Divorziati risposati: la diocesi di Friburgo batte un colpo

Ludovica Eugenio
Adista Notizie n. 36 del 19/10/2013

Non è casuale che la “fuga in avanti” su una delle questioni pastorali più urgenti per le quali il mondo cattolico avverte la necessità di una riforma, quella dei divorziati risposati, venga dalla Germania: un Paese in cui viene sciolto un matrimonio su tre, nelle grandi città addirittura uno su due, e in cui il 25% di tutti i nuovi matrimoni è rappresentato da seconde nozze. E non è un caso nemmeno che sia stata la diocesi di Friburgo, seconda per importanza nel Paese, guidata da mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, a decidere che i divorziati risposati potranno ricevere i sacramenti e ottenere incarichi all’interno dei consigli parrocchiali. Tanto si legge in una lettera inviata a tutti i religiosi della diocesi, ma che costituisce un segnale forte per tutta la Germania e non solo, e che risulta essere il frutto di un lungo processo di dibattito intraecclesiale, scaturito da diverse iniziative molto partecipate.

Friburgo, infatti, aveva già proposto il superamento delle attuali limitazioni per i divorziati risposati vent’anni fa, quando, in una lettera pastorale, l’allora arcivescovo, mons. Oskar Saier, insieme ai colleghi di Mainz, mons. Karl Lehmann, e di Rottenburg-Stuttgart, Walter Kasper, chiese la loro riammissione ai sacramenti (10 luglio 1993). La loro proposta venne rifiutata da Roma. In tempi molto più recenti, a fine maggio 2012, un gruppo di preti e diaconi della diocesi di Friburgo aveva pubblicato un manifesto su internet intitolato “Divorziati risposati nella nostra Chiesa”, in cui si affermava che oramai il tema dei divorziati risposati era divenuto «particolarmente urgente» e «non tollera ulteriori ritardi». Pur consapevoli di «agire contro le norme canoniche attualmente in vigore nella Chiesa cattolica romana», i firmatari affermavano che nelle loro comunità «i divorziati risposati fanno la comunione e ricevono i sacramenti della riconciliazione e dell’unzione degli infermi, con il nostro consenso». Non solo, essi «sono parte attiva nel consiglio pastorale parrocchiale, nella catechesi ed in altri servizi pastorali» (v. Adista Notizie n. 23/12). Nel settembre 2011, aveva raccolto più di 100mila adesioni un appello per l’ammissione alla comunione dei divorziati risposati, lanciato dalla Katholische Frauengemeinschaft Deutschlands (Kfd, Comunità delle donne cattoliche tedesche), organismo che, con i suoi 600mila aderenti, è il più rilevante nel Paese (v. Adista Notizie n. 8/12). A settembre dello stesso anno, 16 vescovi diocesani e 17 ausiliari, insieme a 300 delegati di associazioni cattoliche, si erano incontrati ad Hannover nel quadro del “Dialogo” tra clero e laici, voluto dalla Conferenza episcopale all’indomani dell’esplosione dello scandalo degli abusi sessuali; in quel contesto, il vescovo di Osnabrück, mons. Franz-Josef Bode, tra i più aperti in Germania, aveva affermato che «l’esclusione generale e duratura dei divorziati risposati dai sacramenti appare a molti dentro la Chiesa come una conclusione intollerabile»; «sentiamo la necessità di una nuova discussione, differenziata e approfondita, sulla dottrina sessuale della Chiesa» (v. Adista Notizie n. 35/12).

Sempre nel 2012, ad un seminario dell’Azione Cattolica austriaca a Salisburgo, il teologo tedesco Eberhard Schockenhoff, docente di Teologia morale presso l’Università di Friburgo e autore di un volume sul tema, aveva lanciato un appello (v. Adista Notizie n. 7/12) per una «rivalutazione teologica» dei divorziati risposati e un nuovo modo di affrontare la questione da parte della Chiesa. Per Schockenhoff, la Chiesa avrebbe dovuto allontanarsi da un atteggiamento di «condanna morale», responsabile di causare «un sentimento di dolorosa esclusione» nelle persone interessate. Il teologo è tornato ora sull’argomento, in un’intervista (10/10) all’agenzia tedesca Kna: « A queste persone – ha detto – giunge ora un invito aperto a partecipare senza limitazioni non solo alla messa, ma anche alla vita sacramentale e a ricevere la comunione, che la Chiesa ritiene fonte e culmine della vita cristiana». Il passo compiuto è importante e significativo: «La diocesi di Friburgo ha assunto un ruolo di precursore nella Chiesa in Germania. Speriamo che ora molte altre diocesi seguano questo esempio». Con papa Francesco, ha spiegato, «il rapporto tra il Vaticano e le Chiese locali è cambiato. È evidente che Francesco vuole concedere un maggiore spazio di libertà di decisione, anche in ambito pastorale. Ora importa che le Chiese locali e i vescovi siano pronti a sfruttare responsabilmente questo spazio di libertà».

