Cinque comunità pastorali di Caorle coi loro preti hanno risposto al questionario sulla famiglia

Caro papa Francesco,

ti siamo grati perché hai permesso anche a noi di partecipare attivamente alla preparazione del Sinodo straordinario,”che ha lo scopo di annunciare il Vangelo nelle sfide pastorali di oggi circa la famiglia” (dal documento preparatorio).
Siamo consapevoli del limite del nostro intervento. Anzitutto perché apparteniamo al vastissimo e variegato mondo delle periferie: abitiamo infatti un territorio di bonifica, costituito da migliaia di ettari di terreno, strappati da pochi decenni alla palude, e le nostre comunità sono numericamente piccole e fragili, costituite per lo più da contadini e operai. Tuttavia, anche a noi è stata consegnata la “gioia del Vangelo”, un dono che dobbiamo far fruttificare e condividere con tutti. Anche per questo abbiamo deciso di rispondere alle domande proposte alle Chiese particolari, consapevoli che spesso anche “il gregge possiede un suo olfatto per individuare nuove strade” (E.G. 31).

1 – Sulla diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa riguardante la famiglia

La nostra cultura è popolare. Comprendiamo maggiormente il discorso narrativo delle Scritture, lette nella tradizione vivente della Chiesa, più che i trattati di teologia o i documenti del Magistero. E’ evidentemente un limite, ma noi veniamo formati alla vita di fede – e dunque al valore cristiano della famiglia – soprattutto nella spiegazione della Parola di Dio, letta nell’assemblea liturgica. E’ lì che facciamo esperienza della Chiesa come famiglia di Dio. E’ lì che nasce la profezia della ‘famiglia come piccola Chiesa’. E’ nella liturgia che le nostre culture particolari, ciò che è ‘naturale’, e anche le nostre visioni religiose, vengono evangelizzate e trasformate, come l’acqua viene trasformata in vino a Cana. Il messaggio evangelico a riguardo della famiglia è così chiaro ed essenziale, “così diretto, così semplice ed eloquente, che nessuna ermeneutica ecclesiale ha il diritto di relativizzarlo. La riflessione della Chiesa su questi testi non dovrebbe oscurare o indebolire il loro significato esortativo, ma piuttosto aiutare a farli propri con coraggio e fervore…Gli apparati concettuali esistono per favorire il contatto con la realtà che si vuol spiegare e non per allontanarci da essa”(E.G. 194).

2 – Sul matrimonio secondo la legge naturale

Riteniamo che insistere sulla legge naturale non porti un buon contributo alla causa della famiglia, perché proprio la legge naturale è oggetto oggi di dibattito e di visioni etiche divergenti. Anche le ‘eccezioni’ della natura sono interpretate come appartenenti alla natura e sono dunque fonte di diritti. Certamente il Vangelo della famiglia che noi annunciamo ha un fortissima valenza antropologica e si può dire che corrisponda alla natura, ma esso è anche una nuova nascita “dall’alto”, e può essere compreso solo dallo Spirito : “quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito” (Gv3,6). La natura, una volta assunta, “non solo viene redenta, ma diventa strumento dello Spirito per illuminare e rinnovare il mondo” (E.G. 132).

