Questionario – La fede attraverso l’amore e la laicità di ComunitàS.Francesco

Comunità di San Francesco Saverio
Trento

Che sul tema della famiglia il Magistero della Chiesa si metta in ascolto del “popolo di Dio” ci riempie di gioia. È lo spirito del Concilio Vaticano II che riprende a soffiare, con la svolta avviata da papa Francesco. La Comunità di San Francesco Saverio riflette da tempo sulla famiglia. Siamo riconoscenti per l’annuncio della fede che la Chiesa ci ha comunicato, e per i segni di amore che ha seminato in 2mila anni di storia, ma sentiamo anche il dovere, da cristiani adulti, di misurarci con le sfide della modernità che l’istituzione ecclesiastica ha considerato spesso soltanto come un pericolo.

Matrimonio e divorzio

In un tempo non lontano, per l’uomo e la donna, era scontato essere sposati in chiesa da un sacerdote, tutti e per sempre, e accettare tutti i figli che nello stare insieme arrivavano. Alla dottrina cattolica, nell’era della cristianità, quella sembrava la “famiglia naturale”, immutabile, istituita da Gesù sul sacramento del matrimonio indissolubile, al fine di realizzare il comandamento di Dio «crescete e moltiplicatevi».

Oggi nessuno, nella Chiesa, pensa di eliminare il divorzio dalla legislazione civile italiana. Eppure quarant’anni fa la dirigenza cattolica si impegnò a fondo per abolirlo. Oggi nessuno pensa di definire “pubblici peccatori e concubini” le persone che si sposano in municipio con il rito civile. Anzi, è il prete che nei corsi di preparazione lo consiglia caldamente a quelli che non credono nel sacramento. Ma non è solo una questione di laicità, di rispetto dell’autonomia della sfera politica. La Chiesa infatti, dopo l’introduzione della legge, ha mutato un poco alla volta lo sguardo sui divorziati, e oggi si interroga su come testimoniare con mitezza, all’interno di una società pluralista, l’indissolubilità del matrimonio cristiano, segno dell’amore di Dio per l’umanità, di Gesù Cristo per la Chiesa.

La comunità familiare è il luogo del perdono, uno scambio d’amore che permette un nuovo inizio, “settanta volte sette”. Se però il matrimonio fallisce, irreversibilmente, una volta era “condannato” a durare, con conseguenze pesanti, fino alla violenza, sulla donna soprattutto, e sui figli. Oggi, se non riesce, si accede al divorzio come a un diritto, è il tentativo di riprovare. Al Sinodo noi chiediamo una pastorale di comunione che vada a favore, e non contro, i divorziati risposati. Del resto nei primi quattro secoli a determinate condizioni era ammesso il secondo matrimonio, richiamandosi alle Scritture (Mt 19,9 e 1Cor 7,15-16). Anche dopo la divisione del 1054 questa regolamentazione venne mantenuta dalla Chiesa ortodossa. Estendere oggi tale disciplina alla Chiesa cattolica avrebbe anche un grande valore ecumenico.

Unioni civili

Da tempo, poi, il matrimonio è in crisi, sia quello religioso che quello civile. Si diffondono le “coppie di fatto” fra i giovani, ma anche fra le persone anziane. Abbiamo forme di solidarietà fra fratelli, e fra persone singole. Nemmeno fra i preti ci si meraviglia che prima del matrimonio si sperimenti una fase di convivenza. Eppure la Cei, invece di vedere nelle unioni civili, anche omosessuali, la ricerca di un’etica nuova, fatta di diritti e doveri reciproci, e di interrogarsi sul loro essere segno di amore, ha agito per impedire allo Stato di riconoscerle giuridicamente. La Comunità di S. Francesco Saverio, a suo tempo, ha preso posizione per aiutare i vescovi italiani a capire.

La Chiesa ha accettato che la società civile equipari i figli nati fuori del matrimonio, definiti illegittimi, a quelli nati nel matrimonio. Da quando poi, almeno in Occidente, siamo riusciti a ridurre la mortalità infantile, i genitori non considerano ogni nato la piena realizzazione del progetto di Dio. I figli sono sempre più il frutto di una scelta d’amore, che impegna all’amore. Anche la Chiesa ha infatti incominciato a parlare di maternità e paternità responsabili. La libertà ci impegna a una responsabilità maggiore, ed è questo che non ha colto, a nostro parere, l’enciclica Humanae vitae che ha condannato i metodi contraccettivi artificiali come indegni della persona.

