La vera sfida di Papa Bergoglio

Adriano Donaggio
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Sin dall’ inizio, si è pensato che la sfida alle esigenze di cambiamento volute dai Cardinali che lo hanno eletto, e assolutamente condivise da papa Francesco, avessero due fronti: la riforma della curia vaticana; lo Ior e la gestione delle finanze vaticane. Qui era aspettato ed è aspettato al varco il Papa che viene dall’ altra parte del mondo, qui si muovono insidie, ostacoli, guerre sotterranee. In un paesaggio così fortemente deteriorato, gestito da Segretari di Stato, come il card. Sodano e il card. Bertone che forse non sono stati tra i più brillanti primi ministri che la Chiesa abbia avuto, qui Papa Francesco fa anche fatica a trovare le persone cui affidarsi, il valore cui dare ai molti dossier che gli vengono presentati. Un compito immane quindi quello che il Papa sta affrontando ed è deciso ad affrontare. E tuttavia non è qui che si gioca, per Lui e per la Chiesa, la partita più difficile.

La vera sfida lo aspetta al prossimo Sinodo che dovrà affrontare i problemi della Famiglia, della comunione ai divorziati, la morale sessuale in un mondo che è profondamente cambiato e che non si presenta allo stesso modo nei cinque continenti in cui la Chiesa è presente.

Il problema è molto arduo perché sin qui la Chiesa, pur con crescenti eccezioni locali, ha tenuto una linea molto ferma, inaccessibile al mutare della situazione in cui vive il proprio tempo la famiglia. Oggi la vita delle persone raggiunge spesso gli ottanta, novant’ anni: In un periodo così lungo possono succedere molte cose. Non sempre una coppia che vive una vlunga vita coltiva per decenni lo stesso campo. Due giovani possono conoscersi a New York, sposarsi felicemente, poi le occasioni di lavoro possono portare l’ uomo a Boston, la moglie a Washington e poi magari a Miami o a San Diego. Se uno lavora nel campo dell’ elettronica troverà la sua capitale in un luogo, mentre se quell’ altro lavora nella ricerca medica dovrà lavorare in un’ altra capitale scientifica. Non sempre è possibile conciliare tutto questo. In una vita che si è fatta lunga cambiano interessi, sensibilità, situazioni, possibilità. Non è detto che questi cambiamenti siano sempre condivisi da entrambi i membri della coppia. La vita è anche attraversata da cose che non avremmo saputo prevedere. In questi giorni l’ Oscar del cinema è stato assegnato a “Dodici anni schiavo”, la storia di un negro rapito a Washington, venduto come negro in uno stato del sud. Quando riesce a ritornare dopo dodici anni vissuti sepolti nella schiavitù, va a casa da sua moglie e dai suoi figli. Questa, sparito il marito, dopo anni di silenzio e di mancanza di notizie, si è sposata ed ha avuto un figlio con un nuovo marito e che è andato ad aggiungersi ai tre avuti dal primo marito. Come cancellare quel nuovo matrimonio? quel nuovo figlio? Come ritornare a dodici anni prima, a una vita che per dodici anni non c’ è stata? Saranno stati ammessi alla comunione? Il problema, è evidente, è complesso. Spesso irrisolvibile.

Vale la pena di ricordare un brano del discorso di papa Francesco rivolto poche settimane fa agli officiali del tribunale della Sacra Rota: “dimensione giuridica e dimensione pastorale non sono in contrapposizione. […] La pastorale e la misericordia non si contrappongono alla giustizia ma, per così dire, sono la giustizia suprema, poiché dietro ogni causa esse scorgono non solo un caso da esaminare nell’ottica di una regola generale, ma una persona umana che, come tale, non può mai rappresentare un caso e ha sempre una dignità unica. […] Davvero è possibile che si decida del bene e del male delle persone in seconda e terza istanza solo sulla base di atti, vale a dire di carte, ma senza conoscere la persona e la sua situazione?”.

Il problema è arduo anche perché quella che viene richiamato oggi come un’ esigenza di libertà e di possibilità di autorealizzazione, e lo è, ha portato al disgregarsi di una rete famigliare che nel passato era in grado di sostenere l’ individuo nei momenti di difficoltà, nei momenti di debolezza, come la malattia e la vecchiaia (purtroppo si vive a lungo, ma non si è giovani a lungo). L’ alta percentuale di single che si registrano in molte società occidentali denotano anche un’ alta percentuale di persone potenzialmente sole, in un tessuto urbano disgregato, dove anche i luoghi di incontro e di amicizia vanno rarefacendosi. In realtà il problema della crisi della famiglia è un problema per la Chiesa, ma lo è anche per le società occidentali.

