Il papa accoglie Libera e «benedice» l’antimafia

Luca Kocci
il manifesto, 16 marzo 2014

Papa Bergoglio incontrerà i familiari delle vittime delle mafie venerdì prossimo, nella parrocchia romana di San Gregorio VII, a due passi dal Vaticano, durante una veglia di preghiera organizzata dall’associazione Libera, fondata da don Ciotti, in occasione della XIX Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie.

Ci saranno circa 700 parenti di donne e uomini uccisi dalle organizzazioni mafiose. Insieme a loro don Ciotti, i referenti regionali di Libera ed alcuni rappresentanti delle 1.500 associazioni che vi aderiscono. Il giorno dopo – ma qui Bergoglio non sarà presente – a Latina si svolgerà la manifestazione per le vittime, con la consueta lettura dal palco dei nomi di tutti i morti ammazzati per mano mafiosa, da Emanuele Notarbartolo (politico palermitano ucciso nel 1893, il primo delitto “eccellente” di mafia), fino a Nicola Campolongo, il bambino di 3 anni ucciso e bruciato a Cassano allo Ionio nello scorso gennaio.

La decisione di papa Francesco di accettare l’invito di don Ciotti – che a gennaio aveva già incontrato il papa a Santa Marta – a partecipare alla Giornata per le vittime ha un forte valore simbolico che, dopo la beatificazione di don Puglisi, proclamato martire vincendo non poche resistenze curiali lo scorso 25 maggio (sotto il pontificato di Bergoglio, sebbene la decisione sia stata di Ratzinger nel giugno 2012), amplia il solco che la Chiesa sta cercando di scavare per distanziarsi dalle organizzazioni mafiose, dopo decenni di silenzi, omissioni e, in qualche caso, vere e proprie collusioni.

Basti ricordare, fra gli episodi più eclatanti, quello del cardinale di Palermo Ernesto Ruffini, che all’indomani della strage di Ciaculli dell’estate 1963 respinse l’invito della Segreteria di Stato vaticana (era papa Paolo VI) di prendere un’iniziativa pubblica contro la mafia – come aveva fatto il pastore valdese della città, Pietro Valdo Panascia – scrivendo che associare la «cosiddetta mafia» alla Chiesa «è una supposizione calunniosa messa in giro dai socialcomunisti» che, per interessi propri, «accusano la Democrazia cristiana di essere appoggiata dalla mafia». Insomma meglio la mafia del comunismo, tanto più che, riteneva il cardinale, «trattasi di delinquenza comune e non di associazione a largo raggio».

Oppure, secondo le testimonianze del pentito Francesco Marino Mannoia (rilanciate in questi giorni dalla riedizione, da parte di Chiarelettere, dell’inchiesta di Maria Antonietta Calabrò, Le mani della mafia), il riciclaggio dei capitali di Cosa Nostra attraverso lo Ior di Marcinkus.

E poi, a livelli più bassi, la partecipazione in prima fila dei boss alle cerimonie – dai battesimi ai matrimoni – e alle processioni religiose, utilizzate come occasioni per rafforzare il proprio consenso sociale e quindi il proprio potere, con la benedizione del clero; i santuari trasformati in luoghi di incontro delle famiglie mafiose, come quello della Madonna di Polsi in Aspromonte; fino alla ritualità dei codici mafiosi, tratta direttamente dalla simbologia cattolica.

È un dato però che negli ultimi anni ci sia stato un cambio di direzione da parte della Chiesa, perlomeno in certi settori: lo storico anatema contro i mafiosi di papa Wojtyla nella Valle dei templi di Agrigento nel maggio del ’93; l’azione di alcuni vescovi “di frontiera”, da Riboldi ad Acerra, a Nogaro a Caserta, a Bregantini a Locri; ma soprattutto gli omicidi di don Puglisi per mano di Cosa Nostra nel settembre ’93 e di don Diana, il parroco di Casal di Principe ucciso dalla Camorra il 19 marzo 1994, esattamente 20 anni fa. E se una parte di Chiesa ha proseguito a mantenere una condotta omissiva o connivente – perche spesso i boss continuano a guidare le processioni o fare i padrini di battesimo – altri hanno marcato le distanze: dal vescovo di Acireale, Raspanti, che ha vietato nella diocesi i funerali religiosi ai condannati per mafia, ai diversi preti oggetto di intimidazioni e attentati per la loro azione antimafia, soprattutto in Calabria.

La decisione di Bergoglio di partecipare alla Giornata per le vittime di mafia rafforza queste scelte.