Terremoto Ior

Emiliano Fittipaldi
http://espresso.repubblica.it

Qualcuno dice che sia stato papa Francesco in persona a dare l’ok all’invio delle lettere, altri sostengono che sia un’iniziativa personale del presidente dello Ior Ernst von Freyberg. Fatto sta che una cinquantina di correntisti (eminenze, preti e dirigenti della Santa sede che ad agosto hanno fatto da cavie ricevendo per primi la missiva) non credono ancora a quello che hanno trovato nella cassetta della posta. La banca vaticana li ha intimati di fornire non solo documenti personali e informazioni sul proprio profilo economico, ma pure l’origine e la fonte delle somme da loro depositate. Si narra che persino il segretario di Stato uscente Tarcisio Bertone sia tra i destinatari, e sia rimasto esterrefatto dai toni perentori usati. «Di certo», racconta un sacerdote che l’ha ricevuta, «un alto prelato dell’America latina ha protestato direttamente con von Freyberg, spiegandogli che una banca come lo Ior non può non fidarsi dei propri clienti. Poi ha chiuso il conto indignato». Chissà cosa succederà nelle prossime settimane, quando le lettere arriveranno a migliaia di sacerdoti e suore sparsi in tutto il mondo.

In Vaticano, dunque, sta accadendo l’impensabile. Lo tsunami imposto dall’arrivo di Bergoglio si è abbattuto anche sulle mura del Torrione, sede dell’Istituto per le opere religiose e simbolo di opacità e oscuri traffici finanziari dai tempi del crac dell’Ambrosiano. È presto per capire se la Santa Sede voglia davvero trasformare lo Ior in una banca “normale” o si tratti solo di maquillage per far bella figura davanti all’Europa, ma è certo che dopo le inchieste della procura di Roma sull’ex direttore Paolo Cipriani e il suo vice Massimo Tulli, i nuovi vertici hanno imposto una stretta micidiale. In nome della legalità e della trasparenza assoluta. Un’operazione orchestrata, da un punto di vista tecnico, dalla società di consulenza americana Promontory Financial Group, che da maggio con venti 007 sta spulciando tutti i conti sospetti e suggerendo nuove procedure per la battaglia contro il riciclaggio.

BILANCIO CHE STRESS

La nuova dirigenza, capeggiata da von Freyberg e dal neo vicedirettore Rolando Marranci, ex dirigente della Bnl con esperienze in banche internazionali, ha davanti due difficili obiettivi: da un lato tenere sotto controllo i conti dell’Istituto, dall’altro fare pulizia interna e arrivare a dicembre con le carte in regola davanti agli esperti del Moneyval, il Comitato del Consiglio d’Europa che valuta le misure per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

Andiamo con ordine, partendo dai dati finanziari. Che – risulta a “l’Espresso – non sono finora entusiasmanti. Se l’anno scorso l’utile fu superiore agli 86 milioni di euro (un risultato che permise allo Ior di girare al pontefice un dividendo di 50 milioni «a sostegno del suo ministero apostolico e di carità»), quest’anno i bene informati temono che la banca non riuscirà a ripetere la performance. «Per colpa, in primis, dei soldi che lo Ior deve sborsare per coprire i buchi milionari di due diocesi, quella di Maribor e quella di Terni», spiega una fonte che conosce bene i conti.

