Marcia-nò: Pax Christi scrive al nuovo ordinario militare per smilitarizzare i preti-soldato

Luca Kocci
Adista Notizie n. 37 del 26/10/2013

Papa Francesco ha scelto il nuovo ordinario militare per l’Italia. È mons. Santo Marcianò, 53 anni, fino ad ora arcivescovo di Rossano-Cariati nonché segretario della Conferenza episcopale calabra.

Succede a mons. Vincenzo Pelvi, dimessosi lo scorso 11 agosto per raggiunti limiti di età (gli ordinari militari, assumendo anche i gradi – e lo stipendio – di generali di corpo di armata, vanno in pensione da militari a 65 anni, mentre restano in servizio come vescovi fino a 75) e ancora in attesa di una nuova sede episcopale. Sembrava certa la sua nomina alla guida della diocesi di Latina – da giugno retta da un amministratore apostolico, mons. Giuseppe Petrocchi – che però è saltata alla vigilia della comunicazione ufficiale. Pertanto bisognerà trovare un’altra sede. Fra le possibilità c’è anche Caserta, città ad alta densità militare – quindi “familiare” a Pelvi, che inoltre è campano –, il cui vescovo, mons. Pietro Farina, è deceduto lo scorso 24 settembre, ma i rapporti non proprio idilliaci con il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e presidente della Conferenza episcopale campana, sono un ostacolo alla nomina.

Crociata no, Marcianò sì

All’ordinariato militare, invece, sembrava certo che sarebbe andato mons. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (e a voler essere ironici, per un vescovo castrense che viene formalmente inquadrato nella gerarchia militare, il nome Crociata sarebbe stato più appropriato di Marcianò). Ma è stato lo stesso Crociata a rifiutare l’incarico: pare infatti che aspiri a succedere al card. Paolo Romeo – che ha compiuto i 75 anni lo scorso 20 febbraio – alla guida dell’arcidiocesi di Palermo, e la nomina all’ordinariato gli avrebbe chiaramente precluso tale possibilità. E così è arrivata la nomina, a sorpresa, di Marcianò che nei prossimi giorni presterà giuramento anche nelle mani del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano; l’ordinario militare, infatti, viene designato dal papa ma, proprio per il suo doppio ruolo di vescovo-generale, formalmente è nominato dal presidente della Repubblica, in accordo con il presidente del Consiglio e dei ministri della Difesa e dell’Interno.

«Militari a servizio della vita e della pace»

Appena designato, il 10 ottobre, Marcianò ha subito rivolto una lunga lettera di saluto ai cappellani militari, ai seminaristi, ai diaconi e, soprattutto, ai militari delle Forze armate, «a servizio della vita e della pace» scrive il nuovo ordinario. «La pace, infatti, è un cammino e i nostri passi devono essere guidati dal desiderio di fare la nostra parte per costruirla. Devono essere passi di dialogo con tutti, di rispetto reciproco e rispetto dei diritti umani; passi di ordine e libertà, di legalità e onestà, di giustizia e solidarietà, di lotta contro i soprusi e la corruzione, contro ogni forma di violenza o discriminazione; passi di protezione delle città dell’uomo, nella loro dimensione sociale e politica, nel loro patrimonio di storia e arte; passi di preservazione della natura e dell’ambiente, di custodia della straordinaria bellezza del Creato. Soprattutto, passi di difesa e promozione di ogni vita umana nella sua stupenda dignità: dei più deboli e poveri, dei piccoli e indifesi, dei carcerati e perseguitati, dei senzatetto e disperati, degli abbandonati ed esclusi, di coloro che vivono diverse forme di malattia o disabilità, dei tanti profughi e immigrati che continuano a sbarcare nelle nostre coste dopo viaggi in cui trovano anche la morte, continuando a sollecitare il nostro impegno e il nostro amore».

Pax Christi: smilitarizzare i cappellani militari

Ma «le Forze armate, di cui lei si accinge a far parte e con un elevato grado gerarchico, sono la negazione di questi passi», scrive Antonio Lombardi, di Pax Christi Napoli e tra gli animatori della campagna nazionale “Scuole smilitarizzate”, promossa dal movimento cattolico per la pace (v. Adista Notizie n. 18/13 e Adista Segni Nuovi n. 19/13). «La guerra dialoga solo con le pallottole, che sibilando nell’aria portano messaggi di morte; la guerra è esattamente la forma di violenza più scientificamente studiata ed organizzata; non si distingue per giustizia e solidarietà, ma discrimina tra amici e nemici, schiaccia, corrompe, fa prigionieri. La guerra non protegge gli esseri umani né le loro città: bombarda e distrugge l’ambiente, le risorse per la vita e le opere d’arte. Ma soprattutto non difende i poveri e i disabili, ma fa andare in rovina le case producendo senzatetto e mutilati.

La guerra non promuove la dignità dei profughi ma li genera, ed essi, come primo impegno ed atto d’amore, con la loro condizione ci chiedono di smettere di inviare truppe ed armi che riducono in polvere le loro vite. Il primo servizio alla pace che è possibile fare come sacerdote o vescovo impegnato nella cura pastorale dei militari è questo: uscire ed invitare ad uscire da quella fabbrica di morte». «Non ce la faccio a congratularmi con lei – prosegue –, perché considero una sconfitta per un cristiano entrare nei ranghi delle Forze armate e per di più entrarci attraverso la porta della Chiesa. Al suo predecessore, mons. Pelvi, avevo scritto alcune lettere per aprire un dialogo sul senso evangelico dei cappellani militari, ma è stato sempre un monologo: non ho mai ricevuto risposta. Mi auguro miglior fortuna con lei».

E infatti Lombardi rilancia subito la storica proposta di Pax Christi di smilitarizzazione dei cappellani militari (v. Adista nn. 81/95, 67/97, 81/00, 49/06 e 81/06; v. Adista Segni Nuovi n. 7/12 e Adista Notizie n. 46/12 e 18/13): «Riducendo al massimo la questione, osservo che il personale delle Forze armate ha sì diritto all’assistenza spirituale, ma senza che coloro che la prestano accedano ai ranghi militari, diventino cioè organici ad un’istituzione nata ed esistente per fare la guerra. Anzi, restandone fuori, essi avrebbero la possibilità di assumere uno sguardo critico più libero, di essere essi stessi esempio di nonviolenza, che rifugge dalle attività belliche e da tutto ciò che ne costituisce supporto e strumento. Insomma, esempio di una scelta diversa».

Con papa Francesco si aprirà il dibattito?

Si vedrà se con il nuovo ordinario militare, e soprattutto con il nuovo papa che sul tema della pace e del disarmo ha pronunciato parole nette, nella Chiesa sarà possibile aprire un dibattito – quello appunto sulla smilitarizzazione del preti-soldato – su cui la chiusura è stata sempre totale.