Bagnasco, l’ideologia gender e il #gomblotto dietro l’angolo

Peter Ciaccio
www.vociprotestanti

All’apertura dei lavori del Consiglio permanente dei vescovi cattolici italiani, il presidente della CEI, cardinale Angelo Bagnasco, ha parlato di scuola e di educazione pubblica dei bambini e dei giovani. Una relazione molto dura in cui il cardinale ha affermato che «La società ha il “grave dovere” di non corrompere i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre vorrebbero per i propri ragazzi(…) i cittadini hanno il diritto ad una scuola non ideologica e supina alle mode culturali imposte». A parte il fatto che c’è una disonestà intellettuale di fondo — se la scuola è supina alla mia ideologia e cultura va bene, altrimenti no — colpisce la caduta di stile del presidente CEI, una colpevole ingenuità che mostra nel delineare un sedicente complotto finalizzato ad imporre “l’ideologia gender“.

Ecco la tesi, con tanto di prove provate. Gli elementi di prova sarebbero i tre opuscoli “Educare alla diversità a scuola”, promossi dalll’UNAR (Ministero delle Pari Opportunità) e commissionati all’Istituto Beck. Opuscoli duramente criticati nei giorni scorsi dal Sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi (NCD), che ha parlato di “impronta culturale a senso unico” e ancor prima dall’ex sottosegretaria al Welfare, con delega alle Pari Opportunità del governo Letta, Maria Cecilia Guerra (PD). Una critica che oltrepassa i confini ecclesiastici e si riflette sulla maggioranza e nella dialettica tra ministeri trovando ampio spazio sulla stampa cattolica.

Siamo stati tutti a scuola e possiamo immaginare di che si tratta: la solita campagna di educazione e sensibilizzazione dei bambini rispetto ad una questione. Ai miei tempi si parlava soprattutto di pace nel mondo — c’era la Guerra Fredda — e di rispetto dell’ambiente. Oggi si parla di bullismo, di violenza di genere, di razzismo e di omofobia. Ma torniamo a Bagnasco. «In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato da Bagnasco) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte».

Prosegue il cardinale: «È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga».

Il complotto è denunciato. C’è una cosa, ma in realtà è un’altra. Lo Stato sconosciuto che offre delle caramelle ai tuoi bambini, in realtà è un mostro che vuole trasformarli in persone vuote, pronte a rivoltarsi contro il tuo mondo, i tuoi valori, contro di te. Chi c’è dietro il complotto, chi manovra i burattini, i buoni cattolici che sono al governo? Il cardinale non nomina le lobby gay, ma l’accusa senza accusati è più forte. Sembra voler dire: “Mica avrete bisogno che vi dica chi c’è dietro, no? Lo sappiamo tutti, no?” Ecco la caduta di stile. Nel trattare questo tema — perché poi trattarlo per forza? — la relazione del massimo esponente della chiesa cattolica in Italia usa una retorica da bar. “Tanto lo sappiamo di chi è la colpa, è loro, è di questi che mangiano, ci guadagnano, fanno i loro interessi contro i nostri.”

Nonostante lo stigma contro «le mode culturali imposte», il cardinal Bagnasco mostra una chiesa à la page, trendy, di moda. La moda della bufala, del complotto, anzi del #gomblotto — hashtag ironico su Twitter —prende chiunque, ma non è innocua come una moda nel vestirsi. Inoltre non è una moda nuova. Ricordatevi di Dreyfuss, della bufala dei Protocolli dei Savi di Sion, del Manifesto degli scienziati razzisti italiani — autorevole supercazzola ante litteram. Gridare al complotto, denunciare cospirazioni di sedicenti lobby gay è di moda, come le scie chimiche, l’origine aliena dei cerchi nel grano. Ed è pericoloso. Una persona convinta dell’esistenza di complotti vivrà pensando che gli “altri” ce l’abbiano con lui, la sua famiglia, il suo mondo. E se gli “altri” ti invadono, minacciano la tua esistenza e i tuoi valori, inquinano la tua aria e deviano i tuoi figli, la reazione violenta diventa un’opzione tutto sommato ragionevole. Denunciare da un pulpito complotti di questo tipo è incosciente.

Ma non voglio fuggire dal merito di quanto denunciato dal cardinal Bagnasco. L’ideologia gender — da notare l’uso di un termine straniero per sottolineare l’attacco al “nostro” mondo — altro non è che l’evoluzione del pensiero femminista, che riflette sui ruoli attribuiti dalla società agli uomini e alle donne, pensiero che non cala dall’alto e alla cui elaborazione partecipano non oscuri gruppi di complottisti, ma persone di ogni tipo, anche padri e madri di famiglie tradizionali, quelle di cui tanto si preoccuperebbe il cardinal Bagnasco. Momento coming out: anch’io ho riflettuto sulle questioni di genere, per essere un marito e padre migliore, per essere un pastore più attento alle relazioni umane all’interno della chiesa, per seguire in maniera più efficace gli insegnamenti di Gesù rispetto all’amore per il prossimo. Niente complotti, niente di oscuro, anzi. Tutto molto bello, relazioni più autentiche, più amore.

