Ma Bergoglio non è Lutero

Luca Maria Negro
Riforma, n° 39 del 18 ottobre 2013

I cambiamenti che il nuovo papa sta portando sono positivi, ma non illudiamoci che la Riforma sia arrivata dentro il Palazzo apostolico Lo scorso 30 settembre, nel quadro del Meeting internazionale per la pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini – presente al Meeting come oratore – ha partecipato a un’udienza papale in Vaticano e ha avuto un breve colloquio con papa Francesco.

– È stato il primo incontro di un rappresentante del protestantesimo italiano con il nuovo papa. Che cosa vi siete detti?

«Si è trattato di un breve saluto. Mi sono rivolto a lui in spagnolo, come gesto di cortesia, e gli ho accennato che la nostra chiesa italiana ha anche comunità e pastori a Buenos Aires e nel Rio de la Plata. Bergoglio, stringendomi le mani, ha fatto un piccolo movimento di sorpresa con la testa e mi ha detto che ricorda un pastore valdese, un suo buon amico fraterno, che ora non è più con noi; gli ho risposto che sono stato messo al corrente di quella conoscenza e mi sono congedato con la frase “che Dio benedica il suo ministero”, una frase tipica di saluto tra cristiani latinoamericani. Il “buon amico fraterno” ricordato dal papa era Norberto Bertón, pastore e professore di teologia. Negli ultimi anni della sua vita, anziano e non più autosufficiente, Bertón fu accolto dall’allora arcivescovo Bergoglio in una casa per sacerdoti anziani, dove poi morì nel 2010».

– Nelle ultime settimane papa Francesco ha moltiplicato gli interventi sui media: la lettera di risposta a Eugenio Scalfari, la lunga intervista a Civiltà cattolica, e infine il dialogo con Scalfari (La Repubblica, 1 ottobre), dove troviamo espressioni sorprendenti sulla bocca di un papa, del tipo «la corte è la lebbra del papato» o «quando ho di fronte un clericale divento anticlericale di botto». Quasi tutti sono entusiasti di papa Francesco, a parte certi settori conservatori del cattolicesimo; e anche in casa nostra, per motivi ovviamente diversi, ogni volta che pubblichiamo qualcosa su Francesco arrivano messaggi che dicono: fate attenzione, perché comunque è pur sempre un papa…

«Io stesso sono stato attaccato su siti evangelicali che considerano il papa un anticristo, per cui il fatto di avergli stretto la mano e di aver detto la frase «Dio benedica il suo ministero» sarebbe la dimostrazione che neanche la Chiesa valdese è una chiesa cristiana. Quando Bergoglio è stato eletto avevo espresso l’auspicio di poter prima o poi incontrare una chiesa cattolica con una sua struttura, con un suo responsabile come hanno tutte le chiese, magari un papa, ma senza il papato; un papa nel senso di un dirigente ecclesiastico, di un presidente di una chiesa ma senza quel contorno del papato che noi tutti conosciamo dal punto di vista della concezione ecclesiologica, teologica, dottrinale, disciplinare, simbolica… La sensazione è che papa Francesco abbia in programma proprio quello di far cambiare pelle alla figura del papa e quindi cambiare anche il papato. Questo secondo me è un programma rallegrante per tutti, che però non ci può far pensare che la chiesa cattolica stia diventando una chiesa protestante. Questo non è nel suo programma. Quindi non bisogna aspettarsi una «protestantizzazione» del cattolicesimo, ma c’è da augurarsi che Bergoglio riesca a realizzare il programma che dichiara – e cioè una chiesa vicina alle persone. Perché la gerarchia oggi, specie da noi, è lontana dalla chiesa, i palazzi vescovili, sono lontani dalla gente. Lui no, lui come altri vescovi soprattutto in altri continenti, non lo è. E il fatto che uno come Bergoglio sia arrivato a Roma, al ruolo del papato, è importante e ci auguriamo che abbia successo: ma non ci illudiamo che la Riforma luterana sia arrivata dentro il palazzo apostolico».

– Il papato di Francesco tornerà a dare priorità al dialogo ecumenico?

«Credo di sì, lo ha dichiarato anche nell’intervista a Scalfari affermando che i padri del Concilio Vaticano II “sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti” e aggiungendo: “dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare”. Ho la sensazione che non l’abbia solo dichiarato ma che lo realizzerà, dando impulso in molti modi a questa sua volontà. Abbiamo già dei segnali in questo senso: la presenza di mons. Bianchi al Sinodo valdese di quest’anno, l’invito all’incontro di S. Egidio, il mio breve colloquio col papa sono dei segnali e spero che ce ne saranno altri, ancora più significativi».

– Su Riforma del 4 ottobre Simone Maghenzani affermava che questo papa gesuita, con il suo stile pastorale, «spariglia le carte» e noi, abituati a trovare spazio nelle chiusure etiche della chiesa cattolica oggi siamo spiazzati e dovremmo spostare il confronto su un terreno più teologico.