La donna e l’uomo

Tutte queste trasformazioni sono la prova che la famiglia non è un “dato di natura”, ma un “fatto di cultura”, che cambia nella storia. Sono il risultato, nella modernità, del graduale affermarsi della libertà e dell’amore, nel matrimonio e in ogni relazione. Se una volta “si era sposati” in una trattativa fra le famiglie di origine, oggi “ci si sposa” per una scelta d’amore fra i coniugi, gli autentici ministri del matrimonio.

La famiglia che muta, per noi cristiani, è la storia in cui Dio continua a rivelarsi. Lo fa nei processi di liberazione della donna, nell’autonomia crescente dei figli, nella maggiore disponibilità dell’uomo all’educazione e alla cura. L’allungamento della vita permette a molte più persone di fare l’esperienza di essere nonni, zii, cugini, amici, a lungo.

Del primato dell’amore ha parlato recentemente a Trento la sociologa Chiara Saraceno, e delle scienze sociali noi facciamo tesoro. A questa svolta ha contribuito il Concilio Vaticano II quando, dopo secoli di sessuofobia e misoginia, ha spostato nel matrimonio la priorità dalla funzione procreativa a quella unitiva: anche il «non è bene che l’essere umano sia solo» è comandamento di Dio. Su quella strada proseguiamo con speranza. Alle istituzioni, nella crisi economica e sociale, chiediamo una politica attiva per la famiglia.

Siamo consapevoli delle contraddizioni che il “progresso” della modernità comporta, quando la sessualità è disgiunta dalla procreazione, e la procreazione è disgiunta dalla sessualità. I motivi dell’instabilità di tanti nuclei familiari vanno ricercati nelle difficoltà delle relazioni fra uomini e donne. I cambiamenti socio-economici hanno messo in crisi la tradizionale disparità di ruoli, ma non abbiamo ancora saputo raggiungere un nuovo equilibrio. Gli uomini d’oggi vanno pertanto formati, questo è il punto di vista delle donne della Comunità, a percepire diversamente se stessi nella relazione, a vivere rapporti paritari. A rinunciare, in definitiva, al possesso nei confronti delle donne (e anche dei figli).

Da “adulti” nella società e nella Chiesa

Non rimpiangiamo però le sicurezze del passato, l’involucro protettivo della “cristianità”. Il peccato, ripeteva Enrico Chiavacci, è la sessualità mercificata, o violenta, separata dall’amore. Anche la cultura laica si sta interrogando su questa scissione, che preoccupa, fin dall’adolescenza.

La nascita, la vita, la morte ci pongono molte altre domande. Sono la fecondazione assistita, l’aborto, le coppie omosessuali, il celibato ecclesiastico, il sacerdozio femminile, le coppie miste originate dal pluralismo religioso e culturale indotto dall’immigrazione, il fine vita. Cerchiamo le risposte riconoscendo la storicità della sessualità e della famiglia, della Chiesa e dello stesso cristianesimo.

Sono nuove forme di amore, di dolore talvolta, che l’annuncio di Gesù incontra ed accoglie. Le risposte possono essere varie e i cristiani, nella città, parteciperanno alla ricerca laicamente, diversi politicamente fra loro, insieme con tutte le persone di buona volontà. Consapevoli di non disporre della verità assoluta, “non negoziabile”. Guardiamo con rispetto alle soluzioni, mai perfette e definitive, che in uno Stato laico emergono dal dibattito democratico. Come Chiesa, consapevoli dei nostri limiti, ci impegniamo a contribuire al bene della società, da minoranza non settaria, testimoniando “la fede attraverso l’amore” (Gal 5,6), il lievito che Gesù ha immesso nella storia come un seme capace di fruttificare.

* Badia San Lorenzo, via Pozzo 2, 38122, Trento (www.badiasanlorenzo.it)