Già: in Slovenia la chiesa ha creato negli anni una voragine di circa 800 milioni di euro, e a luglio Bergoglio ha chiesto che l’istituto si impegni per circa 40 milioni già da quest’anno, in modo da coprire parte dell’esposizione delle holding finanziarie Zvon 1 e Zvon 2, le società controllate dall’arcidiocesi slovena e protagoniste negli anni di folli investimenti in immobili, fibre ottiche, telecomunicazioni e persino tv che mandavano in onda film porno.
A Terni, invece, il “debituccio”, come l’ha chiamato l’amministratore apostolico, monsignor Ernesto Vecchi, ammonta a circa 20 milioni di euro. Se la Procura della città ha da tempo aperto un’inchiesta penale, dove è indagato anche l’ex vescovo di Terni monsignor Vincenzo Paglia (vedi box in alto), per evitare il default qualche settimana fa lo Ior ha deliberato un prestito infruttifero a favore della diocesi umbra per circa 12 milioni di euro, anche questo su espressa richiesta di papa Francesco. Soldi che saranno presto girati alle banche creditrici.
Ma von Freyberg dovrà fare i conti anche con una gestione patrimoniale non esaltante (nei primi sei mesi 2013 la gestione del proprio patrimonio e di quello della clientela sarebbe stata di poco superiore allo zero) e con le fatture milionarie destinate alle società chiamate a controllare con la lente d’ingrandimento tutti i conti correnti dell’istituto.

RIVOLUZIONE IOR

Più che all’attivo e a come investire il patrimonio, infatti, l’attenzione del nuovo corso è per ora rivolta alla moralizzazione dell’istituto, diventata mission prioritaria dopo l’elezione di Francesco al soglio pontificio. Un anno fa davanti ai professori di Moneyval il Vaticano fu promosso a metà (lo Ior non risultò conforme a sette fondamentali “raccomandazioni” su sedici, necessarie a entrare nella white list dei paesi virtuosi), così la banca s’è impegnata a spedire un nuovo report alla commissione il prossimo dicembre, sperando che i compiti fatti a casa permettano finalmente di superare l’esame. Non sarà facile. Anche perché all’interno della Santa Sede non tutti vedono di buon occhio le scelte di von Freyberg.

«Siamo passati dai conti cifrati e dalle ricevute stampate su carta bianca a una vera e propria caccia alle streghe», racconta un importante dirigente dello Ior che chiede ovviamente l’anonimato: «Sa che da qualche settimana davanti agli sportelli del cortile Sisto V c’è la fila, come ai supermercati? Chiunque voglia ritirare i propri soldi o fare un versamento in contanti, anche di poche centinaia di euro, deve addirittura riempire un modulo in cui deve scrivere dove ha preso quel denaro o a cosa gli serve. È un’atteggiamento poliziesco, che porterà i clienti a ritirare i loro depositi».

I controlli sono diventati ancora più stringenti dopo la vicenda di don Nunzio Scarano, il sacerdote titolare di dieci conti al Torrione finito in carcere lo scorso giugno perché accusato di aver tentato di riciclare 20 milioni di euro di suoi vecchi amici, gli armatori salernitani D’Amico. Ad agosto, così, i consulenti di Promontory hanno avuto l’idea del modulo. Non solo: per qualche settimana sembra sia stato Marranci in persona ad autorizzare ogni singolo versamento. Un’operazione che oggi, visti i rallentamenti e i malumori che comportava, viene permessa anche ad altri impiegati. «Qui in Vaticano suore e preti sono abituati a maneggiare soldi in contanti. Se vengono fatte troppe complicazioni, apriranno un deposito in un’altra banca», chiosa uno dei trenta addetti del settore commerciale, che si lamenta anche per l’aumento del carico di lavoro.

Una questione che gli americani e von Freyberg ritengono secondaria: secondo le prime stime fatte da Promontory, infatti, su circa 13.700 conti intestati a persone fisiche (in gran parte ecclesiastici, i dipendenti ed ex dipendenti sono circa cinquemila; a questi bisogna aggiungere altre 5.200 istituzioni cattoliche come congregazioni, ordini religiosi e diocesi, che portano il numero di clienti del 2012 a 18.900) finora sono circa un migliaio i conti considerati “a rischio”. Quelli, cioè, in cui le movimentazioni sembrano aver volumi troppo alti o non congrui rispetto agli stipendi e ai beni di proprietà di sacerdoti e dipendenti. Come ha evidenziato la storia dell’ex arcivescovo di Urbino Francesco Marinelli, un prelato che nel 2010 – come ha evidenziato un report della banca americana Jp Morgan – girò ad alcuni suoi parenti la bellezza di un milione e 100 mila euro. Interrogato dal “Fatto”, che gli ha chiesto se ricordasse il motivo dei sei bonifici, ha risposto secco: «No, non so nulla di tutto questo».

