Sull’aborto: a chi tocca decidere? Giudicare? Essere giudicato? di L.Muraro

L’aborto. La Chiesa ha i confessionali, lo Stato ha le prigioni. Le donne? Hanno la coscienza.

Luisa Muraro


La Spagna di Rajoy torna a una legge restrittiva dell’aborto. Proteste di donne e di oppositori del governo. Al contrario, la Francia di Hollande cancella dalla legge le restrizioni e le giustificazioni tipo angoscia o disperazione per l’interruzione volontaria della gravidanza. Marcia di protesta di associazioni cattoliche e plausi al governo di Madrid.

Nonostante le apparenze, non siamo tornati ai contrasti frontali di qualche decennio fa, dove le buone ragioni si mescolavano con gli schieramenti ideologici.

Che l’aborto volontario sia un omicidio, è poco credibile. “L’embrione è una persona”, è stato detto di recente, ma il diritto dei popoli non l’ha mai detto e non c’è neanche nella passata tradizione cattolica. Ciò non toglie che interrompere una gravidanza sia sentito da molte donne e, diversamente, dagli uomini, come qualcosa difficile da accettare, se non c’è una vera necessità.

Ma la soluzione non è il ritorno a una legislazione più restrittiva e credo anche che sia sempre meno realistico, in Europa. Un tale regime resiste ancora in Irlanda e in Polonia, ma per quanto? Lo Stato non ha confessionali, usa le prigioni, per cui in un paese civile, la legge penale che dovrebbe limitare o proibire l’interruzione volontaria della gravidanza si riduce a una tacita tolleranza di pratiche proibite, con l’unico risultato che le donne avranno anche il problema di trovare i soldi necessari. Dovremo ancora discutere su questo tema, dunque, e speriamo che sia in maniera più pacata che in passato senza però ridurci alla odierna banalità dei calcoli elettorali.

Dirò l’interesse che porto alla questione ed esporrò la mia posizione. Ho già detto il bene che sarebbe evitare schieramenti contrapposti: non favoriscono né la difesa delle proprie idee né il confronto tra posizioni diverse. Ho un interesse ulteriore ed è che, su questo tema e sui temi sessuali in generale, le Chiese cristiane, in primis quella cattolica, migliorino il modo di offrire pubblicamente la concezione religiosa della vita sessuale rinunciando a farla valere con il ricorso alle norme legali. Ci tengo cioè che la gente possa conoscere la concezione religiosa del mondo nella sua indipendenza dall’ordine di questo mondo.

Nel caso dell’aborto, all’espressione tradizionale della condanna ecclesiastica, il papa ha sostituito un atteggiamento di compassione misericordiosa. Bene. Ora resta da sostituire un’interpretazione solo maschile della legge divina proprio in una questione dove non si può saltare la competenza e l’autorità femminile. E questo per ragioni filosofiche e politiche di libertà umana portate dal pensiero della differenza sessuale.

Espongo ora la mia posizione in tema di difesa della vita umana nascitura. Nessuna donna sia spinta, dalle persone o dalle circostanze, ad abortire, e nessuna donna che ha deciso d’interrompere la gravidanza, sia spinta dalla legge nell’illegalità. Che il diventare madre corrisponda a un desiderio personale della donna, è un ideale che si sta realizzando. Le donne l’hanno sempre perseguito, obbedendo a ragioni che trascendono il diritto e sono dettate dalla vita stessa: arrivare in questo mondo essendo desiderati è un dono insostituibile. Anche gli uomini oggi lo riconoscono. Perciò, non tocca allo Stato regolare l’aborto. Ed è ugualmente sbagliato dire che l’aborto sarebbe un diritto: l’aborto è solo il rovescio di quel “sì” che lei, se resta incinta, è chiamata personalmente e liberamente a dire.

Lasciamo dunque alla singola donna una decisione di cui è la sola a poter conoscere la giustezza, aiutata in caso da chi ha la sua fiducia.

Lei, quale che sia la sua decisione, ha invece diritto alla salute e perciò a essere assistita. (Diritto, detto per inciso, troppo scarsamente assicurato in Italia nel caso di una decisione negativa, a causa del dilagare pretestuoso dell’obiezione di coscienza dei medici.)

Gli organizzatori della marcia di Parigi hanno accusato il governo di “banalizzare” l’interruzione della gravidanza. L’accusa, in una certa misura, è giusta; il problema di una cultura resa terribilmente superficiale dai suoi stessi progressi, esiste. Ma il rimedio non si trova certo nella legge penale, sarebbe aberrante crederlo quando si tratta di prendere coscienza e di orientarsi moralmente.

A chi vuole ridurre il numero degli aborti volontari avrei un suggerimento da dare, mi basteranno poche parole. Spesso le donne restano incinte senza alcun desiderio di maternità. In quel punto alcune concepiscono anche il desiderio e diventano madri. Tanto meglio ma, in definitiva, sarebbe “più meglio” se i due concepimenti fossero collegati fra loro. Come si può fare? Imparando e insegnando agli uomini che la sessualità femminile non è destinata al loro uso e consumo. Pare incredibile ma, dopo due millenni di civiltà cristiana, tre millenni di civiltà mediterranea, quattro millenni di civiltà cinese, non lo sanno ancora.