Matrimonio e sessualità: voltiamo pagina

Claudia Fanti
Adista Documenti n. 45 del 21/12/2013

Sono indicazioni chiare, forti e nette quelle contenute nel manifesto promosso dal John Wijngaards Catholic Research Centre (fondato nel 1983 dal teologo inglese John Wijngaards al fine di promuovere la «formazione a una fede adulta»), in vista del Sinodo dei vescovi sulla famiglia indetto da papa Francesco per il prossimo anno (5-19 ottobre 2014). Redatto da Joseph Selling dell’Università di Lovanio «dopo aver consultato un nutrito gruppo di teologi» (come si legge sul sito www.johnwijngaards.org/statement/), il manifesto – a cui hanno aderito circa 250 personalità del mondo teologico e accademico, da Jeannine Gramick (cofondatrice dall’organizzazione New Ways Ministry, impegnata nel lavoro pastorale con gay e lesbiche) a Sandra M. Schneiders (insignita del prestigioso John Courtney Murray Award dalla Catholic Theological Society of America, associazione che raccoglie i più grandi teologi statunitensi), dal teologo di origine vietnamita Peter Phan al vescovo emerito di Sidney Geoffrey Robinson, per citare solo alcuni dei più famosi – evidenzia come l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la sessualità sia basato sulle «nozioni astratte e ormai superate della legge naturale» o su concezioni non fondate scientificamente, risultando in tal modo incomprensibile alla maggioranza dei fedeli. Ed è così che i firmatari del manifesto chiedono ai vescovi di tutto il mondo di «prendere sul serio i dati dell’esperienza umana nella formazione degli orientamenti pastorali», promuovendo una consultazione più ampia e completa tra i laici in vista del Sinodo previsto per il prossimo anno.

Di seguito, in una nostra traduzione dall’inglese, il testo del manifesto del John Wijngaards Catholic Research Centre

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In ascolto delle esperienze dei fedeli

John Wijngaards Catholic Research Centre

Quando il Concilio Vaticano II elaborò il suo documento su “Dignità del matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione” (Gaudium et Spes, Parte II, capitolo 1, §§ 47-52), i vescovi si misero in ascolto delle persone sposate, prestando attenzione alle loro esperienze personali. Il risultato fu un insegnamento rinnovato e più realistico. Tuttavia, quando venne preparato e realizzato il Sinodo dei vescovi sui compiti della famiglia cristiana, nel 1980, solo alcuni laici attentamente selezionati vennero invitati. Essi non espressero una voce critica, ignorando prove evidenti del fatto che l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla sessualità non rispondeva alle necessità dei fedeli. Il Sinodo che ne derivò non produsse nulla di utile in termini pastorali.

Esortiamo allora i fedeli cattolici e qualunque altra parte interessata a condividere le proprie esperienze e le proprie conoscenze con i leader della Chiesa e a esprimere i propri pensieri e le proprie preoccupazioni. Alcune delle questioni qui esposte sembrano meritare un’attenzione speciale.

I LEADER MANCANO DI ESPERIENZA RELATIVAMENTE ALLA VITA DELLE PERSONE SPOSATE

Il fatto è che il grosso dell’insegnamento ufficiale della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia è stato elaborato e promulgato da uomini che non hanno avuto esperienza diretta, personale, della vita matrimoniale nel mondo contemporaneo, in quanto la loro promessa di celibato esclude qualsiasi forma di relazione sessuale. Come risultato, si parla poco e con scarsa chiarezza alle persone che cercano di vivere bene la propria sessualità, al fine di stabilire relazioni significative e di prepararsi all’impegno serio di una vita di amore che possa comprendere le sfide della genitorialità.

IL MATRIMONIO ESISTE IN MOLTEPLICI FORME

Il documento divulgato in preparazione del Sinodo, i Lineamenta, parla del matrimonio come se ne esistesse soltanto una forma e, di conseguenza, come se tutte le famiglie fossero uguali. Tuttavia, l’esperienza dei fedeli rivela che questo non è vero né storicamente né geograficamente, in quanto, anche all’interno di una stessa cultura e di uno stesso periodo storico, esiste una molteplicità di forme di relazione coniugale e di struttura familiare. Inoltre, in molti casi, il matrimonio e la famiglia non costituiscono la base della struttura sociale così come molti documenti della Chiesa lasciano intendere, essendo, in realtà, frequentemente in balìa della povertà, della guerra, del materialismo, dell’abuso di potere e di una Chiesa che sembra non comprendere le sfide che devono affrontare le persone sposate.

LA VITA MATRIMONIALE È REALMENTE COMPLESSA

Nel dare l’impressione che l’insegnamento attuale della Chiesa sia lo stesso dai tempi di Cristo, tale documento non riconosce che fu solo nel XII secolo che il matrimonio venne riconosciuto come sacramento e che fu più o meno nella stessa epoca che la nozione di vincolo indissolubile, stabilito per consenso e attraverso la consumazione dell’atto sessuale, acquisì forma canonica. Nell’insegnare che «l’uomo non separi ciò che Dio ha unito» (Mt 19,6; Mc 10,9), la Chiesa non ha offerto alcun criterio per determinare cosa, di fatto, Dio ha unito. L’esperienza ha dimostrato che compiere semplicemente quanto prevede la forma canonica del matrimonio non offre la garanzia che sia stato preso un impegno genuino, informato e sincero.

