8 per mille: «Furto» con «inganno» per i contribuenti

Luca Kocci
Adista n. 8 del 01/03/2014

Con una percentuale che oscilla fra il 10 e il 15% delle firme dei contribuenti, lo Stato è al secondo posto della classifica dei soggetti che percepiscono i fondi dell’8 per mille. A lunghissima distanza dalla Chiesa cattolica (vedi l’articolo di Maria Mantello in questo stesso numero), ma abbondantemente sopra la terza posizione, occupata dai valdesi, che nel 2013 hanno incassato 37 milioni di euro (v. Adista Notizie nn. 30 e 31/13).

Da diversi anni però l’8 per mille destinato allo Stato subisce un vero e proprio «furto» e i cittadini sono vittima di un «inganno», ha denunciato Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, lo scorso 28 gennaio, in occasione di una conferenza stampa promossa da alcuni deputati di Sel (Giulio Marcon e Sergio Boccadutri) e del Pd (Gianni Melilla e Paolo Beni). Lo Stato, infatti, dovrebbe impiegare i soldi dell’8 per mille per quattro scopi ben precisi, come stabilito dalla normativa: interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione dei beni culturali. Invece, ormai da anni, vengono parzialmente usati come “fondo di riserva” per il bilancio generale dello Stato oppure per finalità totalmente diverse da quelle previste: dalle missioni militari in Iraq e Afghanistan all’esenzione dell’Ici, dall’edilizia carceraria alla flotta aerea della Protezione civile.

In passato succedeva anche che una parte consistente dell’8 per mille destinato allo Stato finisse, di fatto, alla Chiesa cattolica, perché veniva utilizzato per il restauro di chiese ed immobili ecclesiastici (alla voce «beni culturali») oppure devoluto ad associazioni sociali e organizzazioni non governative di matrice cattolica impegnate in «interventi per la fame del mondo» o per i rifugiati (v. Adista nn. 81/04 e 62/11).

Dall’epoca del governo Monti, non tanto per un sussulto di laicità ma per esigenze di bilancio, questa abitudine è stata abbandonata e l’8 per mille destinato allo Stato è restato effettivamente tutto allo Stato. Ma è stato utilizzato quasi interamente per finalità diverse da quelle previste, e in base alle quali i cittadini operano la loro scelta: dei 145 milioni di euro incassati dallo Stato nel 2011 (governo Monti), 64 milioni sono stati destinati «alla Protezione Civile per le esigenze della flotta aerea antincendi» e 57 milioni sono stati destinati «alle esigenze dell’edilizia carceraria e per il miglioramento delle condizioni di vita nelle prigioni»; 24 milioni di euro erano già stati spesi dal precedente governo Berlusconi (v. Adista Notizie n. 2/12).

Anche quest’anno la tendenza è confermata: dei quasi 170 milioni destinati allo Stato (per la precisione 169.899.025 euro), poco più di 400mila sono stati usati per la fame nel mondo, le calamità naturali, l’assistenza ai rifugiati e la conservazione di beni culturali, finanziando i progetti di quattro associazioni, due delle quali cattoliche: “Persone come noi”, 97mila euro per un programma di accesso all’acqua e sicurezza alimentare in Burkina Faso; la ong bresciana “Medicus mundi Italia”, che ha presentato un progetto da 71mila euro per la lotta alla malnutrizione infantile; il gruppo missioni Africa, fondato da p. Vitale Vitali, che riceverà 108mila euro per un’attività di lotta alla denutrizione in Eritrea; e il Vis (ong legata ai salesiani) che avrà 128mila euro per ridurre l’insicurezza alimentare delle etnie somale in Etiopia.

Tutti gli altri soldi, ovvero 169 milioni e 500mila euro sono stati usati per pagare i debiti della pubblica amministrazione alle imprese, per coprire le spese del decreto del “Fare”, per la copertura dell’Ecobonus e per finanziare gli incentivi per le nuove assunzioni di lavoratori under 29.

La quasi totalità dei soldi, spiega Marcon, primo firmatario di una mozione e di un’interrogazione parlamentare, «è stata usata indebitamente per esigenze straordinarie di finanza pubblica». «Usare i fondi dell’8 per mille come un salvadanaio» consolida una prassi già inaugurata nelle precedenti legislature, «mette a repentaglio attività fondamentali come l’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati» e aumenta «la sfiducia dei cittadini verso la politica», aggiunge Beni. Protestano anche molte associazioni, i cui progetti sono stati esclusi dal finanziamento: le risorse «devono essere reintegrate». «In un momento in cui lo Stato italiano e il sistema d’asilo nel suo complesso hanno dovuto fronteggiare gravissime situazioni di emergenza legate al fenomeno migratorio», aggiungono, «chiediamo con forza che sia data effettiva applicazione alla legge in materia e soprattutto alle scelte espresse dai contribuenti».