Papa Francesco sulla pedofilia: “Dio è dalla parte delle vittime degli abusi”

Francesco Antonio Grana
www.ilfattoquotidiano.it, 13 aprile 2014

“Dio è irrevocabilmente e senza mezzi termini dalla parte delle vittime degli abusi“. Il mea culpa della Chiesa di Papa Francesco per la pedofilia risuonerà forte nella via crucis al Colosseo venerdì santo, il prossimo 18 aprile, nel giorno in cui il cristianesimo ricorda la morte in croce del suo fondatore Gesù. Bergoglio, che presiederà il rito che sarà trasmesso in diretta mondovisione, ascolterà in silenzio quella richiesta di perdono rivolta alle numerose vittime degli abusi contenuta nella meditazione della decima stazione della via crucis 2014. Testi preparati quest’anno, per volontà del Papa latinoamericano, dall’arcivescovo di Campobasso-Boiano, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, presidente della Commissione della Conferenza episcopale italiana per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, da sempre impegnato in prima linea nella lotta alla mafia.

“In Gesù, innocente, denudato e torturato, riconosciamo la dignità violata di tutti gli innocenti, specialmente dei piccoli. Dio non ha impedito che il suo corpo, spogliato, fosse esposto sulla croce. Lo ha fatto per riscattare ogni abuso, ingiustamente coperto e dimostrare che lui, Dio, è irrevocabilmente e senza mezzi termini dalla parte delle vittime”. Parole che richiameranno subito alla mente dei fedeli di tutto il mondo quelle altrettanto dure e chiare, scritte per la stessa occasione, nove anni fa, dall’allora cardinale Joseph Ratzinger che poche settimane dopo sarebbe diventato Benedetto XVI: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”.

Appena qualche giorno fa Papa Francesco è tornato a parlare della pedofilia con parole inequivocabili: “Mi sento chiamato a farmi carico di tutto il male di alcuni sacerdoti, abbastanza in numero, ma non in proporzione alla totalità, e a chiedere perdono per il danno che hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini. La Chiesa è cosciente di questo danno. È un danno personale e morale loro, ma di uomini di Chiesa. E noi non vogliamo compiere un passo indietro in quello che si riferisce al trattamento di questo problema e alle sanzioni che devono essere comminate”. Ma più che le parole sono i gesti di Bergoglio a parlare. Papa Francesco ha recentemente istituito la Pontificia commissione per la tutela dei minori nominando tra i suoi membri anche una vittima della pedofilia, l’irlandese Marie Collins. Per questo appare ancora più stridente con il pontificato di Bergoglio la posizione assunta dalla Chiesa italiana che ha ribadito nelle sue linee guida per la pedofilia la mancanza dell’obbligo giuridico per i vescovi di denunciare all’autorità giudiziaria civile casi di abuso sui minori.

Nelle meditazioni di monsignor Bragantini che venerdì santo risuoneranno al Colosseo anche le calunnie, la disoccupazione, i licenziamenti, i suicidi degli imprenditori, la corruzione e l’usura, le aziende che lasciano il proprio Paese, l’invito a recuperare la stima per la politica, gli immigrati, i bambini-soldato, la terra dei fuochi, la droga e l’alcol, il sovraffollamento delle carceri e il femminicidio. “Le lacrime di ogni mamma per i figli lontani, per i giovani condannati a morte, trucidati o partiti per la guerra, specie i bambini-soldato. Vi sentiamo il lamento straziante delle madri per i loro figli, morenti a causa dei tumori prodotti dagli incendi dei rifiuti tossici“. Ma anche le divisioni nel corpo ecclesiale: “La tunica di Gesù resta intatta, simbolo dell’unità della Chiesa, un’unità da ritrovare in un cammino paziente, in una pace artigianale, costruita ogni giorno, in un tessuto ricomposto con i fili d’oro della fraternità, nella riconciliazione e nel perdono reciproco”.