Il testo della lettera

«Intendiamo aprire una porta a chi ha un matrimonio fallito alle spalle, e ha dato inizio a una nuova vita sentimentale», ha spiegato al settimanale Der Spiegel (7/10), che ha diffuso la notizia, il decano della diocesi Andreas Möhrle. «Da una parte dobbiamo renderci conto che queste persone si sentono escluse dalla Chiesa e per questo motivo soffrono molto – ha detto – dall’altra dobbiamo prendere atto di quanto stabilito dalla dottrina e dal diritto canonico».

La decisione siglata da Zollitsch – che prossimamente uscirà di scena per raggiunti limiti di età e resterà presidente della Conferenza episcopale tedesca fino al prossimo marzo – era stata, informalmente, anticipata dalle sue parole alla conclusione dell’Assemblea dei vescovi tedeschi di fine settembre: i divorziati risposati «sono parte della Chiesa, quindi dobbiamo trovare delle soluzioni per loro», aveva detto in quell’occasione. La lettera ora diffusa non lascia adito a ambiguità, la richiesta è chiara: i sacerdoti riammettano i divorziati risposati ai sacramenti (comunione, confessione e estrema unzione) e ai loro figli sia concesso il battesimo, la prima comunione, la cresima e gli altri sacramenti. Possano partecipare ai consigli parrocchiali e assumere incarichi, appoggiati sempre spiritualmente da religiosi ben preparati.

La reazione di Roma

La Santa Sede, tuttavia, si è affrettata a ridimensionare la questione, che sarà certamente all’ordine del giorno del prossimo Sinodo dei vescovi, indetto da papa Francesco l’8 ottobre scorso e fissato per l’ottobre del prossimo anno (v. notizia precedente), che verterà proprio sul tema della famiglia e della pastorale familiare. L’orientamento, dunque, al momento è di rallentare le iniziative singole, destituendole di autorità: «Non cambia nulla, non c’è nessuna novità per i divorziati risposati», ha affermato il portavoce vaticano p. Federico Lombardi. Il documento «proviene da un ufficio pastorale locale e non investe la responsabilità del vescovo».

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La diocesi di Friburgo tende la mano ai divorziati risposati

Jean Mercier
www.lavie.fr dell’8 ottobre 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

La diocesi di Friburgo in Brisgovia nel Baden-Württemberg (Germania) ha deciso di non osservare
la proibizione formale di accesso ai sacramenti per i divorziati-risposati.
Pubblicato recentemente dal servizio pastorale degli organismi diocesani, un documento dal titolo
Aiuto per l’accompagnamento spirituale definisce, secondo il giornale tedesco Der Spiegel delle
linee “di orientamento per la pratica pastorale negli anni futuri”. Il documento non è un
salvacondotto in vista di un secondo matrimonio per i divorziati. Non incoraggia il divorzio. Ma
pone delle prospettive per i divorziati-risposati: “In seguito ad una decisione assunta in maniera
responsabile, si può, in una situazione concreta, aprire la possibilità di ricevere i sacramenti del
battesimo, della santa comunione, della confermazione, della riconciliazione e dell’unzione degli
infermi, nella misura in cui ci si trovi nella disposizione di fede concretamente richiesta”.
Un’apertura legittimata dal responsabile pastorale della diocesi, padre Andreas Möhrle, decano della
cattedrale di Friburgo: “Nel contatto con i divorziati risposati civilmente, si tratta di rendere
sensibile l’atteggiamento di fondo di Gesù, che era vicino alle persone e pieno di rispetto. La
fedeltà e la misericordia di Dio sono valide anche per coloro che hanno conosciuto il fallimento
nella loro vita”.

