Svolta democratica tra i vescovi italiani. A novembre eleggiamo il presidente

Intervista a Domenico Mogavero di Giovanni Panettiere
Il Giorno, il Resto del Carlino, La Nazione 2 gennaio 2014

«NON me l’aspettavo, la nomina del nuovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana
è stata una sorpresa. Graditissima, perché monsignor Nunzio Galantino è la persona adatta a far
compiere ai vescovi un passo coraggioso e innovativo. Se tutto andrà per il verso giusto, a
novembre per la prima volta eleggeremo i vertici dell’episcopato». Azzarda una data monsignor
Domenico Mogavero fra i pastori più influenti del Belpaese, un mese che, a sentire l’ordinario di
Mazara del Vallo, potrebbe passare alla storia.

In oltre sessant’anni di vita della Cei il presidente e il segretario sono sempre stati designati dal Papa in qualità di primate d’Italia. È l’unico caso al mondo. Ora, per volontà dello stesso Francesco, anche nell’episcopato italiano è stato aperto il cantiere delle riforme istituzionali, nonostante non manchino le resistenze. Mogavero, un passato prossimo da sottosegretario ai tempi del cardinale Camillo Ruini, vero deus ex machina della Chiesa tricolore e non solo, lo sa bene e non nasconde la testa sotto la sabbia.

All’interno delle conferenze episcopali regionali è in corso una consultazione per sondare l’opinione dei vescovi sulla riforma. Quale è l’orientamento dei suoi confratelli?
«Direi che siamo cinquanta a cinquanta. C’è ancora una buona fetta di pastori contraria alle elezioni. Teme che si ridimensioni il ruolo primaziale del santo padre. Questo mi dispiace dal momento che votare non significa sminuirlo».

Che cosa cambierebbe, invece?
«Aumenterebbero la partecipazione e la corresponsabilità episcopale. Certo, eleggendo presidente e segretario, potremmo avere delle spaccature interne all’assemblea. Ma sono rischi da correre. Come vescovi non abbiamo solo degli onori, abbiamo anche degli oneri».

Il papa comunque spinge per la riforma altrimenti non avrebbe nominato Galantino ad interim.
«Prima del voto bisognerà cambiare lo statuto della Cei. L’assemblea generale di maggio sarà l’occasione giusta, poi, una volta avuto il placet della Santa sede alle modifiche, nella sessione
straordinaria di novembre si potranno eleggere le cariche».

Il cardinale Angelo Bagnasco, confermato fino al 2018, dovrebbe dimettersi?
«Deciderà lui. Se passa la linea elettiva, è chiaro che il passo indietro sarebbe una soluzione politica-diplomatica condivisibile».

Nel frattempo l’ex numero due dei vescovi, monsignor Mariano Crociata, è stato ‘promosso’ alla sede di Latina: promoveatur ut amoveatur?
«Sarebbe meschino pensare che sia stato spostato, perché, come qualcuno ha ipotizzato, avrebbe rifiutato il ruolo di ordinario militare. Può avere espresso delle preferenze, niente di più. Ovviamente Latina non è Firenze, l’arcidiocesi in cui venne inviato il predecessore di Crociata, Giuseppe Betori. Tuttavia con Francesco questa logica non ha molto senso. Anche la mia piccola Mazara ha la stessa dignità episcopale delle grandi diocesi».