Caro fratello cardinale, dammi retta, non credere ai complottisti, ma informati, fatti un’opinione fondata sullo studio delle cose. Sai quant’è delicato il tuo ruolo e che quel che dici non ha il valore di una chiacchera da bar. Ti direi «Stai sereno», ma ho come l’impressione che questa espressione non si possa usare ultimamente.

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Rottamare il cardinale Bagnasco

Pierfranco Pellizzetti
www.micromega.net

Tra un cinguettio e una mossetta, il presidente CEI – cardinale arcivescovo Angelo Bagnasco – ha denunciato la corruzione incombente sulle giovani generazioni scolastiche a seguito dell’adozione di testi anti omofobia e bullismo.

Trattasi dei volumetti “Educare alla diversità a scuola”, realizzati sotto l’egida dei governi presieduti da due noti e inveterati laicisti mangiapreti quali Mario Monti ed Enrico Letta. La speranza è che il nuovo premier, seppure abbonato alle alleanze con i peggiori, non dia corda alle fisime dell’imbarazzante porporato. Probabilmente non lo farà, visto che Renzi è sempre molto attento a dove il potere sta. E Bagnasco ormai appare avviato inesorabilmente alla marginalizzazione da parte del nuovo corso inaugurato da papa Bergoglio; che mai e poi mai prenderebbe di petto con tale rozzezza una questione “sensibile”.

Anche perché il pontefice venuto dall’altro capo del mondo è un gesuita, ossia appartiene a quell’ordine maestro nel giocare in partibus infidelium senza offrire punti di riferimento ai possibili contraddittori. Se posso citarmi, lo scrivevo nel recentissimo “Nono Rapporto sulla Secolarizzazione” testé pubblicato da CGIL – Nuovi Diritti e Fondazione Critica Liberale: “un papa che gioca come il Barcellona di Guardiola”. Quello del “falso nueve” e dei tocchetti strategici (in gergo calcistico: tiki-taka).

Dunque, pronto a sostenere meritoriamente le battaglie contro la pedofilia e per l’accoglienza dei migranti. Anche perché le sue questioni davvero “sensibili” sono altre. Tipo l’esenzione dell’ICI sul patrimonio immobiliare vaticano o magari l’abbuono del pagamento della tassa rifiuti su 25 megaimmobili siti nella Capitale. Come insegna la più pragmatica cultura anglosassone, “follow the money” per vedere il trucco dietro ai giochi di prestigio del Francesco Bis.

Ma questo il ritardatario Bagnasco non l’ha capito. Tanto da permettersi di fare l’abituale voce grossa dell’oscurantista come se fossimo ancora ai tempi di Ratzinger. Quando – invece – gli stanno franando attorno tutte le fondamenta del suo antico potere (compreso a livello locale; nell’autunno della sua sponda in Regione Liguria Claudio Burlando, cui non è riuscita l’ultima giravolta: l’aggancio al renzismo).

Insomma, stiamo parlando di residuati bellici. Che comunque manifestano riflessi condizionati riferibili a un antico mistero: quello di un alto clero – al tempo – omosessuale e omofono.

Che in Vaticano imperasse la “lobby gay” è stato chiaramente riconosciuto al tempo della defaillance ratzingheriana; che tale grumo di potere sia stato espressamente denunciato dalla stessa Madre Romana Chiesa, preoccupata dei suoi eccessi, risulta già dai primi passi di Bergoglio. Quindi non è maldicenza parlare di un alto clero omosessuale: naturalmente fatti loro (quando non ci sono di mezzo minori e/o inermi).

Semmai risulta inquietante l’atteggiamento omofobo di quello stesso soggetto. Che si spiega solo in termini di potere: la difesa di un ordine gerarchico da cui i vertici ecclesiastici facevano discendere i loro privilegi e che si intreccia inestricabilmente con il regime patriarcale redivivo. Da qui la difesa con il sangue agli occhi della famiglia eteronorma finalizzata alla riproduzione, da qui l’accettazione/adozione di logiche improntate a un machismo sempre più anacronistico, da qui – ancora – il rifiuto del sacerdozio femminile (del resto confermato dallo stesso papa Bergoglio: mossa che rivela una volontà innovatrice più teatralizzata che non sostanziale).

Per questo c’è la ragionevole speranza che nella scuola italiana continui a venire diffuso il messaggio di civiltà per il contrasto di prepotenze e discriminazioni. E che i cascami di un non rimpianto passato vengano definitivamente destinati alla rottamazione. In modo che i laici possano dedicarsi a compiti più seri e urgenti: prendere le misure a un interlocutore spiazzante come l’attuale, furbissimo, pontefice.