Se don Bosco dà una mano alla scuola pubblica

Pietro Ratto
www.italialaica.it

Liceo Monti di Chieri, venerdì 17 gennaio 2014. Non sono certo superstizioso, ma forse dovrei cominciare ad esserlo. Lezione di Storia. Tema: il concetto di laicità nel Rinascimento e il Concilio di Trento. Alla fine dell’ora un alunno si avvicina timidamente, quasi sentendosi in colpa. “Lei lo sa, vero, che venerdì prossimo in Auditorium ci sarà l’urna di Don Bosco?”. L’urna di Don Bosco?! Si tratta senz’altro di uno scherzo, dunque sogghigno con aria di intesa. “No, non scherzo, allora non lo ha saputo…!”

No, non l’avevo saputo. E come me non lo sapeva quasi nessun altro, a parte gli insegnanti di Religione e il loro ciellino corteo, naturalmente. Nessuna discussione in Collegio docenti, nessuno che sia venuto a chiederci un’opinione. Niente. Torno a casa, smanetto su Internet e mi chiarisco le idee. L’urna di Don Bosco, un manichino con acclusa la mano destra originale del Santo, sta facendo il giro d’Italia in una bara di vetro “per rilanciare la sua immagine”. Passa di oratorio in chiesa, di basilica in cattedrale. E, naturalmente, finisce nell’auditorium di una scuola statale. La mia!

Non riesco a crederci. Sono anni che combatto per la laicità della scuola pubblica italiana. Sarebbe meglio dire: sono anni che riporto sonore sconfitte, in uno Stato come il nostro, in cui anche gli atei o i musulmani, sotto sotto sono cattolici e l’onestà intellettuale è uccel di bosco. Ma questo mi pare davvero troppo, dai!

Comincio a diramare la notizia, chiedo agli alunni cosa ne pensino. Raccolgo le solite frasi della serie: “Ma tanto le cose vanno così”, “Che cosa ci vuol fare”, “L’Italia dopotutto è un Paese cattolico”, ecc. I più mi fanno però notare che non risulta loro “che sia proprio sicuro che l’urna finisca in auditorium”. Vengo così a scoprire che i colleghi di Religione da settimane preparano l’evento, con approfondite lezioni sull’importanza civica ed il ruolo educativo dell’operato del Santo di Castelnuovo. In men che non si dica, ricollego. Ecco perché, mi dico, da giorni quando entro in scuola esce un prete, quando esco entra una suora.. Qualche mattina fa mi è perfino capitato di sentire istintivamente l’impulso di farmi il segno di croce davanti alla bollatrice…

Per non parlare della circolare del Preside emanata qualche giorno prima, con cui il Comune di Chieri invitava per conto dei Salesiani gli insegnanti statali ad un corso di aggiornamento tenuto dai religiosi sull’educazione dei giovani! Un pasticciaccio tutto Made in Italy tra sacro e profano, con un unico punto chiaro: se la capacità educativa dei professori è quotidianamente messa in dubbio, quella dei preti, dalle nostre parti, resta letteralmente inattaccabile.

Bene, quindi i colleghi di IRC da tempo introducevano nelle classi diversi “esperti su Don Bosco”. Che affermavano, per giunta, di aver intenzione di far sostare l’urna in tour direttamente nella nostra scuola. Niente da fare, so benissimo come vanno queste cose. Insegno in una scuola in cui, una mattina alla settimana, dalle otto meno dieci alle otto, si riunisce un “gruppo di preghiera” che recita salmi e rosari. Non si capisce perché mai questo gruppo senta l’esigenza di pregare in una scuola pubblica, avendo tutte le possibilità di farlo in chiesa o a casa di qualche fedele. O forse si capisce, eccome: il suddetto gruppo di preghiera si riunisce in una classe esattamente con le stesse finalità di chi vuole un’urna di un fantoccio di Don Bosco in mezzo all’Auditorium di un Liceo Statale. Perché, mi dico, la cittadina che ospita la mia scuola per metà è in mano ai Salesiani. Non si può certo sostenere che questi non sappiano dove metterlo, il loro manichino.

Nel pomeriggio, lo stesso allievo mi avverte: sul giornale locale si conferma che venerdì 24 gennaio per gli studenti delle scuole superiori della cittadina inizierà, dalle 10, la venerazione dell’urna. “Venerazione”, c’è scritto proprio così! Lunedì 20 gennaio. Mi faccio ricevere dal Preside. Gli manifesto tutto il mio dissenso, gli spiego le ragioni per cui ritengo il suo un grave errore. Risponde affermando di capire e comprendere pienamente le mie argomentazioni. Solo che… ormai il permesso è stato concesso. Gli dico che intendo scrivere qualcosa contro questa iniziativa; controbatte: “Fa benissimo!”