Questo documento non apre ad un’accoglienza sistematica ai sacramenti, ma la condiziona ad un
discernimento spirituale: i divorziati risposati possono accedere alla vita sacramentale solo se
portano la prova “che un ritorno al primo partner non è veramente possibile e che il primo
matrimonio, con la migliore volontà, non è vivibile”. Devono riconoscere la loro parte di
colpevolezza nella separazione e devono essere impegnati in una relazione coniugale solida. Senza
queste condizioni, l’accesso ai sacramenti non è possibile.

Il documento parla anche della situazione dei dipendenti della Chiesa cattolica, che talvolta si
trovano in difficoltà dopo un divorzio, perché si mette in discussione la loro esemplarità e perché
possono essere obbligati a cambiare lavoro per salvaguardare la “credibilità” della Chiesa.
Il portavoce del Vaticano, padre Federico Lombardi, ha reagito vivacemente a questa notizia,
ritenendo che nello stesso momento in cui il papa annuncia la convocazione di un sinodo
straordinario nell’ottobre del 2014 sul tema della pastorale familiare, “proporre delle soluzioni
particolari da parte di persone o servizi locali può rischiare di generare confusione. (…) È bene
evidenziare l’importanza di avanzare in un cammino di piena comunione della comunità
ecclesiale”, riferisce l’agenzia I.Media.

Nella stampa italiana si legge che padre Lombardi ha cercato di frenare le fughe in avanti,
affermando che “nulla è cambiato, non ci sono novità per i divorziati-risposati”. In effetti, a suo
avviso quel testo sarebbe emanazione “di un ufficio pastorale locale e non implica la
responsabilità del vescovo”. Tuttavia si sa che l’arcivescovo di Friburgo in Brisgovia, Mons Robert
Zollitsch, le cui dimissioni per limiti di età sono state da poco accettate del papa, auspica
un’evoluzione su questo tema, e questa novità potrebbe anche essere seguita da altre diocesi in
Germania.

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“Proposta teologicamente ben fondata”

Intervista a Eberhard Schockenhoff, a cura di KNA (Katholische Nachrichten Agentur)
www.domradio.de dell’8 ottobre 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

Il teologo morale cattolico friburghese Eberhard Schockenhoff ritiene che le nuove linee di
orientamento pastorale della diocesi di Friburgo siano un importante passo nel processo di riforma
cattolico.

Signor Schockenhoff, come valuta la nuova apertura nella pastorale per i cattolici divorziatirisposati?
È una mano che viene protesa verso quelle persone per le quali finora è stato difficile mantenere il
contatto con la Chiesa dopo la separazione ed un successivo matrimonio civile. A queste persone
giunge ora un invito aperto a partecipare senza limitazioni non solo alla messa, ma anche alla vita
sacramentale e a ricevere la comunione, che la Chiesa ritiene fonte e culmine della vita cristiana. E i
divorziati-risposati non saranno in futuro respinti a priori se chiederanno per il nuovo corso della
loro vita la benedizione della Chiesa.

Ma che cosa cambia ora realmente? Ciò che è stato formulato nelle nuove linee di orientamento non era già forse prassi comune in molti luoghi?
È vero, ma poiché questo ora viene proposto in un documento dell’ufficio pastorale, assume una
dimensione completamente diversa. Coloro che ricevono la comunione trovandosi in questa
situazione di vita, ora sanno che vi sono invitati anche ufficialmente, e che non usano per sé un
percorso eccezionale, che in realtà dovrebbe esser loro negato. Questo è un passo importante e
significativo. In questo modo la diocesi di Friburgo ha assunto un ruolo di precursore nella Chiesa
in Germania. Speriamo che ora molte altre diocesi seguano questo esempio.
Ma in molte diocesi tedesche si è detto finora che senza Roma o contro Roma non possiamo
far nulla. Con papa Francesco però il rapporto tra il Vaticano e le chiese locali è cambiato. È evidente che
Francesco vuole concedere un maggiore spazio di libertà di decisione – anche in ambito pastorale.
Ora importa che le chiese locali e che i vescovi siano pronti a sfruttare responsabilmente questo
spazio di libertà. Dovrebbero smetterla di spiarsi l’un l’altro e bloccare in questo modo importanti
passi sulla via della riforma. Dovrebbero procedere insieme su questa via su cui ora una diocesi li
ha preceduti.

