L’etica di papa Francesco

Giannino Piana
Rocca, 15 marzo 2014

Sono molti gli interventi di papa Francesco che riguardano l’etica; e questo non solo nei documenti
ufficiali – si pensi in particolare alla Evangelii gaudium – ma anche (e soprattutto) nelle udienze
pubbliche del mercoledì e nelle omelie quotidiane di Santa Marta. Un cumulo di riflessioni che, a
distanza di non ancora un anno dall’inizio del suo pontificato, delineano un quadro piuttosto preciso
del pensiero del papa attorno ad alcune tematiche morali e, più in generale, circa gli indirizzi di fondo
dell’etica cristiana.

Non è certo possibile condensare, nel breve spazio di un articolo, l’insieme variegato di proposte che papa
Francesco ha offerto (e continua ad offrire), ma non è difficile intravedere dietro all’insieme dei suoi
interventi un disegno innovativo dai contorni ben definiti, che manifesta la volontà di far uscire l’etica
cristiana dalla visione angusta che l’ha per troppo tempo contrassegnata e di restituirle un autentico
respiro evangelico.

il rifiuto di un’etica ossessiva e ideologica

A sorprendere, accostando i testi papali, è anzitutto l’insistenza con cui viene ribadita la necessità di
andare oltre una precettistica dilatata ed ossessiva, relativa soprattutto ad alcuni ambiti della vita morale –
quello della sessualità in primis – per fare spazio alla radicalità e alla bellezza del messaggio morale
cristiano. Si tratta, in altri termini, di abbandonare una prospettiva negativa e legalistica, che riduce l’etica a
una serie infinita di divieti o a una lunga lista di peccati, per dare corso a una prospettiva positiva, che
coincide con l’annuncio di ciò che concorre alla vera realizzazione umana e mette l’uomo nella condizione
di attingere la felicità. O, ancor più, si tratta di concepire l’etica cristiana come risposta alla chiamata
dell’amore infinito di Dio, che chiede di essere ricambiato mediante il dono di se stessi nel servizio ai
fratelli.

«Quando la predicazione è fedele al Vangelo – scrive al riguardo papa Francesco – si manifesta con
chiarezza la centralità di alcune verità e risulta chiaro che la predicazione morale cristiana non è un’etica
stoica, è più che un’ascesi, non è una mera filosofia pratica né un catalogo di precetti e di errori. Il Vangelo
invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da se
stessi per cercare il bene di tutti… Se tale invito non risplende con forza e attrattiva, l’edificio morale della
Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo. Poiché allora
non sarà propriamente il Vangelo ciò che si annuncia, ma alcuni accenti dottrinali e morali che procedono da
determinate opzioni ideologiche. Il messaggio correrà il rischio di perdere la sua freschezza e di non
avere più ‘il profumo del Vangelo’» (Evangelii gaudium, n. 39). Ma c’è di più: papa Francesco non si
accontenta di segnalare un orientamento fondamentale; si spinge anche ad indicare la via da percorrere
per dare ad esso attuazione.

Egli non nega l’esigenza di un’etica normativa, incentrata sulla formulazione
cioè di alcuni precetti, i quali – come affermava Tommaso d’Aquino – hanno il compito di aiutare il
credente a dare concreta incarnazione alle istanze scaturenti dalla legge interiore dello Spirito e di verificare
la conformità ad esse dell’agire, ma rileva con forza la necessità di un loro uso parsimonioso per evitare di
incorrere in una schiavitù, che contrasta con l’annuncio della libertà evangelica. «Ci sono norme e precetti
ecclesiali -sono ancora parole del papa – che possono essere stati molto efficaci in altre epoche, ma che
non hanno più la stessa forza educativa come canali di vita. S. Tommaso d’Aquino sottolineava che i
precetti dati da Cristo e dagli Apostoli al popolo di Dio ‘sono pochissimi’. Citando Sant’Agostino, notava che i
precetti aggiunti dalla Chiesa posteriormente si devono esigere con moderazione `per non appesantire la vita dei
fedeli’ e trasformare la nostra religione in una schiavitù, quando ‘la misericordia di Dio ha voluto che fosse libera’.
Questo avvertimento, fatto diversi secoli fa, ha una tremenda attualità. Dovrebbe essere uno dei criteri da
considerare al momento di pensare una riforma della Chiesa e della sua predicazione che permetta
realmente di giungere a tutti» (Evangelii gaudium, n. 43).

