Riforma della chiesa: al via la commissione

Valerio Gigante
Adista Notizie n. 35/2013

Era stata “lanciata” in grande stile dall’intervista concessa ad Eugenio Scalfari (icona del laico non credente, ma che pure nel corso del suo fitto dialogo con il pontefice si è sempre rivolto a lui chiamandolo «Santità») la tre giorni di intense riunioni – svoltesi tra il 1° e il 3 ottobre scorsi – degli otto cardinali nominati da papa Francesco per aiutarlo a riformare la Chiesa. Francesco aveva infatti detto al fondatore di Repubblica che i capi della Chiesa sono stati spesso «narcisi, lusingati e malamente eccitati dai loro cortigiani» e che «la corte è la lebbra del papato», e che se la corte non è esattamente assimilabile alla Curia, quest’ultima è comunque troppo “vaticanocentrica” e troppo legata alle realtà temporali.

Insomma, una sorta di road map – tanto vaga e generica, quanto di formidabile impatto mediatico (ulteriormente amplificato dalla scelta del pontefice di recere visita, assieme a tutta la commissione, alla tomba del “poverello” di Assisi, il 4 ottobre) – quella che papa Francesco ha voluto indicare per la commissione cardinalizia che doveva cominciare di lì a poco i suoi lavori. Alla fine però, come è già avvenuto in altre occasioni durante questo pontificato, alle eclatanti affermazioni del papa non è per ora seguita nessuna concreta decisione. Col rischio, e l’ipotesi non è del tutto peregrina, che tutto finisca come con i 35 “saggi” chiamati a giugno da Letta a ridisegnare il profilo della nostra Costituzione. Anche perché è proprio una Costituzione, ma apostolica, la Pastor Bonus, che i cardinali intendono riformare.

Ma partiamo dall’inizio. Della commissione cardinalizia – di cui il papa aveva annunciato la costituzione il 13 aprile scorso, indicando i nomi di chi ne doveva far parte – non erano sinora affatto chiare le finalità e le prerogative. Così il papa, il 30 settembre scorso con un chirografo (ossia un documento scritto e firmato di proprio pugno da Francesco, avente forza di legge) ha precisato meglio le ragioni della nascita del nuovo organismo, indicandone i compiti. Ha infatti ricordato che «tra i suggerimenti emersi nel corso delle Congregazioni generali dei cardinali precedenti al Conclave, figurava la convenienza di istituire un ristretto gruppo di membri dell’episcopato, provenienti dalle diverse parti del mondo, che il Santo Padre potesse consultare singolarmente o in forma collettiva, su questioni particolari». Una volta eletto alla Sede romana, continua Francesco, «ho avuto occasione di riflettere più volte su questo argomento, ritenendo che tale iniziativa sarebbe stata di notevole aiuto per svolgere il ministero pastorale di successore di Pietro che i fratelli cardinali avevano voluto affidarmi». Il papa è passato poi a definire i compiti della commissione, quelli cioè di «aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale» e «studiare un progetto di revisione della Costituzione apostolica Pastor bonus», cioè dell’ultima riforma della Curia romana e delle sue Congregazioni, fatta da Giovanni Paolo II nel 1988. Nel suo chirografo, papa Francesco si è riservato anche la possibilità «di aumentarne o ridefinirne il numero dei componenti» rispetto agli attuali. I membri del consiglio potranno inoltre essere interpellati sia singolarmente che collegialmente.

La commissione ha però un carattere meramente consultivo. Si riunisce, discute, fa proposte. Ma poi ogni decisione spetta al papa. Anche per questa ragione la portata “rivoluzionaria” di questo nuovo organismo, sottolineata (come quasi tutte le iniziative di papa Francesco) dalla quasi totalità degli organi di informazione, va decisamente ridimensionata. Già alcuni mesi fa (v. Adista Notizie n. 16/2013) lo storico e teologo Giuseppe Ruggieri in una intervista all’Ansa aveva rilevato che la nomina di consiglieri per la riforma della Curia «riprende un istituto tradizionale della Chiesa» risalente «già al primo millennio» e tutt’ora esistente nella Chiesa ortodossa orientale. Rilievo a cui si aggiunge, oltre il carattere meramente consultivo dell’organismo, la presenza di soli cardinali tra i membri della commissione e la totale assenza di “corpi intermedi” della gerarchia ecclesiastica, preti e vescovi; e quella, ancora più eclatante, di laici e donne (nemmeno se suore).