Quando diventa evidente – e possono passare molti anni – che non esiste realmente alcun impegno coniugale o, peggio, quando un impegno coniugale sincero viene tradito da un partner infedele, molto spesso capita che le persone che affrontano questa tragedia siano ritenute colpevoli o trattate come peccatrici permanenti, anziché venire confortate con il perdono e la comprensione. Se le persone legalmente divorziate tentano di costruire una nuova relazione, non di rado per offrire un ambiente familiare ai propri figli, la Chiesa istituzionale, invece di operare nel senso di una riconciliazione come hanno fatto maggioritariamente i nostri fratelli cristiani, reagisce bandendole dall’Eucaristia. Attendersi da queste persone una vita celibataria comporta una visione severa e diffidente nei confronti della sessualità umana.

GLI ORIENTAMENTI DELLA CHIESA RIVELANO UNA MANCANZA DI SENSIBILITÀ

Normalmente, a coloro che sono interessati ad avere relazioni coniugali è offerto scarso orientamento sul modo di procedere in questo importante momento di maturazione. La preparazione al matrimonio si riassume, frequentemente, nell’indicazione di evitare qualunque rapporto sessuale prima dello scambio pubblico di promesse e di rinunciare all’uso dei contraccettivi, indipendentemente da quali siano le conseguenze per la coppia. Le persone che vivono una relazione e magari convivono con il/la proprio/a partner vengono ritenute unilateralmente immature, egoiste, non disposte ad assumere impegni seri e non rispettose dell’autorità. Anziché assisterle in ciò che potrebbe essere un viaggio verso una relazione definitiva, la Chiesa le condanna come se stessero vivendo in maniera immorale.

VIENE MENO L’APPOGGIO PASTORALE AI GIOVANI

Ci troviamo di fronte a una mercificazione e a uno sfruttamento della sessualità senza precedenti, specialmente attraverso la comunicazione globale. Se la Chiesa è stata veloce a condannare ciò che considera immorale, essa offre poco aiuto concreto a milioni di persone – in particolare i giovani – riguardo al modo di affrontare tali pressioni e di sviluppare una comprensione sana, amorevole, positiva e gioiosa della sessualità. Mentre esistono molte regole riguardo a cosa (non) fare, non è offerto praticamente alcuno strumento alle persone per aiutarle a navigare in queste complesse e turbolente acque, verso una gestione equilibrata della propria sessualità.

PROSEGUE LA DISCRIMINAZIONE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE OMOSESSUALI

Per quanto la Chiesa abbia fatto qualche progresso nell’accettare il fatto che non tutte le persone siano chiamate a una stabile unione eterosessuale, essa ha fatto ancora molto poco per promuovere l’accettazione di persone con orientamenti sessuali alternativi come degni membri della Chiesa e della società. Il compito di educare i fedeli al rispetto di ogni persona che non risponda alle loro aspettative personali, in particolare quando queste persone stanno vivendo in maniera onesta, è ancora tutto da svolgere nella maggior parte delle parrocchie cattoliche.

LA CONTRACCEZIONE RESPONSABILE ANDREBBE PERMESSA

Negli ultimi 45 anni, la leadership della Chiesa si è aggrappata a un insegnamento sulla genitorialità che esclude praticamente quasi tutti i mezzi di regolazione della fertilità. Dopo il tentativo da parte della Gaudium et Spes di superare la prospettiva canonica del matrimonio come un’istituzione rivolta primariamente alla procreazione e all’educazione dei figli, l’autore della Humanae Vitae, ignorando l’indicazione da parte del suo stesso comitato consultivo di avanzare con l’insegnamento sul controllo della natalità, ha riaffermato la nozione secondo cui un’“apertura alla procreazione” deve essere garantita a ogni atto sessuale coniugale. I leader della Chiesa devono comprendere che è arrivata l’ora di riformare tale insegnamento.

Dovrebbe essere lasciata alla coscienza di ogni coppia la possibilità di trovare un modo responsabile di regolare la fertilità che sia appropriato alla situazione particolare di ognuno. Se alcuni modi di evitare il concepimento possono non essere considerati l’ideale, questi non dovrebbero però essere definiti come “intrinsecamente cattivi”. Tale terminologia confonde più che chiarire. L’uso di una contraccezione responsabile non dovrebbe essere ritenuto materia per il sacramento della riconciliazione.

LE INDICAZIONI DEI LAICI SULLA VITA MATRIMONIALE SONO CRUCIALI

Infine, gli insegnamenti ufficiali sul matrimonio e la sessualità, sulla base di nozioni astratte e superate della legge naturale – o almeno di concetti di sessualità umana scientificamente non fondati –, sono, in gran parte, incomprensibili per la maggioranza dei fedeli. Coloro che insegnano devono non solo comprendere la materia, ma anche capire coloro a cui cercano di insegnare. Crediamo sia stata fatta una consultazione insufficiente di tutti quei fedeli, in rappresentanza di un ampio spettro di esperienze e di riflessioni, senza menzionare una quantità considerevole di conoscenze tra chi possiede competenze professionali. Crediamo sia necessario prendere sul serio i dati dell’esperienza umana nella formazione degli orientamenti pastorali.