ideale di perfezione e misericordia

La proposta morale di papa Francesco non è tuttavia indulgente o permissiva; egli non esita a richiamare
l’attenzione sull’ideale di perfezione evangelico, che esige l’adozione di stili di vita rigorosi ispirati alla
logica delle beatitudini e dei «ma io vi dico» del discorso della montagna. Il richiamo ai testi di Matteo e di
Luca che espongono tale programma è assai frequente nella sua predicazione. Alla sublimità della chiamata
ricevuta dall’alto deve corrispondere una risposta generosa e radicale. La povertà, la mitezza, l’umiltà, la
gratuità, la tenerezza, il servizio, la magnanimità e il perdono dei nemici sono altrettanti atteggiamenti sui
quali il papa ritorna spesso nelle omelie quotidiane (un magistero semplice e feriale, ma largamente
incisivo), non solo perché devono connotare il modo di essere del cristiano, ma anche perché rispondono ad
istanze di liberazione umana che vanno offerte a tutti.

Per questo egli stigmatizza una serie di comportamenti che alterano i rapporti umani, creando situazioni
di conflitto: dalla ricchezza e dalla cupidigia del danaro alla ricerca smodata del benessere materiale;
dall’ipocrisia alla gelosia e all’invidia; dalle chiacchiere malevole alla calunnia fino alla collera e all’insulto; e la
rassegna potrebbe continuare. Ma soprattutto non manca di denunciare le radici profonde di tali
comportamenti, che hanno la loro sede ultima nella superbia e nell’adesione allo spirito mondano –
significativa è in proposito la formula ricorrente di «mondanità spirituale» – nonché nella corsa al
consumismo e alle mode, che alimentano sentimenti di rivalità e generano condizioni di oppressione per molti.

Il cuore attorno a cui ruota in positivo l’intero edificio della morale cristiana è dunque per papa Francesco
il comandamento nuovo, la carità, che ha il suo fondamento nella essenza stessa del mistero di Dio – il Dio
Trinità che, secondo la definizione di Giovanni, non ha l’amore ma è Amore – e il suo paradigma
comportamentale nella persona di Gesù di Nazaret, il quale è venuto al mondo per servire e dare la vita.
L’insistenza con cui ritorna nella riflessione del pontefice il riferimento a questo motivo ispiratore, che non ha
il carattere di un semplice precetto ma costituisce la chiave interpretativa dell’intera condotta cristiana, sta a
significare come ciò che conta nella valutazione del comportamento morale è la capacità del soggetto di
uscire dalle strettoie dell’egoismo e dell’autoreferenzialità per fare di sé e della propria vita dono ai fratelli:

«Chi cerca la propria vita, la perderà; chi perde la propria vita, la troverà». L’etica di papa Francesco è allora
un’etica delle intenzioni profonde, del cuore o dello spirito, dell’opzione fondamentale; un’etica che, lungi dal
rinunciare al radicalismo evangelico, lo propone con forza, senza alcuna esitazione, confidando nella capacità
trasformativa della grazia e nell’opera rinnovatrice del perdono. Non è certo assente dalla lettura che il
pontefice fa della realtà – anzi è da lui costantemente richiamata -la consapevolezza della debolezza e della
precarietà della condizione umana: non solo per il limite connaturale allo stato di creaturalità, ma anche per
la presenza del peccato, che esercita un forte condizionamento sulle decisioni dell’uomo.

Di qui l’attenzione a non misurare soltanto i risultati conseguiti, ma a premiare lo sforzo di chi si
impegna a vincere il male e la sollecitazione ad andare costantemente avanti, facendo della propria
esistenza un cammino di conversione permanente. Di qui soprattutto l’annuncio, ripetuto con insistenza,
di affidamento alla misericordia di Dio, la cui porta è sempre aperta all’accoglienza di chi riconosce la
propria povertà e non esita ad abbandonarsi all’azione dello Spirito. Affidamento reso possibile
dall’incontro con una chiesa, che rinuncia all’esercizio del solo giudizio e si fa portatrice soprattutto
dell’amore misericordioso del Padre. «La Chiesa – scrive papa Francesco – deve essere il luogo della
misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la
vita buona del Vangelo… Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno
sguardo rispettoso e pieno di compassione, ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare
nella vita cristiana» (Evangelii gaudium, n. 184).

