Confermati, promossi, depennati. La cura Bergoglio

Sandro Magister
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È ormai assodato che la riforma della curia romana ad opera di papa Francesco andrà in profondità, e proprio per questo non si realizzerà in tempi brevi. La conferma è venuta dalla seconda tornata di riunioni degli otto cardinali suoi “consiglieri” che si è svolta a Roma ai primi di dicembre, alla presenza del pontefice.

“Il nostro lavoro è appena cominciato”, ha detto uno di loro, il cardinale di Boston Sean P. O’Malley. E anche Il coordinatore degli otto, il cardinale honduregno Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, ha invitato a non avere fretta.

“Guardando la storia – ha osservato Maradiaga a proposito della costituzione di Giovanni Paolo II sulla curia risalente al 1988 – la ‘Pastor Bonus’ prese più di tre anni. Abbiate pazienza. Le cose grandi non si possono improvvisare. La Chiesa comporta problemi grandi, che riguardano tante persone”.

Ha poi aggiunto: “La partecipazione del mondo è così grande che per arrivare alla sintesi bisogna discutere. Arrivare a delle conclusioni prende tempo. E soprattutto – lo ha detto il papa – ci sono cose che prendono tempo perché le riforme non sono superficiali ma profonde, e quindi serve dialogo, ascolto e discernimento”.

In attesa comunque di una radicale riforma della curia romana, papa Francesco ha già iniziato ad incidere nella “governance” dei dicasteri romani così come sono attualmente strutturati.

Il 16 marzo, in effetti, tre giorni dopo l’elezione, il neoeletto pontefice aveva “espresso la volontà che i capi e i membri dei dicasteri della curia romana, come pure i segretari, nonché il presidente della pontificia commissione dello Stato della Città del Vaticano, proseguano, provvisoriamente, nei rispettivi incarichi ‘donec aliter provideatur'”. Una formula, quest’ultima, che gli lasciava le mani libere e che non era stata usata dai suoi predecessori, nel confermare i dirigenti di curia all’inizio dei rispettivi pontificati.

Ora, dopo nove mesi dall’elezione, oltre ad aver nominato il 31 agosto un nuovo segretario di Stato nella persona di Pietro Parolin e ad aver stabilizzato contestualmente gli altri vertici della segreteria di Stato (il sostituto Angelo G. Becciu con l’assessore monsignor Peter B. Wells, e il “ministro degli esteri” Dominique Mamberti con il vice Antoine Camilleri), papa Jorge Mario Bergoglio ha già confermato, con qualche spostamento e integrazione, i vertici di quattro congregazioni su nove: dottrina della fede, Propaganda Fide e clero il 21 settembre, educazione cattolica il 30 novembre. Nonché quelli di due pontifici consigli su undici: laici e giustizia e pace il 24 settembre.

A parte la nomina di un nuovo penitenziere maggiore nella persona del cardinale Mauro Piacenza, lì trasferito dalla più importante congregazione per il clero, altri dirigenti di curia restano dunque in carica solo “donec aliter provideatur”, cioè provvisoriamente.

È questo il caso dei vertici della segnatura apostolica (dove però è stato nominato un segretario aggiunto, il vescovo Giuseppe Sciacca spostato dalla segreteria generale del governatorato), dell’APSA, della prefettura degli affari economici, del governatorato (dove c’è però un nuovo segretario generale, il legionario di Cristo argentino Fernando Vérgez Alzaga) e di cinque congregazioni: Chiese orientali, culto divino, cause dei santi, vescovi, religiosi. In questi due ultimi dicasteri comunque è stato già scelto un nuovo segretario, rispettivamente il brasiliano Ilson de Jesus Montanari e il francescano spagnolo José Rodriguez Carballo.

Tra le conferme piene la più interessante è certamente quella alla congregazione per l’educazione cattolica, e non solo perché in un recente passato – come documenta il recente libro di Elisabetta Piqué, “Francesco. Vita e rivoluzione”, edito in Italia da Lindau – l’allora cardinale Bergoglio aveva avuto qualche difficoltà per far accettare al dicastero la sua scelta come nuovo rettore dell’Università Cattolica di Buenos Aires di monsignor Victor Manuel Fernández (che da papa ha significativamente voluto elevare alla dignità episcopale appena due mesi dopo essere stato eletto vescovo di Roma).