Vent’anni fa ci fu già una iniziativa simile del vescovo di Friburgo di allora, insieme ai suoi confratelli di Rottenburg-Stoccarda e di Magonza, iniziativa che fu bloccata dal Vaticano. Anche oggi si potrebbe giungere a questo?
Un vento contrario ci può sempre essere. Non si può ancora valutare quanto le iniziative di papa
Francesco trovino sostegno nella curia. Ma ad un eventuale vento contrario bisogna appunto tener
testa. Se una cosa è teologicamente ben fondata e se dà buoni risultati a livello pastorale, significa
che sono maturi i tempi per compiere un simile passo. Un problema per il quale le nuove linee di orientamento rinviano al livello della conferenza episcopale tedesca è il diritto del lavoro nella chiesa. Come potrebbe procedere questa cosa? Per questo aspetto mi auguro un effetto catalizzatore del nuovo documento. Infatti, nel diritto del
lavoro all’interno della chiesa fino ad ora è previsto un automatico licenziamento per i dipendenti
che contraggono un secondo matrimonio civile o che hanno una convivenza con un partner dello
stesso sesso. Proprio perché si ritiene che ciò sia in contrasto con i doveri di lealtà che esigono da
un collaboratore ecclesiastico di rispettare nel suo modo di vivere la dottrina morale della chiesa.
Ma se ora la chiesa non respinge più dalla vita sacramentale persone che si trovano in quella
situazione di vita, questo dovrebbe valere anche negli ambiti più esteriori del diritto del lavoro, e
una trasgressione dei doveri di lealtà non dovrebbe più comportare automaticamente il
licenziamento.

La conferenza episcopale ha previsto un gruppo di lavoro per questi problemi…
Sì, e spero che ora spiri un vento favorevole ai cambiamenti. Ma anche organizzazioni come gli
organismi a capo di ospedali della chiesa, che non sono direttamente dipendenti dalla conferenza
episcopale e che hanno una responsabilità propria in questo ambito, ora possono sentirsi
incoraggiati a rinunciare in futuro ai licenziamenti.

I critici potrebbero però obiettare che il documento danneggia e indebolisce la dottrina della chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.
Io non la vedo così, anzi è vero il contrario. Solo se la chiesa rende possibile anche il rapporto con il
fallimento e la colpa, in modo che non significhi la definitiva esclusione dalla vita ecclesiale, solo
se mostra misericordia, rende raggiungibile e praticabile l’ideale del matrimonio indissolubile. E
così toglie a molti il timore di osare di contrarre un matrimonio. La tensione tra un ideale morale, un
principio irrinunciabile e la sua concreta realizzazione rientra in una realtà di vita caratterizzata da
rotture e difficoltà sempre in riferimento alla vita e alla morale.

Si aspetta da queste novità anche effetti determinanti per ulteriori richieste di riforma nella chiesa cattolica?
Per i divorziati-risposati ora è stato compiuto un importante passo avanti. Ma non vorrei stabilire
una relazione automatica tra le singole richieste di riforma. Tuttavia in molti ambiti si respira, anche
grazie a papa Francesco, un’aria di rinnovamento. E c’è quindi solo da sperare che si giunga a
ulteriori passi anche in altri ambiti.

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Divorziati risposati: saper riconoscere l’umanità di un sacramento

Isabelle De Gaulmyn
http://religion-gaulmyn.blogs.la-croix.com del 10 ottobre 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

Come risolvere il problema dei divorziati risposati? Il compito che attende la chiesa cattolica è
temibile. E papa Francesco, dando un anno di tempo per preparare il sinodo sulla famiglia che dovrà
studiare la loro situazione, ha ragione, tanto il soggetto è complesso e suscita attese.
Senza dubbio perché si tratta di sapere se è possibile toccare ciò che resta come l’ultima delle
istituzioni alle quali la nostra società resta fortemente attaccata. E questo perché ognuno vi mette
una tale carica simbolica da far sì che il problema dei divorziati risposati generi molto interesse e
passione, ben al di là della cerchia dei cattolici praticanti.

In un certo modo, si potrebbe dire che la pastorale del matrimonio condotta dalla Chiesa da
cinquanta anni ha funzionato “troppo bene”. Infatti, fino al XIX secolo, la Chiesa lo considerava
come una forma di “peccato autorizzato”, il modo meno peccaminoso di assumere una sessualità
vista allora come intrinsecamente cattiva: la sola santità di vita era quella del celibe religioso
consacrato…

Ma dalla seconda metà del XX secolo, questa stessa Chiesa, sotto l’influenza di movimenti di
spiritualità come le Équipes Notre Dame in Francia, ha fatto della coppia stessa un luogo di
santificazione, di realizzazione spirituale e religiosa. Ha così accompagnato – incoraggiato? – a
modo suo l’evoluzione romantica del matrimonio, che da istituzione incaricata di garantire i diritti di
ciascuno e dei figli è diventata un luogo di amore idealizzato.