Medico, cura te stesso

Anche le biografie degli ecclesiastici nominati a farne parte fa discutere. A partire dal coordinatore del gruppo di lavoro, Oscar Andres Rodríguez Maradiaga, grande amico di Bergoglio, che è stato forte sostenitore del colpo di Stato in Honduras che nel 2009 portò alla destituzione del presidente Zelaya, legittimamente e democraticamente eletto nelle presidenziali del 2005. Altro cardinale con qualche “sbandata” golpista è il cileno Francisco Javier Errázuriz Ossa, già esponente di quella stessa Curia che è chiamato a riformare in quanto, in passato, segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata. Arcivescovo emerito di Santiago, nel periodo in cui guidava la diocesi nel 2006, fu lui a celebrare i funerali religiosi di Pinochet. «Che Dio lo perdoni e tenga conto di ciò che ha fatto di buono», disse in quella occasione. Per poi proporre al governo, nel 2010, l’indulto generalizzato, in nome del “perdono cristiano”, per i militari sostenitori della dittatura. Ma c’è dell’altro: Ossa è anche accusato di avere per troppo tempo cercato di insabbiare le indagini su uno dei casi di violenza sessuale più tristemente conosciuti in Cile, quello su James Hamilton, che ha subìto abusi per oltre venti anni da parte di p. Fernando Karadima, detto anche “il santo vivente”, un prete ed educatore con un forte carisma presso i giovani dell’élite di Santiago del Cile. Ombre di copertura di preti pedofili pesano anche su due altri membri della commissione: Marcello Semeraro (che fa funzioni di segretario) vicinissimo a Ratzinger ma anche amico di Bergoglio. Nel 2006 Semeraro era vescovo di Albano, quando il 30 maggio di quell’anno la Procura di Velletri chiese alla Curia di poter avere le informazioni raccolte dalle autorità ecclesiastiche su don Marco Agostini, prete accusato di pedofilia di cui il Gip aveva appena ottenuto gli arresti domiciliari. Semeraro si appellò al Concordato e rispose picche. Preferì cioè non collaborare, pur potendolo fare. Simili le ombre che pesano su un altro dei membri della commissione che dovrebbe “riformare” la Curia, il cardinale ultraconservatore australiano George Pell, che difese fino all’ultimo, accompagnandolo persino in tribunale quando era vescovo ausiliare di Melbourne, Gerald Francis Ridsdale, prete poi condannato nel 2006 a 13 anni di carcere per aver abusato di 10 ragazzi. Tra i cardinali chiamati da papa Francesco c’è poi – paradossalmente – anche uno degli ecclesiastici che più hanno rappresentato “l’apparato di Curia” negli ultimi anni, il card. Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e in un recente passato vicinissimo al card. Tarcisio Bertone.

Insomma, a ben guardare, se “rivoluzione” non sembra descrivere con precisione composizione ed obiettivi della Commissione istituita da papa Francesco, anche espressioni come “cambio generazionale” (l’età media dei prelati che compongono la commissione supera i 70 anni), “orizzontalità”, “rinnovamento” sono state forse utilizzate in maniera poco prudente.

Tanti argomenti per la prossima riunione

Coordinato da Maradiaga, il consiglio si è riunito nella sala della biblioteca privata all’interno dell’appartamento papale. Francesco è stato presente in tutti e tre i giorni, con l’unica eccezione per il mercoledì mattina quando era in programma la tradizionale udienza generale in piazza San Pietro.

Dal punto di vista dell’esito dei lavori, finora di concreto non è emerso nulla. Nemmeno un verbale dei lavori, o un documento di sintesi delle proposte. Parlando con i giornalisti alla fine della mattinata del 3 ottobre, è stato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi a raccontare come erano andate le cose. Ha detto che l’orientamento dei cardinali non è quello di un semplice aggiornamento della “Pastor Bonus”, con ritocchi o modifiche marginali, ma la stesura di una nuova Costituzione. Un lavoro – ha precisato però il portavoce vaticano – che richiederà tempo.

Dal confronto dei membri della commissione è venuto anche lo stimolo alla realizzazione di una maggiore “sussidiarietà” tra Chiese locali e Curia romana; meno centralismo, insomma, senza però mettere in discussione il ruolo di Roma nel determinare ed indirizzare il governo della Chiesa universale. In vista – e questo punto sembra quello che ha oggi più chance di venire effettivamente realizzato (era stato infatti uno dei temi più trattati durante l’intenso dibattito tra i cardinali riuniti a Roma prima del Concilio) – anche un ridimensionamento del ruolo e delle funzioni della Segreteria di Stato. Si è anche parlato dei rapporti tra i capi dicastero e il papa, del coordinamento tra i vari dicasteri e dell’ipotesi di un moderator curiae, una figura nuova con l’incarico di coordinare i dicasteri e gli uffici della Curia. Si è infine discusso del tema che dovrà affrontare il prossimo Sinodo, del modo di svolgerlo e delle osservazioni sul regolamento e le prerogative da dare all’assemblea. Anche su questo versante qualche novità potrebbe senz’altro arrivare, vista la pressante richiesta da parte di molte Chiese locali di dotare il Sinodo di maggiori poteri.

In ogni caso, per ora si tratta solo di ipotesi. E comunque, essendo la Commissione a carattere puramente referente, spetterà poi al papa, e solo a lui, prendere ogni eventuale decisione. Bisognerà, insomma, aspettare la promulgazione di una prossima – eventuale – nuova Costituzione apostolica che sostituisca la Pastor Bonus.