Il nuovo papa e i teologi ridotti al silenzio

don Raffaele Garofalo
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La singolare intervista di Scalfari a papa Francesco ha offerto spunti di riflessione che, certamente, lo stesso papa in futuro tornerà ad approfondire. Bergoglio sta aprendo il cuore anche a chi pensa di averlo chiuso a doppia mandata alla Chiesa.

Ma usare il linguaggio di Francesco 40 anni fa e compiere i suoi gesti, voleva dire, per la Chiesa di allora, “favorire il lassismo”… “screditare la propria dignità e quella della Istituzione”. Indossare una semplice tunica bianca, e non una casula broccata d’oro per celebrare i riti, equivaleva, più o meno, ad “attentare alla sacralità” della liturgia. Impastare il cemento per restaurare la chiesa “non era dignitoso” per un parroco, diceva un vescovo. “Curare le ferite in un ospedale da campo” mostrandosi comprensivi verso i peccatori, anche quelli “pubblici”, i divorziati risposati, gli omosessuali, significava dare scandalo più delle persone avvicinate. Sostenere che il sesso è creato per la riproduzione della specie ma anche per la mutua manifestazione d’amore nella coppia, voleva dire essere licenziosi. Ritenere un diritto dell’individuo porre termine alla propria esistenza quando la vita non ha più la dignità che Dio le ha attribuito creandola, significava (e significa tuttora) essere complici di assassinio.

I preti che parlavano e si comportavano in tal modo pagavano un prezzo molto alto. Anche essi erano convinti di essere in un campo di battaglia, secondo la metafora di Francesco, per curare le ferite dell’umanità. Ferite che spesso procura la Chiesa stessa con le sue leggi insostenibili. La dignità di figli di Dio rifiuta ogni paternalismo, anche spirituale. Non si può vivere una vita cristiana dovendosi appellare continuamente alla “misericordia” e al “perdono” di Dio. L’uomo deve poter vivere tranquillo con la propria coscienza, liberato dai “grossi pesi posti sulle sue spalle”. La Pastorale esemplare e confortante di Francesco, le parole e i gesti saranno ben presto l’anima di una nuova “teologia” a favore dell’uomo. Le cure immediate del pronto soccorso si tradurranno in una terapia efficace e duratura. Il cristianesimo non è un post su face-book che “piace e non piace” per empatia o meno col papa di turno: è un messaggio che deve convincere e coinvolgere. Provvidenziale è il lavoro che Francesco sta svolgendo per la riforma della Curia e dello IOR, ne farà certamente una banca etica per i bisogni dell’umanità povera. Il papa continuerà, come i predecessori, a lanciare colombe dalla finestra di piazza san Pietro, ma Francesco provvederà a che non gli tornino indietro corvi a trafficare per le stanze.

Quanti un tempo parlavano e agivano come papa Bergoglio non chiedono di essere “riabilitati”. Ora è la Chiesa che si sta riabilitando con questo papa. Una Chiesa più fedele al vangelo è la rivalsa più appagante. Per l’umanità. Quei preti sono fiduciosi che il cambiamento continuerà anche dopo Bergoglio. Non verranno altri papi dall’est, dall’ovest o dalla fine del mondo ad interrompere il provvidenziale cammino iniziato. Come avvenne dopo Giovanni XXIII!

Un altro tema appena sfiorato nella stessa intervista era quello scottante dell’impegno politico della Chiesa. Bergoglio ha affermato che “la Chiesa non si occuperà di politica”…”le istituzioni politiche sono laiche per definizione e operano in sfere indipendenti“. Un discorso che non poteva essere approfondito nel breve incontro col giornalista ma risulta delineato il progetto confortante di una Chiesa che non scenderà a patti col potere di turno. Ma il papa è consapevole che una religione senza politica è una fuga dai problemi dell’uomo. L’avveduto gesuita avrà modo di precisare che “non occuparsi di politica” vuol dire solo non schierarsi con un partito, fare propaganda. Cristo proclamò beati i poveri e minacciò i ricchi. Non si schierò col partito del Sinedrio né con quello dei Romani. Non richiedeva favori per la sua piccola comunità ma proclamava la giustizia per tutti. Per questo meritò la croce dei ribelli. Nel vangelo Maria esalta un Dio che “rovescia i potenti dai loro troni e innalza gli umili, rimanda i ricchi a mani vuote e colma di beni chi ha fame”. E’ la politica del vangelo, la stessa che avrà in mente Francesco. La Chiesa non si immischierà nei traffici dei partiti e dei governi, per trarne vantaggi. Non imporrà i propri valori facendo pressione sulle leggi dello stato laico.

Accennando alla Teologia della Liberazione il papa confessa la sua stima per quei teologi che “erano credenti e con un alto concetto di umanità”. Tuttavia, rileva il papa, “davano un seguito politico alla loro teologia”. E’ vero, difendevano i diritti delle loro popolazioni conculcati dai regimi dittatoriali dei loro Paesi. Bergoglio ricorda una sua professoressa che stimava molto “una persona coraggiosa e onesta” che gli era stata di grande aiuto. “Fu poi arrestata, torturata e uccisa dal regime dittatoriale allora governante in Argentina”. Anche due gesuiti della sua Provincia furono arrestati e torturati. Tanti giovani “desaparecidos” furono reclamati invano dalle loro mamme in Plaza de Mayo. Bambini orfani dei genitori scomparsi furono sottratti con la forza alle famiglie per essere affidati ai militari del regime. Un abominio e un genocidio che quelle madres (ora abuelas) continuano a piangere. Né la Chiesa di Roma né quella argentina alzarono la voce contro la dittatura. E’ l’accusa di quelle donne disperate.

Il mondo ricorda un altro papa, difensore dei diritti umani nei paesi dell’Est, ma che in Cile si affacciava al balcone accanto a un dittatore sanguinario che si proclamava cattolico. Le Chiese tacciono per “prudenza”. Ma la prudenza, in un regime dittatoriale sanguinario, è ugualmente una “politica”… una prudenza di comodo, non la prudenza evangelica. I Teologi della Liberazione furono condannati da due papi. Il loro schierarsi fu un’“imprudenza” cristianamente doverosa. Bergoglio sta offrendo la speranza di un reale cambiamento che è solo all’inizio. La sua simpatia riempie il cuore. Restituirà la Parola a quei teologi ridotti al silenzio? In occasione del Giubileo 2000 il card. di Buenos Aires dichiarò pubblicamente che la Chiesa argentina doveva chiedere perdono per non aver difeso adeguatamente i diritti dei cittadini conculcati durante la dittatura. Una ammissione che rafforza la speranza riposta in lui. Richiamando il profeta Isaia il vangelo fa annuncio di “liberazione dei prigionieri”. Anche la Chiesa è prigioniera. Di se stessa.