Esco avvilito. Dentro, gli ho spiegato che siamo educatori, che dobbiamo insegnare ai ragazzi l’uguaglianza, le pari opportunità, il rispetto per le convinzioni, le fedi e le posizioni di tutti. Ho insistito ricordandogli che il nostro compito consiste anche nell’insegnare che nessuno, in uno stato democratico, può prendersi dei privilegi sugli altri. Ho tirato in ballo persino il mio amato Kant… Mi dice che il permesso a far transitare l’urna in Istituto lo ha accordato proprio perché gliel’avevano presentato come il coronamento di un’attività didattica incentrata sullo studio del Santo. Non capisco, io ho appena finito di trattare Giordano Bruno in quarta.. Autorizzare un bel rogo in aula Professori? Meglio non dirlo: i colleghi ci metterebbero la firma. Gli ho chiesto cosa farebbe se dieci diverse confessioni religiose gli chiedessero il permesso di riunirsi in preghiera in una classe del suo Liceo, il martedì, dalle otto meno dieci alle otto. Gli ho domandato se gli esperti di Don Bosco abbiano accennato, parlando con gli alunni, anche ai suoi pubblici roghi di libri protestanti, agli inciuci con Urbano Rattazzi per aggirare (solo lui) la Legge Siccardi o per non pagare (solo lui) la Tassa sul Macinato, ecc. Tutte cose che fanno di questo Don Bosco, a prescindere dall’indubbio valore sociale del suo operato, un religioso tanto intollerante quanto intrallazzatore. Un Santo decisamente all’italiana, insomma. Tutte parole al vento: tanto so benissimo che la Chiesa, ancora una volta, spadroneggerà su tutto e su tutti calpestando con scarpe chiodate la bistrattata laicità dell’istituzione scolastica pubblica.

Martedì 21 gennaio. Puntuale, passa la circolare del Preside. Comunica ai giovani gli orari da osservare per vedere l’urna. Allude al carattere facoltativo dell’iniziativa. Mi sembra il minimo, dato l’abuso che viene perpetrato nei confronti di un luogo pubblico. Invece no: è il massimo della libertà e dell’apertura che ci possiamo aspettare dalle nostre parti. Mi rifiuto di leggere la comunicazione agli alunni. Tanto sanno già tutto.

Giovedì 23 gennaio, Collegio docenti. Su un centinaio di insegnanti, solo in due ci lamentiamo dell’iniziativa. Ci viene risposto che il termine laicità va “interpretato”. Sicuramente, ribatto, la migliore interpretazione consiste nel piazzare una reliquia in una scuola pubblica. Come se poi non avesse un significato ben preciso, quel termine: ci abbiamo costruito sopra il Rinascimento. L’abbiamo inventato noi italiani, quel concetto. Ne avete scordato il significato, colleghi? Chiedetelo a noi, agli inutili docenti di Filosofia. Ma in realtà, cosa significhi laicità lo sapete fin troppo bene. Altrimenti non avreste fatto tutto di nascosto! Una delle “organizzatrici” ha il coraggio di rimproverarmi di scarsa democraticità per non aver letto la Circolare agli alunni. Proprio lei e proprio quella Circolare! Evidentemente ormai è “interpretabile” anche il senso del pudore.

Venerdì 24 gennaio. L’urna, puntuale, fa il suo ingresso trionfale nel nostro liceo, tra applausi scroscianti e segni di croce. La sostengono gli alpini, ingarbugliando ancor più il folle intreccio tra Stato e Chiesa. C’è persino la Croce Rossa. Quando mia madre era moribonda mi hanno chiesto un euro a chilometro, per portarla da un ospedale all’altro. Quanto avrà pagato Don Bosco?

Fuori dai cancelli, un insegnante (ma di un’altra scuola, per carità), in segno di protesta improvvisa una mini urna, contenente un mucchietto di cenere. Sotto si legge: “Le ceneri di Giordano Bruno”. Accidenti, neanche ci fossimo messi d’accordo! Ma il prof è isolato, guardato con curioso distacco dai ragazzi che entrano. Corre voce che a prenotare il nostro Auditorium si siano allora fatti sotto anche i Testimoni di Geova, subito respinti. “Il permesso va richiesto alla Provincia”.

Mentre il manichino avanza ondulante, mi accorgo che qualcosa stride. A ben pensarci, c’è davvero troppo silenzio. Sicuramente Don Bosco preferirebbe irrompere nell’atrio con un chiassoso e festante sottofondo di campane. Ecco, mi dico. Al prossimo Collegio docenti, ora, so cosa proporre!

Vuoi mettere che figurone farebbe, su un lato della scuola, un maestoso e imponente campanile?