Mentre infatti nel caso delle congregazioni per la dottrina della fede e di Propaganda Fide il papa aveva confermato in blocco i membri dei dicasteri, e viceversa nella congregazione per il clero non ne aveva confermato nessuno, nella congregazione per l’educazione cattolica il pontefice è intervenuto a fondo: con conferme, con aggiunte di nuovi membri, con depennamenti.

Francesco ha confermato come prefetto della congregazione per l’educazione cattolica il cardinale polacco Zenon Grocholewski, 74 anni (raggiungerà l’età pensionabile nell’ottobre 2014), in carica dal 1999, e come segretario del medesimo dicastero l’arcivescovo italiano Angelo Vincenzo Zani, 63 anni, in carica dal novembre 2012, quando ha preso il posto del domenicano francese Jean-Louis Brugués, ora archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa e in questa veste in lista d’attesa per la porpora cardinalizia nel concistoro già fissato per il prossimo febbraio.

In più, il papa ha nominato undici nuovi membri della congregazione e ne ha confermati altri 23.

Tra i nuovi membri, sette sono cardinali: il libanese Béchara Boutros Raï, patriarca dei Maroniti; il brasiliano Odilo P. Scherer di San Paolo; il keniano John Njue di Nairobi; l’americano Timothy M. Dolan di New York; il cinese John Tong Hon di Hong Kong; il filippino Luis A. G. Tagle di Manila; lo svizzero Kurt Koch, presidente del pontificio consiglio per l’unità dei cristiani.

E quattro sono arcivescovi: l’italiano Beniamino Stella, prefetto della congregazione per il clero; il messicano Jorge Carlos Patrón Wong, neosegretario per i seminari della medesima congregazione; Ricardo Ezzati Andrello di Santiago del Cile; il polacco Marek Jedraszewski di Lódz.

Tra i confermati, venti sono cardinali: lo spagnolo Antonio M. Rouco Varela di Madrid, l’austriaco Christoph Schönborn di Vienna, il lituano Audrys J. Backis emerito di Vilnius, l’honduregno Óscar A. Rodríguez Maradiaga di Tegucigalpa, il portoghese José da Cruz Policarpo emerito di Lisbona, il ghanese Peter K. A. Turkson (curiale), il croato Josip Bozanic di Zagabria, l’ungherese Péter Erdo di Budapest, il canadese Marc Ouellet (curiale), il francese Jean-Pierre Ricard di Bordeaux, l’indiano Oswald Gracias di Mumbai, lo zairese Laurent Monsengwo Pasinya di Kinshasa, il tedesco Reinhard Marx di Monaco, il canadese Thomas C. Collins di Toronto, l’olandese Willem J. Eijk di Utrecht, l’argentino Leonardo Sandri (curiale), gli italiani Gianfranco Ravasi e Fernando Filoni (curiali), il brasiliano João Braz de Aviz (curiale), lo statunitense Edwin F. O’Brien (curiale).

Più due arcivescovi: l’argentino Alfredo H. Zecca di Tucuman e il tedesco Gerhard L. Müller, curiale. E il vescovo svizzero Charles Morerod di Losanna.

Ma la lista più curiosa è quella dei depennati. Oltre ai cardinali Godfried Danneels, Juan Sandoval Iñiguez e Raffaele Farina che hanno già compiuto 80 anni, non risulta più membro della congregazione Dionigi Tettamanzi che li compirà il prossimo marzo.

Così come non risultano confermati i cardinali William J. Levada e Mauro Piacenza, di fatto sostituiti dai rispettivi successori alla dottrina della fede e al clero, Müller e Stella.

Ma depennati sono anche i cardinali Stanislaw Dziwisz di Cracovia, Giuseppe Betori di Firenze e Rainer Maria Woelki di Berlino. Curiosamente, questi ultimi due erano in carica da appena un anno essendo stati nominati membri della congregazione dopo il concistoro che li ha visti creati cardinali nel febbraio 2012.

In pratica quindi la nuova congregazione per l’educazione cattolica disegnata da Bergoglio è meno italiana (escono Tettamanzi, Betori, Farina e Piacenza mentre subentra il solo Stella), meno europea (oltre agli italiani fuoriescono anche Danneels, Dziwisz e Woelki, mentre oltre a Stella subentrano solo Koch e Jedraszewski), ma più latinoamericana (esce Sandoval, ma entrano Scherer, Patrón ed Ezzati) e più asiatica (nessuna fuoriuscita e tre nuovi ingressi: Rai, Tong e Tagle).

