Questionario per il Sinodo. Le richieste dei fedeli a Francesco

Giovanni Panettiere
Qn, 26 gennaio 2014

Comunione ai divorziati risposati, accoglienza degli omosessuali, ma anche più attenzione alle coppie in crisi, dialogo con i conviventi e rafforzamento dei corsi pre-matrimoniali. Il papa interpella la Chiesa sulle sfide della famiglia e i cattolici italiani fanno sentire la loro voce, sottolineando le urgenze pastorali nelle risposte all’inedito questionario in vista del Sinodo di ottobre. Sono state trasmesse alla Segreteria generale della Conferenza episcopale italiana le sintesi elaborate dai 226 vescovi diocesani che nei loro territori hanno raccolto stimoli da parrocchie, associazioni e nuclei familiari. Oggi il Consiglio permanente della Cei (una sorta di cdm) esaminerà un testo d’insieme da inviare alla Segreteria generale del Sinodo come contributo finale della Chiesa italiana. In attesa del documento e di cifre ufficiali, alla luce di un’indagine sulle diocesi del nord, centro e sud del Paese, è possibile anticipare le priorità dei fedeli e tirare le somme di una consultazione fortemente voluta da Francesco.

Se il papa auspicava una diffusione capillare del questionario, nel Belpaese l’operazione è avvenuta solo in parte. Un po’ perché, come denunciato al Qn dal segretario generale del Sinodo, il cardinale in pectore Lorenzo Baldisseri, si sono avuti complessivamente dei ritardi nella distribuzione delle domande, un po’ perché nelle realtà più ampie — Torino e Bologna in testa — gli arcivescovi hanno preferito sensibilizzare per lo più il clero. È andata meglio nelle diocesi piccole, come per esempio Fidenza, Pavia, Lucca e Acireale, dove sono state coinvolte anche associazioni (Azione cattolica, Cl e Le Equipes Notre Dame). Ma non sempre la partecipazione è stata nelle attese a riprova di una certa immaturità del laicato italiano, quando si tratta di far sentire la propria opinione. «Non si è percepita l’importanza della richiesta di collaborazione», lamenta l’arcivescovo di Oristano, Ignazio Sanna.

Fra i temi maggiormente sentiti dalla base campeggia la situazione dei divorziati risposati che, diritto canonico alla mano, non possono accedere alla comunione, sempre che non si astengano dai rapporti sessuali. «La gente ci chiede di favorire l’accesso ai sacramenti per queste persone — avverte Sanna —. Se la voce è piuttosto unisona, qualcosa vorrà pure significare… Ci costringe a leggere il cambiamento con audacia e prudenza». Due parole care a Bergoglio che stigmatizza «la dogana spirituale» sui sacramenti. «Una maggiore attenzione ai casi concreti» è richiesta da monsignor Giovanni Giudici (Pavia), sebbene «non penso a una riforma».

Sull’omosessualità i fedeli invitano all’accoglienza, senza cedimenti, però, sulle nozze. «C’è un atteggiamento di motivato rifiuto rispetto a una legislazione che vorrebbe equiparare le unioni civili fra persone dello stesso sesso al matrimonio — si legge in una sintesi dei contributi arrivati al vescovo di Rovigo, Lucio Soravito De Franceschi —, mentre con le persone ci deve essere un atteggiamento di ascolto. Bisogna che la Chiesa accolga i figli senza alcuna remora e senza far differenze con gli altri». In sostanza, sintetizza monsignor Luciano Pacomio, biblista di fama e vescovo di Mondovì, «va superata, nel popolo di Dio come nella società, una cultura omofoba». Dalle risposte dei credenti si intravede anche lo ‘scisma sommerso’ fra le indicazioni morali del magistero e il comportamento dei coniugi sotto le lenzuola. Non lo nasconde monsignor Nino Raspanti, vescovo di Acireale, uno dei più giovani in Cei (è classe 1959), che ammette: «Capisco l’esigenza di una rivisitazione del concetto di natura. Va da sè che questo comporterebbe una qualche riconsiderazione delle linee operative dell’enciclica Humanae vitae, dedicata alla sessualità e ai contraccetivi». Si vedrà. Il Sinodo è lontano, ma in generale che cosa si aspettano i vescovi? «Spero in un’aria di Pentecoste. Occorre investire la Chiesa non di regole, bensì di Vangelo attraente», è l’augurio di monsignor Carlo Mazza (Fidenza). Chissà perché, a chilometri di distanza, a Santa Marta, Francesco sorride