«Non sarei così ottimista sul fatto che ci troveremo compagni di strada vicini sul piano etico. Questo papa ha sì accennato alla questione dei divorziati, ma per esempio sui temi della famiglia o dell’interruzione di gravidanza non mi sembra che si sia discostato per nulla dalle posizioni tradizionali espresse dalla gerarchia cattolica. Sicuramente Francesco vuole spogliare la chiesa cattolica di formalismi che derivano dal considerarsi comunque, a livello di apparato, tra i potenti di questo mondo; ha la priorità di avvicinare la realtà della chiesa cattolica agli svantaggiati: non solo ai poveri economici, ma anche ai poveri di diritti, di salute, di età. Su questo farà dei passi in avanti. Probabilmente potrebbe anche riuscire a ottenere un riconoscimento per il ruolo della donna nella chiesa – si parla di accesso non al sacerdozio ma al cardinalato anche per qualche figura femminile – e forse farà qualche scelta simbolica in questo senso. Però sul piano generale dell’etica non sarei così sicuro che ci saranno cambiamenti significativi: aspettiamo e vedremo. Ritengo comunque che qualsiasi avvicinamento sul piano della chiesa al servizio dei più svantaggiati, dei senza diritto è positivo, perché abbandonare i formalismi e l’atteggiamento da “potenti della terra” è positivo, ci avvicina nella strada del servizio verso i più umili del mondo, che è la strada delle chiese cristiane e della loro collaborazione ecumenica. Anche sul piano liturgico si possono vedere dei cambiamenti: Francesco ha preso le distanze dalla messa in latino, da una liturgia che non parla direttamente alle persone, ha cambiato i responsabili dell’ufficio liturgico papale. Queste sono tutte notizie positive per noi ma, lo ribadisco, non dobbiamo pensare che la Riforma di Lutero stia per entrare in Vaticano. Secondo me siamo su un altro piano, che però faciliterà la collaborazione e il dialogo ecumenico. Per questo vedo con simpatia la sua opera».

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La «nuova evangelizzazione» secondo Francesco

Andrea Tornielli
http://vaticaninsider.lastampa.it

«La nuova evangelizzazione non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole». E bisogna «andare verso gli altri», dialogando con tutti. Lo ha detto Papa Francesco questa mattina ricevendo nella sala Clementina i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione guidato dall’arcivescovo Rino Fisichella. Bergoglio ha ringraziato per il servizio svolto e ha parlato del «primato della testimonianza», dell’«urgenza di andare incontro» e della necessità di un progetto pastorale «centrato sull’essenziale».

«Nel nostro tempo si verifica spesso un atteggiamento di indifferenza verso la fede», ha detto Francesco e i cristiani, con la loro testimonianza di vita, sono chiamati a suscitare delle domande in chi li incontra: «Perché vivono così? Che cosa li spinge?». «Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza di Dio».

Tante persone, osserva Francesco si sono allontanate dalla Chiesa: «È sbagliato scaricare le colpe da una parte o dall’altra, anzi, non è il caso di parlare di colpe. Ci sono responsabilità nella storia della Chiesa e dei suoi uomini, ce ne sono in certe ideologie e anche nelle singole persone. Come figli della Chiesa – aggiunge il Papa – dobbiamo continuare il cammino del Concilio Vaticano II, spogliarci di cose inutili e dannose, di false sicurezze mondane che appesantiscono la Chiesa e danneggiano il suo vero volto».

«C’è bisogno di cristiani – ha detto Francesco – che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura. Sappiamo tutti che la crisi dell’umanità contemporanea non è superficiale ma profonda. Per questo la nuova evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio di andare controcorrente, di convertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole». Ogni battezzato è «un “cristoforo”, portatore di Cristo, come dicevano gli antichi santi Padri. Chi ha incontrato Cristo, come la Samaritana al pozzo, non può tenere per sé questa esperienza… C’è da chiedersi tutti se chi ci incontra percepisce nella nostra vita il calore della fede, vede nel nostro volto la gioia di avere incontrato Cristo!»

Il Papa ha quindi sottolineato che la nuova evangelizzazione è «un movimento rinnovato verso chi ha smarrito la fede e il senso profondo della vita». E come «il Figlio di Dio è “uscito” dalla sua condizione divina ed è venuto incontro a noi», anche «ogni cristiano è chiamato ad andare incontro agli altri, a dialogare con quelli che non la pensano come noi, con quelli che hanno un’altra fede, o che non hanno fede. Incontrare tutti, perché tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza».

«Nessuno – ha detto ancora Francesco – è escluso dalla speranza della vita, dall’amore di Dio. La Chiesa è inviata a risvegliare dappertutto questa speranza, specialmente dove è soffocata da condizioni esistenziali difficili, a volte disumane, dove la speranza non respira, soffoca. C’è bisogno dell’ossigeno del Vangelo, del soffio dello Spirito di Cristo risorto, che la riaccenda nei cuori. La Chiesa è la casa in cui le porte sono sempre aperte non solo perché ognuno possa trovarvi accoglienza e respirare amore e speranza, ma anche perché noi possiamo uscire a portare questo amore e questa speranza».

Infine, il Papa ha spiegato che «non serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue», ma che bisogna «concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, con il suo amore e l’amare i fratelli». Bisogna «percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci!». Il Papa ha sottolineato quindi «l’importanza della catechesi, come momento dell’evangelizzazione», per superare «la frattura tra Vangelo e cultura e l’analfabetismo dei nostri giorni in materia di fede». «Ho ricordato più volte – ha aggiunto – un fatto che mi ha impressionato nel mio ministero: incontrare bambini che non sapevano neppure farsi il segno della croce!». I catechisti svolgono «un servizio prezioso per la nuova evangelizzazione, ed è importante che i genitori siano i primi catechisti, i primi educatori alla fede nella propria famiglia con la testimonianza e con la parola».