La seconda vita di Rosmini. La Chiesa lo ha perseguitato, ma era un profeta

Giovanni Panettiere
http://blog.quotidiano.net/ 6 aprile 2014

Anche santi e beati sono stati perseguitati. Alle volte non tanto dall’esterno quanto dalla stessa autorità della Chiesa. Un esempio? Il caso di Antonio Rosmini, beatificato sette anni fa da Benedetto XVI e passato alla storia come l’autore del libro Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (1848), messo all’indice a metà dell’800. Alla controversa e sofferta vicenda umana e spirituale del prete roveretano ha fatto cenno venerdì papa Francesco durante l’omelia nella consueta messa mattutina a Santa Marta.

Quando noi leggiamo la vita dei santi, vediamo quante incomprensioni, quante persecuzioni hanno subito, perché erano profeti – ha scandito Bergoglio -. Nella storia della salvezza, nel tempo di Israele e anche nella Chiesa, i profeti sono sempre stati perseguitati. Anche tanti pensatori nella Chiesa sono stati perseguitati>. Fra questi, pur senza citarne direttamente il nome, il papa ha richiamato Rosmini, prima ‘bandito’ poi salito all’onore degli altari, .

. Come è possibile tutto questo? Come è possibile che . La risposta l’ha data lo stesso pontefice, con uno sguardo critico sul divenire del popolo di Dio: .

La divisione dei laici dai chierici nel culto pubblico, la scarsa formazione dei sacerdoti, l’accondiscendenza dei vescovi al potere temporale, la nomina degli stessi da parte degli Stati, i privilegi fiscali e tributari per l’autorità della Chiesa. Erano queste le cinque piaghe della Chiesa che Rosmini denunciò nelle pagine della sua opera più famosa. Osteggiato dall’allora segretario di Stato, il cardinale Giacomo Antonelli, critico verso gli ideali liberali del sacerdote, ai tempi della Repubblica romana Rosmini beneficiò inizialmente dell’appoggio di Pio IX.

Durò poco e presto anche il pontefice cambiò opinione. Così, mentre Rosmini si trovava lontano da Roma, nel 1849 arrivò la punizione: le Cinque Piaghe e un’altro libro del filosofo, Costituzione civile secondo la giustizia sociale, vennero messi all’Indice. Ma gli avversari non si accontentarono e indussero il papa a sottoporre a un lungo esame tutte le opere del Rosmini. L’indagine terminò in una bolla di sapone. «Sia lodato Iddio che manda, di quando in quando, di questi uomini per la Chiesa», dichiarò nel 1854 Mastafai Ferretti. Appena un anno dopo Rosmini morì.

Tutto finito? Niente affatto. Il roveretano non ebbe comprensione neanche da morto. Con il decreto Post obitum (1887) la Santa sede giudicò erronee quaranta proposizioni tratte dalle opere di Rosmini. Sarà l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, con una nota del 2001, a riabilitare i pronunciamenti. Poco più di trentacinque anni prima, il Vaticano II aveva riformato la pastorale della Chiesa, prendendo spunto anche dalla lezione del filosofo. Ora arriva il mea culpa definitivo di papa Francesco. E chissà che adesso Rosmini non possa davvero riposare in pace, beato fra i beati.