il primato dell’etica sociale

Se infine dal piano del metodo e dell’impostazione di fondo si passa a quello dei contenuti ciò che risulta
immediatamente evidente è il primato che papa Francesco assegna alle questioni dell’etica sociale e
politica, lasciando in secondo piano tematiche più strettamente connesse con l’etica della persona e delle
relazioni intersoggettive – dalla sessualità alla famiglia alla vita – che hanno occupato uno spazio assai
consistente negli interventi dei pontefici precedenti. Vi è, anzi, talvolta persino la tendenza negli interventi
del papa attuale a stemperarne l’importanza, rilevando la presenza di un’ossessività patologica laddove si
ritorna con troppa frequenza a parlarne. La ragione di questa scelta va anzitutto addebitata alla provenienza
geografica del Pontefice: l’appartenenza al continente latino-americano, cioè ad un’area del mondo
caratterizzata dalla presenza di gravi forme di povertà e di pesanti disuguaglianze sociali, ha senz’altro
esercitato (ed esercita) un peso determinante sui suoi orientamenti etici. Ma, al di là delle motivazioni
sociologiche, la ragione più importante (e più profonda) di tale scelta è di natura teologica o meglio
ecclesiologica: fin dagli inizi del suo ministero papa Francesco ha voluto dare alla sua azione una chiara
impronta riformatrice, contrassegnata dalla proposta di «una chiesa povera per i poveri», riprendendo in
questo un filone significativo di riflessione che, in occasione del Concilio, un gruppo consistente (sebbene
minoritario) di Padri aveva sviluppato, ma che aveva trovato scarso sbocco nei testi ufficiali. L’adesione a
questo modello di chiesa, sul quale il papa torna con insistenza, spiega il taglio non ideologico ma
pienamente evangelico, e per questo radicale (è sintomatico che vi sia stato negli Usa chi è giunto
impropriamente ad accusarlo di marxismo), delle prese di posizione in campo sociale.

Molte sono le questioni esaminate, a tale proposito, da papa Francesco; esse spaziano dal piano delle
opzioni individuali a quello degli interventi di carattere strutturale. Non manca infatti la denuncia esplicita di
comportamenti soggettivi devianti, frequenti peraltro nel nostro paese, come il clientelismo, l’evasione
fiscale (e l’elusione), l’omertà nei confronti delle varie forme di mafia, e molto altro. Ma il pontefice prende
soprattutto in considerazione alcune tematiche di ordine strutturale nelle quali le ingiustizie e le
sperequazioni sono particolarmente evidenti: dalla situazione del mercato del lavoro, dove si va dalla
drammatica riduzione dei posti – si pensi al livello allarmante raggiunto dalla disoccupazione in Italia (e,
più in generale, in Europa) – e dalla persistenza di quello che il papa definisce come «lavoro schiavo»,
cioè con salario indecoroso e con l’assenza della salvaguardia dei diritti fondamentali del lavoratore – alla
denuncia della crisi ambientale, dove accanto alle responsabilità strutturali, legate al modello di sviluppo
tuttora dominante, esistono le responsabilità dei singoli dovute al consumo incontrollato delle risorse; fino
alla esplicita condanna dei focolai di guerra e alla proclamazione del bene della pace.

alcune condizioni

Le condizioni, che il papa spesso richiama come necessarie, sono, da un lato, la produzione di una cultura
dell’incontro e del dialogo, che favorisca lo sviluppo di relazioni improntate alla reciproca conoscenza e
al rispetto delle differenze, nonché volte alla ricerca della giustizia e dell’equità e, dall’altro, l’acquisizione
di stili di vita, ispirati a valori come l’austerità, la sobrietà, la riduzione dei bisogni, l’uso parsimonioso
delle risorse e l’attenzione agli sprechi come via per restituire valore ai beni relazionali e migliorare la
qualità della vita. Si tratta, secondo papa Bergoglio, di avere il coraggio di andare controcorrente, di non
avere paura di affrontare situazioni nuove con spirito nuovo, uscendo dalle postazioni consolidate, dalle
apparenti sicurezze acquisite e ricercando ciò che davvero conta per il bene di tutti. L’etica che il papa
privilegia è, in definitiva, un’etica della missione, impegnata a dilatare creativamente gli spazi della libertà e
della solidarietà umana e finalizzata ad offrire a coloro che vivono in situazioni difficili, sia di ordine
materiale che spirituale, un vero sostegno fraterno. Di qui l’invito a uscire allo scoperto, accettando anche il rischio
di sbagliare, per porsi incondizionatamente al servizio di quanti attendono dai credenti e dalla chiesa un segno di
speranza per il futuro «Più della paura di sbagliare – afferma papa Francesco – spero che ci muova la paura di
rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili,
nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza
sosta: Voi stessi date loro da mangiare’ (Mc 6, 37)» (Evangelii Gaudium, n. 49).