutto nuovo, dal netto pacifismo alla critica al capitalismo, dal confronto con gli atei (anziani, maschi, potenti) alla tenerezza nei confronti dei bambini sfortunati e le madri doloranti. Adoro questo papa argentino, perché con un sapiente tango spirituale sta conducendo una danza stordente che tramortisce qualsiasi vero conflitto tra libertà e Vaticano, tra il formale amore cristiano e la concreta esclusione delle donne e degli eterodossi. La capacità di intrecciare influenza politica con professione della fede, è d’altronde ciò su cui si poggia dal primo medioevo in poi la struttura ecclesiale cattolica, che per necessità indica (nei secoli in forme stragiste e violente) ai fedeli la retta via, tra cui la necessità della preghiera (esortazione sempre presente in Bergoglio).

Intanto godiamoci questa corsa a chi dialoga di più con Francesco, a chi vuol porgli richieste di salvezza senza credere all’anima, trasformando il più discutibile monarca del mondo a capo di una chiesa che ha un oceano di peccati e angherie da farsi perdonare, nella personalità più in del momento. Molto New Age, lontanissimo dal conflitto storico della figura di Cristo, che passa sempre in secondo piano, nonostante gli sforzi, a volte le complicità mediatiche, di studiosi e teologi, anche loro figli del tempo.

——————————————————————-

Bergoglio e i gay

Aurelio Mancuso
Gli Altri, 31 luglio 2013.

Dopo il clamore suscitato nei giorni scorsi da papa Francesco per la frase “chi sono io per giudicare un gay?”, pronunciata nella più insolita conferenza stampa concessa da un pontefice di ritorno da un viaggio pastorale, si possono più lucidamente evidenziare alcuni aspetti. In primo luogo quel “chi sono io” ha una tale portata teologica da far rimanere ammutoliti. Solo alcuni pochi commentatori, hanno saputo cogliere in quella affermazione una inconcepibile spogliazione di Francesco del ruolo e del potere del papa.

Il capo della chiesa cattolica nella chiave di lettura di Bergoglio accentua la funzione di fratello più che di comandante, e prima di tutto di vescovo di Roma, da cui per funzione di primazia apostolica (la morte di Pietro nell’Urbe) discende il suo compito di illuminare l’intera cattolicità. Francesco sembra dire non comandare ma indicare, non regnare, ma governare. Per i veri teologi conservatori cattolici (che non hanno nulla a che fare con le categorie politiche) questo papa è davvero stato scelto dallo Spirito Santo, perché propone da una parte la purificazione (vedi Ior, Curia, strutture rinascimentali del Vaticano) e dall’altra l’incontro con il mondo, l’immersione cioè della Chiesa nella realtà di cui s’invita a non aver paura.

Papa Francesco ha intenzione di muoversi dentro il solco della Tradizione, che dopo le trasformazioni avvenute con il Concilio Vaticano II intende mantenere soprattutto sul terreno (dolente per l’intera chiesa) della morale sessuale la barra a dritta. Con un tratto oratorio che gli è congeniale, il papa venuto da lontano, è riuscito a far esultare l’opinione pubblica (italiana) progressista e quella conservatrice, perché riammodernando il messaggio di Giovanni XXIII, tener distinti l’errore dall’errante, traslato nell’attuale Catechismo con necessità di accoglienza e non discriminazione delle persone omosessuali e netta condanna degli atti omosessuali, ritenuti “disordinati”, è riuscito a nascondere la sostanza della questione. Francesco, consegna, come previsto dal Catechismo come unica via d’uscita agli omosessuali per essere pienamente parte della chiesa, la castità. Un’astinenza sessuale che ritroviamo come precetto a chi non è sposato, per essere sacerdoti, frati e suore.

Sulla morale sessuale la gerarchia esce, storicamente sconfitta, e nella contemporaneità subisce una rivolta a tratti silenziosa con ondate pubbliche clamorose, contestazioni nelle chiese locali, nelle università teologiche, nelle riviste di movimenti e ordini religiosi. Tutto questo è profondamente conosciuto da Bergoglio, che sa dover affrontare un dibattito duro su condizione dei divorziati e risposati, celibato e sacerdozio, diaconato e sacerdozio femminile, contraccezione, omosessualità. Affidarsi per ora alle norme determinatesi negli ultimi decenni, è necessario, ma il papa argentino, comprende che la sua sensibilità pastorale sul tema della povertà, intesa come condizione plausibile della chiesa e di sua missione nell’oceano delle disperazioni del mondo, s’incontra con la profonda ingiustizia, che provoca altrettanto dolore, alimentata dalle discriminazioni di genere e di orientamento sessuale. Non è un caso che il tema del sacerdozio femminile, è approcciato da Francesco con “la Madonna è più importante degli apostoli”, sintesi anche questa di effetto, accompagnata dalla riproposizione della negazione della consacrazione delle donne al servizio di Dio alla pari degli uomini. Su questo punto Bergoglio sembra voler dire: non posso cambiare la norma, ma ho in mente qualcosa d’innovativo. Magari prendendo spunto da quell’orgogliosa tesi della differenza dei ruoli tra i generi, di cui sono sostenitori molti ordini religiosi femminili e tante donne che svolgono funzioni di alta responsabilità tra il popolo di Dio.

La disgiunzione tra persona e atti, non può essere liquidata da frasi ad effetto o da bonomie comportamentali. Mettendo in conto che il confronto teologico sull’omosessualità è ben più avanzato di quello che appare in Italia, è un fatto che è proprio sulla pratica sessuale che la gerarchia cattolica è in grande difficoltà, anche perché sa che dovrebbe avviare una riflessione drammatica sulle sue condanne plurisecolari, analizzare lo scarto tra l’imposizione dei divieti al popolo e l’intreccio tra le pratiche sessuali e lo spregiudicato utilizzo del potere di cui è stata responsabile (tra cui la fantomatica lobby gay).

L’avversione rispetto all’autonomia e libertà delle donne e la cittadinanza omosessuale, costituisce il muro entro il quale la gerarchia si è rinchiusa, cercando in alcuni ambiti e concreta gestione dei suoi apparati di lenire questa auto carcerazione, che però ha prodotto il mostro del pessimismo sessuale e l’alimentarsi di devianze. Anche a me questo nuovo papa è simpatico, ne riconosco la forza dell’approccio diretto e di vicinanza, Ratzinger, però, che è da questo punto di vista il suo contrario, aveva dalla sua la dura chiarezza nel messaggio che non si fa incoerente rispetto alla Dottrina. Può darsi che Bergoglio ci stupirà, ed è probabile che rispetto all’organizzazione della struttura ecclesiastica porterà avanti buone riforme. E’ da vedere come la chiesa, intenderà nel suo pontificato, accogliere le persone in quanto tali, eterosessuali e omosessuali, donne e uomini, nella pienezza della loro vita, che è fede, unione, amore per gli altri, identità individuale, donazione di se’, sessualità. Per affrontare tutto questo sono da mutare convinzioni teologiche e dottrina, ovvero praticare quel relativismo cattolico, che con lentezza esasperante ha fatto rinnegare drammatici errori del passato, ritenuti fino al momento prima valori non negoziabili.