Chiude l’eremo di Ronzano. Una «scelta ideologica», unilaterale e sorda alle richieste della base

Luca Kocci
Adista n. 39, 9 novembre 2013

I Servi di Maria hanno deciso: l’Eremo di Ronzano chiude. Non sono serviti a nulla gli inviti alla riflessione da parte di molti frati dell’ordine religioso, né le oltre 3mila firme – soprattutto di laici – raccolte dal gruppo degli Amici di Ronzano, che invitava i vertici dei Servi a «rivedere la scelta sull’Eremo», «un luogo di spiritualità conciliare, ispirato al Vaticano II» (v. Adista Notizie n. 35/13). Il Consiglio di Piemonte ed Emilia Romagna dei Servi di Maria, riunitosi a Bologna lo scorso 14-15 ottobre, non ha voluto sentire ragioni e ha tirato dritto per la strada già tracciata: l’Eremo verrà chiuso e affidato in gestione per almeno tre anni ad un’associazione di esuli giuliano-dalmati, di cui uno dei responsabili risulta essere amico personale del priore provinciale, p. Gino Leonardi, nonché assai vicino alla Curia di Bologna; e i due frati attualmente ancora incardinati nell’eremo verranno destinati ad altro incarico, molto probabilmente lontano da Bologna, ma non è detto che accettino la proposta senza obiettare.

La comunicazione ufficiale è stata data dallo stesso priore su Dialogo online, il foglio di collegamento mensile della Provincia di Piemonte e Romagna, in cui è presente un sintetico resoconto della riunione del Consiglio di metà ottobre: «Si affronta il problema di Ronzano», si legge. «Dopo una accesa discussione il Consiglio riafferma le decisioni già approvate nel Consiglio precedente del 2-3 settembre 2013 e pubblicate nel Comunicato del 7/9/2013» (ovvero la chiusura e la cessione ai giuliano-dalmati). Due righe scarne, con un tono perentorio e gelido, più adatto ad un Consiglio di amministrazione di una multinazionale che si appresta a tagliare qualche stabilimento improduttivo che ad un Consiglio dell’ordine religioso che fu di p. David Turoldo e p. Camillo de Piaz e che oggi annovera fra i suoi membri p. Alberto Maggi e p. Benito Fusco.

Pare quindi destinato alla chiusura quello che, negli ultimi decenni, è stato uno dei luoghi simbolo della Chiesa conciliare in Italia dove, oltre alle attività condotte dalla comunità dei frati – dalla produzione di vino, miele e kiwi all’accoglienza dei gruppi, e poi gli incontri biblici guidati da p. Maggi e p. Ricardo Perez del Centro studi biblici di Montefano, gli “incontri del mercoledì”, momenti di riflessione, preghiera e condivisione –, si sono confrontati credenti e non credenti, rappresentanti di quel mondo laico e di quella Chiesa evangelica e conciliare capaci di fare un cammino comune nel rispetto delle reciproche diversità. E proprio la storia di Ronzano, più che qualsiasi esigenza di “ristrutturazione” di un ordine religioso che soffre della crisi di vocazioni – anche perché l’Eremo non ha mai chiuso in passivo i propri bilanci –, sembra essere allora la ragione della sua “condanna a morte”, decretata dalla “santa alleanza” fra il priore provinciale dei Servi e l’arcivescovo di Bologna, il card. Carlo Caffarra, esponenti invece di quella Chiesa allergica al rinnovamento conciliare incarnato dall’Eremo: chiudere un’esperienza di frontiera e fastidiosa perché troppo aperta.

«In questa situazione, sarebbe stato un bel gesto di comunione aver cercato il confronto con le altre componenti della Famiglia dei Servi anche coinvolgendo l’Unifasi (l’Unione della Famiglia servitana in Italia, che comprende non solo i frati ma anche l’Ordine secolare, le diaconie e le suore, ndr) che avrebbe potuto offrire collaborazione e forse far pervenire qualche proposta su come utilizzare al meglio un luogo tanto ricco di storia», scrive Rosanna Marchionni, presidente Unifasi, in una lettera indirizzata al Consiglio provinciale, in cui si ricordano, fra l’altro, le parole pronunciate da p. Leonardi durante l’assemblea Unifasi del luglio 2008: «La dimensione di famiglia sicuramente acquisterà più importanza e vigore nei prossimi decenni, anche per la diminuzione delle presenze dei consacrati nel mondo occidentale (…). È indubbio che la chiamata ad una maggiore interrelazione, reciprocità e complementarietà si impone sempre di più, e non soltanto per necessità, ma anche per la crescente consapevolezza che da soli i nostri sforzi rimarranno dimezzati nei loro risultati. Questa forma di comunione facilita la realizzazione di progetti comuni, consentendo la convergenza di iniziative parallele e la collaborazione in persone e mezzi». «Ci dispiace dover constatare ancora una volta – constata Marchionni – come facilmente, quando ci troviamo in situazioni di criticità, dimentichiamo quanto abbiamo sostenuto nei discorsi ufficiali».

«Lo spirito di Ronzano non è mai stato accettato», spiega Rufillo Diego Passini, presidente dell’associazione Amici di Ronzano. «Il Consiglio provinciale ha fatto una scelta ideologica», aggiunge p. Pietro Andriotto, ultimo rettore dell’eremo: «L’obiettivo è mettere fine alla nostra esperienza conciliare, un’eccezione fra le parrocchie ordinarie. I frati e i laici di Ronzano si sono sempre contraddistinti per il loro attivismo, invece l’anima della nostra Provincia è purista e conservatrice». Anzi «preconciliare», completa Passini, che però è convinto che la faccenda non sia ancora definitivamente chiusa. «Noi non ci fermiamo e anzi siamo ben disponibili ad un confronto con il Consiglio, per cercare di trovare insieme delle soluzioni che possano mantenere in vita l’esperienza di Ronzano».