Donde oggi questa situazione contraddittoria: da un lato, un matrimonio sovraccaricato dalla
Chiesa, e spesso molto difficile da vivere da parte delle stesse coppie cattoliche, a cui si domanda di
essere “perfette”, col pretesto che il matrimonio è il segno sacramentale dell’alleanza tra Dio e gli
uomini. Dall’altro, l’incapacità di accogliere altre coppie, che si sono formate dopo un primo
fallimento. Paradossalmente, è proprio perché considerano il matrimonio come qualcosa di
importante che reclamano per questa seconda unione il riconoscimento da parte della chiesa.

In fondo, la prima cosa da fare per discutere di matrimonio, è forse il farlo scendere dal piedistallo
su cui è stato innalzato in questi ultimi anni. Si può notare come il solo matrimonio che la Bibbia
prende esplicitamente come simbolo dell’incontro di Dio e dell’umanità è quello del profeta Osea
con la moglie che si prostituisce… Siamo ben lontani dalle immagini idealizzate di matrimoni in
frac e bianchi abiti da sposa!

Il cristianesimo è la religione che ha scelto l’umano per rivelare Dio. Da questo punto di vista, non
vi è nulla di equivalente al sacramento del matrimonio. Ma, per l’appunto, si tratta dell’umano, e
dunque qualcosa che si costruisce attraverso ferite, fallimenti, trasgressioni. Umano, vale a dire che
può anche morire…

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Papa Francesco: un sinodo sui sacramenti ai divorziati

Roberto Monteforte
“l’Unità” del 9 ottobre 2013

È stato di parola Papa Francesco. Sarà dedicato, infatti, alle sfide pastorali della famiglia il prossimo
Sinodo generale straordinario dei vescovi che si terrà l’anno prossimo, dal 5 al 19 ottobre. Il
pontefice lo ha indetto ieri, a conclusione della prima riunione della segreteria generale del Sinodo
con il nuovo responsabile monsignor Lorenzo Baldisseri, cui ha voluto partecipare sin dalla mattina.
Lavora su di un doppio binario Bergoglio: punta ad una rapida e profonda riforma del Sinodo dei
vescovi, chiamato ad essere sempre più uno strumento più stabile e marcato della gestione
collegiale della Chiesa universale, anche attraverso consultazioni via web dei vescovi chiamati a
sostenere nelle sue scelte il «vescovo di Roma».

Vi è poi l’altra priorità richiamata da Papa Francesco, quella della misericordia e dell’accoglienza
nelle comunità cristiane verso i divorziati risposati ora esclusi dai sacramenti, molto sentita nelle
comunità cristiane.

Quello di un adeguamento della pastorale familiare è stato un punto posto anche dai cardinali
durante le «congregazioni generali» che hanno preceduto il Conclave. Che fosse una delle priorità
lo aveva sottolineato lo stesso pontefice alla conferenza stampa con i giornalisti del volo papale al
ritorno da Rio de Janeiro per la Gmg 2013 ed anche nell’incontro avuto con il clero romano. Papa
Francesco aveva assicurato che sarebbe stato trai i primi punti affrontati dal Sinodo e ieri è arrivata
la conferma da parte del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi: il pontefice
ha deciso che la prossima assemblea sinodale sarà «un tema antropologico nel quale si ricomprende
la pastorale familiare e in particolare il problema dei divorziati risposati».

Ieri sempre padre Lombardi si è affrettato a ridimensionare il valore dell’apertura sui sacramenti ai
cattolici divorziati e risposati presa dalla diocesi tedesca di Friburgo in Germania. «Non cambia
nulla, non c’è nessuna novità per i divorziati risposati», ha affermato Lombardi, precisando che il
documento proviene «da un ufficio pastorale locale e non investe la responsabilità del vescovo». La
Chiesa cerca una posizione condivisa e per questo – ha spiegato padre Lombardi – «è molto
importante l’indizione di un Sinodo Straordinario sul tema della pastorale della famiglia» che
consenta « la partecipazione responsabile dell’episcopato delle diverse parti del mondo» su questo
punto.