Ora sarà interessante vedere quali risultati potrà produrre la cura Bergoglio negli altri dicasteri. A cominciare da quello chiave per i vescovi, che coadiuva il papa nella scelta dei presuli della maggior parte del mondo: dall’Europa alle Americhe, dall’Australia alle Filippine.

Attualmente su 33 membri di questa congregazione gli italiani sono 12 e gli europei 25 in tutto, 4 i nordamericani, 3 i latinoamericani, uno proveniente dall’Oceania. Proporzioni che è difficile pensare rimarranno invariate.

Ma oltre alle proporzioni numeriche sarà interessante vedere chi papa Bergoglio confermerà, nominerà o depennerà in questo decisivo dicastero.

A tal riguardo è curioso notare come, dal campo progressista, arrivino già delle richieste perentorie. Lo ha fatto ad esempio il “National Catholic Reporter” che ha chiesto la testa del cardinale statunitense Raymond L. Burke, troppo conservatore per i gusti del settimanale. Ma quanto il papa voglia ascoltare questi consigli non disinteressati si vedrà.

Un’ultima notazione riguarda la segreteria di Stato. Nei primi giorni di dicembre, in occasione di un paio di presentazioni di libri e di una messa in suffragio dell’ex decano del corpo diplomatico, ha fatto la sua pubblica apparizione, con tanto di citazione su “L’Osservatore Romano”, il nuovo segretario particolare del nuovo segretario di Stato, l’arcivescovo Pietro Parolin.

Si tratta del britannico Robert David Murphy, nato il 4 febbraio 1973 a Solihull nelle West Midlands inglesi a poche miglia da Birmingham, la cui biografia ecclesiastica non è priva di interesse.

Dopo aver studiato letteratura e diritto civile a Cambridge, entra in seminario all’Institut Catholique di Parigi nel 1995, dove ottiene il baccellierato in filosofia e teologia. Su invito del suo vescovo, all’epoca Maurice Couve de Murville, si trasferisce a Roma dove prende la licenza in teologia alla Gregoriana.

Nel 2001 Murphy viene ordinato sacerdote per la diocesi di Birmingham, retta dal 2000 dall’attuale arcivescovo di Westminster, Vincent G. Nichols. Per quattro anni è vicario parrocchiale e cappellano in tre scuole, nell’ospedale e nel carcere di Stafford. Nel 2004 entra nella pontificia Accademia ecclesiastica, la scuola diplomatica della Santa Sede, presieduta all’epoca dallo spagnolo Justo Mullor Garcia. In questo periodo consegue il dottorato in teologia fondamentale alla Gregoriana sul tema: “Hierarchy and communion: elements in tension in the exercise of ecclesial authority and the retrieval of a canonical space of reception. A proposal in dialogue with the ecclesiology of Yves Congar, O.P.”. Tra i suoi compagni di corso ha Roberto Lucchini, futuro secondo segretario del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, e Fabrice Rivet, oggi segretario del sostituto Angelo G. Becciu.

Nell’estate 2007, al termine dell’Accademia, Murphy viene mandato nella nunziatura in Colombia dove trova come nunzio l’arcivescovo Beniamino Stella, attuale prefetto della congregazione per il clero, che nell’ottobre di quello stesso anno viene chiamato a Roma a presiedere l’Accademia ecclesiastica.

Dopo un solo anno di permanenza a Bogotà, nel 2008 Murphy viene inviato nella rappresentanza pontificia in Argentina, dove diventa il numero due dell’allora nunzio Adriano Bernardini, che il citato libro di Elisabetta Piqué pone in cima agli storici “avversari nel clero” dell’allora arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio. Murphy subentra nella nunziatura argentina a monsignor Alberto Perlasca, trasferito a Roma, dove guida tuttora l’importante sezione amministrativa della segreteria di Stato.

Nel 2011 Murphy viene in un primo momento destinato alla sede ONU di Ginevra, ma poi c’è il contrordine e resta in Argentina, dove tra dicembre e il marzo 2012 regge “ad interim” l’ambasciata vaticana nell’intervallo tra la fuoriuscita di Bernardini, chiamato a guidare la prestigiosa nunziatura in Italia, e l’ingresso del nuovo nunzio, lo svizzero Emil Paul Tscherrig, che – sempre a detta di Elisabetta Piqué – avrà invece un ottimo rapporto con Bergoglio.

Nell’estate 2012 Murphy viene trasferito alla nunziatura di Berlino. Dove rimarrà poco più di un anno. Nel novembre 2013 infatti torna a Roma per lavorare a fianco del nuovo segretario di Stato