GUERRA SANTA

Nel 2012 lo Ior ha gestito beni (tra proprio patrimonio, depositi e portafogli di terzi) per 7,1 miliardi di euro. Di questi, 6 sono appannaggio di enti religiosi, mentre le attività delle “persone fisiche” rappresentano poco più di un miliardo di euro, ossia il 15 per cento del patrimonio totale. È su questa somma che si sta concentrando l’attenzione dei vigilantes americani. I venti analisti di Promontory si muovono nel Torrione con totale libertà (e per questo non vengono visti di buon occhio dai 114 dipendenti della banca) e da mattina a sera analizzano ogni transazione di ogni singolo conto corrente. Il loro lavoro è ancora a metà e dovrebbe concludersi a fine novembre. Allo Ior costerà caro: la consulenza finora è stata pagata circa 2,8 milioni di euro.

A dover tremare, però, non sono esclusivamente i prelati che hanno compiuto irregolarità o coloro che si sono prestati ad operazioni di riciclaggio per conto terzi. Nel mirino di von Freyberg ci sono infatti anche i cosiddetti conti laici, intestati a persone che non hanno titolo per avere un deposito oltretevere. A “l’Espresso” risulta che ce ne siano ben 1.200, e che il nuovo presidente sia intenzionato a chiuderli prima del nuovo confronto con Moneyval. «Sono depositi che valgono molto, tra cash e titoli arriviamo a circa 300 milioni di euro», ragiona ancora la fonte. Nella lista non ci sono soltanto amici di cardinali e fornitori storici della Città del Vaticano, ma anche politici di rango. Alcuni sono stati protagonisti della prima Repubblica, altri sono ancora sulla cresta dell’onda: entro Natale rischiano di ricevere una lettera dallo Ior, con dentro l’invito perentorio a fornire un codice Iban sul quale accreditare le somme depositate al Torrione. Fosse vero, si scatenerebbe l’inferno: i meno accorti potrebbero finire nelle maglie del fisco italiano, o peggio ancora in fascicoli penali. Von Freyberg ha già dato ordine a Marranci di vietare qualsiasi ritiro in contanti, e di bonificare le somme dei clienti non più graditi solo in banche con sedi in paesi della white list dell’Ocse.

Se in molti applaudono alle iniziative che potrebbero tramutare lo Ior da banca-Calimero a istituto modello, i più tradizionalisti temono il caos. I seguaci di Cipriani e Tulli hanno perso potere e guardano sbigottiti alla guerra santa lanciata dal presidente, sostenendo che la trasparenza va bene, ma andrebbe perseguita a piccoli passi. Anche la commissione cardinalizia sembra poter fare poco per fermare l’onda del rinnovamento: il presidente Bertone non viene mai consultato dal presidente che lui stesso ha nominato lo scorso marzo, e l’unico membro interpellato da von Freyberg è Jean-Luis Touran, cardinale fedelissimo di Bergoglio che siede sia nel collegio sia nella commissione pontificia sullo Ior. Anche il consiglio d’amministrazione è scavalcato, visto che sia Carl Anderson che Antonio Marocco – i due che più si sono spesi per il defenestramento di Ettore Gotti Tedeschi – non possono vantare buoni uffici con i nuovi vertici.

Per capire l’aria che tira basta fare un salto alla gendarmeria, che ha avuto l’ordine di aumentare i controlli transfrontalieri antiriciclaggio: le perquisizioni sono triplicate, e non è raro che gli uomini dell’ispettore Domenico Giani chiedano a chi entra in Vaticano di aprire la ventiquattr’ore o il portabagagli dell’automobile.