3 – La pastorale della famiglia nel contesto della evangelizzazione

Le nostre piccole realtà rurali non permettono corsi di preparazione al matrimonio con un calendario preciso. E molti sottolineano l’inutilità pastorale di molti corsi, noiosi e moralistici. Normalmente alle coppie che si presentano per il matrimonio proponiamo un percorso di lettura dei testi biblici della domenica, soprattutto il Vangelo. Non ci sono infatti nella bibbia solo poche pagine che parlano agli sposi, ma tutto è detto per tutti. E ognuno accoglie la Parola nella sua esistenza concreta. Alla fine diventa ‘naturale’ inserirsi nella comunità eucaristica e continuare il cammino. Anche se capita, e non raramente,che dopo il matrimonio si ritorni all’anonimato della fede. La sfida pastorale è proprio questa: che le nostre comunità siano così evangeliche da coinvolgere per attrazione altre famiglie. Nelle nostre comunità rurali da circa 20 anni esiste la proposta di una preghiera settimanale, che raccoglie tre o quattro famiglie insieme nelle loro case. Attualmente ci sono nuclei di preghiera in sette paesi diversi. L’incontro, molto semplice e limitato nel tempo, è sempre centrato sulle letture domenicali dalle quali, a poco a poco, sgorga anche la preghiera spontanea dei fedeli, come da una sorgente nascosta nel cuore. Questa preghiera, che prende l’intelligenza, la volontà, gli affetti è, di fatto, un elemento importantissimo di trasmissione della fede, fonte di unità famigliare, sostegno indispensabile nella “complessità della vita e della cultura attuale” (3,b), spinta per una autentica missionarietà nei vari ‘mondi’ e nelle multiformi ‘periferie’. Si può anche sottolineare che, dall’ascolto della Parola nelle case e dall’Eucaristia, numerose famiglie sono diventate famiglie affidatarie, o hanno assunto delle responsabilità in ambito civile o politico, dando così un apporto specifico in ordine alla diffusione di una visione integrale della coppia e della famiglia cristiana credibile oggi” (3,e). Sottolineiamo: credibile oggi. Occorre anche sostenere il cammino delle coppie attraverso una particolare attenzione alla visitazione reciproca, che offra spazi dilatati di ascolto e di accoglienza, di prossimità e di cura. Viene pure auspicato che la preparazione al matrimonio sia meno dottrinale e astratta, maggiormente condotta da altri sposi, all’interno di un cammino comunitario, dove non prevalga la figura del presbitero. Si può così sperimentare in un modo molto più efficace di aridi scritti la “rivoluzione della tenerezza”.

4 – Sulla pastorale per far fronte ad alcune situazioni matrimoniali difficili

Le convivenze sono ormai una consuetudine diffusissima. Assistiamo ad una mutazione culturale avvenuta in pochissimi anni, senza che sia stato sollevato alcun problema di carattere morale. La ‘nuova morale’ è la fedeltà ad un unico partner, senza alcun vincolo matrimoniale, nemmeno civile. Così pure aumentano sensibilmente i separati e i divorziati risposati ( o conviventi ) :molte di queste persone si avvicinano alle nostre comunità. Senza praticare sconti sulla visione cristiana del matrimonio e della famiglia, pratichiamo tuttavia la pastorale dell’accoglienza e dell’ascolto. Vengono qui indicate due strade. La prima: cercare una piena disponibilità all’incontro con tutti, con i tratti della vera amicizia. Gesù era amico anche dei pubblicani e delle prostitute. Accogliere tutti coloro che chiedono il matrimonio cristiano, anche dopo anni di convivenza, iniziando pazientemente un itinerario spirituale, sempre meno marcato dal carattere della obbligatorietà e della legge, e sempre più segnato invece da tratti gioiosi di un cammino che si può praticare insieme. E’ l’offerta semplice del Vangelo, senza più guardare al passato. C’è un “d’ora in poi” che rende possibile uno sguardo nuovo sulle relazioni affettive. La seconda strada è questa: notiamo molta sofferenza nei divorziati risposati, almeno tra quelli che desiderano inserirsi nella comunità per un cammino di fede. Molti altri se ne stanno lontani, colpiti da un giudizio negativo delle persone di Chiesa. Anche tra il clero permangono delle durezze che sottolineano unilateralmente la dottrina, il diritto canonico, la legge, e non si pongono in ascolto della sofferenza e della domanda di aiuto di molti. Notiamo come molto spesso, dopo una prima unione fallimentare, quando si ha nuovamente il coraggio di imboccare la via del matrimonio, le persone diventano più mature, anche a motivo della sofferenza provata, e anche più segnate dalla grazia di Dio. La loro vicenda ha come creato un vuoto, una ferita, che solo la misericordia di Dio può colmare e sanare. Crediamo fermamente che su questo punto la Chiesa, senza perdere la radicalità della proposta cristiana sul matrimonio, debba profondamente mutare atteggiamento, trovando le vie pastorali per la riammissione al sacramento della Riconciliazione e dell’Eucaristia. Non crediamo invece allo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità. Molte volte si tratta di matrimoni veri che sono naufragati. Si potrebbe invece, anche in vista di un avvicinamento ecumenico con la prassi delle Chiese sorelle d’Oriente, constatare l’esaurimento di un primo legame e procedere, con la dovuta prudenza pastorale e attraverso un cammino penitenziale, al riconoscimento canonico di un secondo matrimonio. Su questo punto sarebbero coinvolte soprattutto le Chiese locali, attraverso una pastorale dell’accompagnamento e del discernimento di reali cammini spirituali. Una semplice procedura amministrativa, per fingere che il matrimonio non sia mai esistito, come può accadere in alcuni casi, è pressoché inutile, se non dannoso.