Quindi, oggi, ci troviamo di fronte a una crisi della famiglia, a una situazione che non è reversibile, e per un altro aspetto a norme morali che paradossalmente nascono e hanno origine nella difesa della donna e dei più deboli. I valori morali quando oltrepassano il tempo che li ha generati diventano un’ ostacolo, fonte di disagio e di frustrazione se non di invivibilità. Quando nel vangelo è scritto “chi rimanda la propria moglie è e ne sposa un’ altra commette adulterio”. Non si parla di due individui che decidono di separarsi perché non si trovano bene insieme, ma di un caso in cui chi ha il potere (in questo casso l’ uomo) ripudia l’ altro membro della famiglia. Non è da escludersi che queste parole, in una vita semitribale in cui la donna era considerata un oggetto e il ripudio voleva dire gettarla nell’ indigenza, in molti casi a obbligarla alla prostituzione, fosse un modo di difendere la donna, la persona debole nella struttura sociale dell’ epoca. Così quando il vangelo dice “non divida l’ uomo ciò che Dio ha unito”. Può essere letto, e probabilmente lo era, come una difesa dei deboli rispetto alle sopraffazioni dei potenti. Basti pensare ai Promessi sposi, la storia di un potente che vuole divedere ciò che Dio aveva unito anche se il sacramento non era ancora stato celebrato per la viltà di don Abbondio.

Il prologo del vangelo di San Giovanni, “il Verbo si fece carne e abitò fra noi”, è spesso citato ma non sempre esplorato nella sua sconvolgente profondità. La carne è la storia e la storia non è un dato statico, è un dato evolutivo. Si evolve la storia, si evolve la geografia della storia, si evolve la vita della famiglia. Paradossalmente precetti morali elaborati in un tempo storico preciso, se sopravvivono in un tempo radicalmente cambiato diventano una difficoltà a vivere la vita. E’ quello che si trova ad affrontare oggi la Chiesa. Gli episcopati svizzero e tedesco hanno fatto un sondaggio tra i loro fedeli e alla domanda se dare o no la comunione ai divorziati, sono stati travolti da una valanga di si e, nel presentare i risultati della loro ricerca, a proposito della morale predicata dalla Chiesa, hanno dichiarato, papale, papale, che: “i fedeli non capiscono più le argomentazioni della Chiesa su questi temi”.

Quindi il problema c’ è ed è grandissimo. Come ha ricordato, tra i primi, Sandro Magister, che è uno dei vaticanisti più attenti, acuti e informati, la soluzione che si cerca di trovare è proprio quella praticata nei primi tempi di vita della Chiesa: nei primi secoli ai divorziati risposati era rimessa la colpa e data la comunione, ma poi in Occidente questa prassi è stata abbandonata. Quindi se è stato fatto nella chiesa delle origini può essere fatto anche ora. E’ la soluzione che lascia intravvedere come possibile e, probabilmente suggerisce, il Cardinale Kasper nella sua relazione di oltre due ore fatta pochi giorni fa al Concistoro, presente papa Francesco che così lo aveva introdotto: “Ieri, prima di dormire, ma non per addormentarmi, ho letto – ho riletto – il lavoro del cardinale Kasper e vorrei ringraziarlo, perché ho trovato profonda teologia, anche un pensiero sereno nella teologia. È piacevole leggere teologia serena. E anche ho trovato quello che sant’Ignazio ci diceva, quel ‘sensus Ecclesiae’, l’amore alla Madre Chiesa. Mi ha fatto bene e mi è venuta un’idea – mi scusi eminenza se la faccio vergognare –, ma l’idea è che questo si chiama ‘fare teologia in ginocchio’. Grazie. Grazie”. Tradotto: guardate che io ho studiato questa relazione e la condivido, non crediate di contestarla perché contestate me. Sì perché se per molti le aperture che pur con tutte le cautele, recuperando anche le vie aperte da Ratzinger, portando a decidere l’ intero Sinodo, destano un giusto entusiasmo in molti, desteranno molte resistenze all’ interno della parte più conservatrice della Chiesa. Per molto meno c’ è stato lo scisma di Lefevre.