5 – Sulle unioni delle persone dello stesso sesso.

Non esiste (ancora) nel nostro Paese una legge civile di riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso. Crediamo che avverrà presto, e bisognerà vedere tutto questo come un fatto positivo. L’unione stabile di due persone, anche dello stesso sesso, deve comportare diritti e doveri riconosciuti,ed è sempre meglio della deriva individualistica in cui siamo immersi. E la Chiesa, libera da tutele espresse dal ‘braccio secolare’, potrà svolgere meglio la sua missione profetica, che annuncia la novità cristiana. Vorremmo tuttavia che queste unioni non fossero chiamate “matrimonio” per non rendere tutto in-differente. Alla precisione dei termini deve corrispondere una precisione della realtà fattuale. Nei confronti di queste persone l’atteggiamento della Chiesa deve essere sempre di rispetto e di amore. Per quanto riguarda l’adozione di bambini da parte di persone omosessuali, i nostri pareri sono discordi. C’è bisogno di una ulteriore riflessione, supportata dall’aiuto di esperti educatori, di psicologi e di pedagogisti, oltre che dall’esame delle esperienze in atto, senza vincoli ideologici.

6 – Sull’educazione dei figli in seno alle situazioni di matrimoni irregolari

Pastoralmente la proposta della trasmissione della fede deve essere offerta a tutti, indipendentemente dalla situazione dei singoli, annunciando con mitezza e verità il Vangelo della famiglia, soprattutto con la testimonianza di una vita che dica più delle parole, senza polemiche e senza rancori.

7 – Sull’apertura degli sposi alla vita

E’ fuori dubbio che la dottrina della Chiesa sulla paternità e maternità responsabile ( Humanae vitae) è comunemente disattesa. Crediamo che l’insegnamento debba arrestarsi sulla soglia della vita intima degli sposi, limitandosi ad annunciare l’assoluta bontà del dono di sé nell’atto coniugale, che deve essere sempre rispettoso della logica dell’amore oblativo, e la necessaria e generosa apertura alla vita. Comporre in equilibrio questi due doni è compito della coscienza delle singole persone e di ciascuna coppia. Una mentalità maggiormente aperta alla natalità è promossa anche da nuove e coraggiose politiche familiari e da una effettiva solidarietà vissuta tra famiglie appartenenti alla comunità cristiana.

8 – Sul rapporto tra famiglia e persona

La famiglia è un luogo privilegiato per lo sviluppo integrale della persona, a tre condizioni: 1. che la famiglia si apra ad una comunione più ampia (Chiesa, comunità). 2. Che la Parola di Dio abiti i cuori, svelandone la durezza e le contraddizioni: c’è una ‘divisione’ operata dalla Parola anche in seno alla famiglia. 3. Che si comprendano bene le complesse vicende psicologiche, sociologiche, politiche, morali, in cui oggi è immersa la famiglia. Non tenere conto di questo è ideologia religiosa e vuoto moralismo.
Caro papa Francesco, ti ringraziamo della possibilità che ci hai offerto. Abbiamo risposto con onestà, esprimendo pensieri presenti nel popolo di Dio, forse non sempre corrispondenti a quello che si vorrebbe sentire. Ma tu stesso hai detto che ” le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove che a volte sono perfino difficili a comprendere”. Vorremmo anche noi “annunciare e portare la salvezza di Dio in questo mondo, che spesso si perde, che ha bisogno di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa deve essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possono sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo” (E.G.114)

Grazie ancora, papa Francesco.
Preghiamo per te e tu ricordaci nella tenerezza dell’amore di Cristo.

Don Giuseppe Simoni, don Alberto Vianello, don Giorgio Scatto, con la Comunità pastorale di Cà Cottoni, Cà Corniani, S.Gaetano, Ottava Presa, Marango, del Patriarcato di VENEZIA

Caorle (Ve), 9 gennaio 2014