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Abusi su minori: la santa sede ancora sotto la lente dell’Onu. E il papa chiede perdono

Ludovica Eugenio
Adista notizie n°16, 26 aprile 2014

Il 5 e 6 maggio prossimi il Vaticano – accanto a Cipro, Lituania, Guinea, Montenegro, Sierra Leone, Thailandia e Uruguay – presenterà a Ginevra, al competente comitato delle Nazioni Unite, il suo rapporto periodico sulla Convenzione contro la tortura, come parte della procedura ordinaria richiesta a tutti gli Stati che hanno aderito alla Convenzione. Si tratta di un documento presentato alla fine del 2012 centrato sul diritto e sulle procedure previste in proposito dallo Stato vaticano (che riporta anche dichiarazioni di condanna, nell’insegnamento e nelle attività della Santa Sede, della tortura e di «altre pene e trattamenti crudeli inumani o degradanti») che dovrebbe dimostrare che le misure di protezione dei bambini messe in atto dal Vaticano ottemperano alla Convenzione.

Che, tuttavia, non si tratti solamente di un “appuntamento” di ordinaria amministrazione è argomentato dal newyorkese Center for Constitutional Rights (Ccr, Centro per i diritti costituzionali), in rappresentanza del più importante organismo di difesa delle vittime di abusi perpetrati dal clero, la Snap (Survivors Network of those Abused by Priests): si tratta della seconda volta in quattro mesi – afferma in un comunicato il Centro – che il Vaticano viene chiamato a rendere conto del proprio operato di fronte all’Onu, in particolare riguardo al rispetto dei diritti umani nel contesto dello scandalo degli abusi.

Al comitato dell’Onu contro la Tortura, il Centro per i Diritti Costituzionali ha pertanto presentato un rapporto che dimostra la «gravità del male subito per lungo tempo dai sopravvissuti alle violenze sessuali commesse dal clero cattolico», configurando come «tortura e comportamento disumano» gli abusi subiti dai bambini per opera di persone dipendenti dalla Chiesa cattolica.

Pronta la risposta della Sala stampa vaticana: «Si tratta – ha ribadito il direttore p. Federico Lombardi in un’intervista al radiogiornale di Radio Vaticana il 15 aprile – della procedura ordinaria alla quale aderiscono tutti gli “Stati parte” della Convenzione. Tenendo conto del tipo di obblighi previsti dalla Convenzione, la Santa Sede ha aderito, nel 2002, a detta Convenzione esclusivamente a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano. In ragione di ciò – ha concluso Lombardi – la Santa Sede continua ad attuare gli obblighi assunti per conto dello Stato della Città del Vaticano e a presentare i rapporti periodici, secondo le procedure previste dalla Convenzione».

E infine un papa l’ha detto: «Mi sento responsabile». Tutto ciò a pochi giorni dalle nuove affermazioni di papa Francesco, tornato a parlare esplicitamente dello scandalo degli abusi. «Mi sento chiamato a farmi carico» e «a chiedere perdono» per il male che alcuni sacerdoti «hanno compiuto, per gli abusi sessuali sui bambini», ha detto il papa, come ampiamente riportato dai media, venerdì 11 aprile, durante un incontro con l’Ufficio internazionale cattolico per l’Infanzia (Bice, organismo per la difesa dei bambini creato nel 1948). Garantendo che non si compirà alcun «passo indietro» nel «trattamento di questo problema» e nelle «sanzioni», ha aggiunto che «la Chiesa è cosciente di questo danno! È un danno personale e morale loro… ma di uomini di Chiesa! E noi non vogliamo compiere un passo indietro in ciò che riguarda il trattamento di questo problema e le sanzioni che devono essere comminate. Al contrario credo che dobbiamo essere molto forti! Con i bambini non si gioca!».

Parole chiare e univoche che, tuttavia, non risultano omogenee con il tono difensivo che caratterizzava, qualche settimana fa, l’intervista rilasciata dal papa a Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera (vedi Adista Notizie n. 10/14), nella quale sottolineò come gli abusi sessuali lascino «ferite profondissime», ma come le statistiche mostrino anche con chiarezza che «la grande maggioranza degli abusi avviene in ambiente familiare e di vicinato» e soprattutto come la Chiesa cattolica sia «forse l’unica istituzione pubblica ad essersi mossa con trasparenza e responsabilità. Nessun altro ha fatto di più. Eppure la Chiesa è la sola ad essere attaccata».

Analogo atteggiamento di chiusura quello dimostrato in occasione delle accuse rivolte al Vaticano, bocciato sull’applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti del fanciullo (Crc), che ha sottoscritto nel 1990. L’apposito Comitato Onu di vigilanza, con sede a Ginevra, aveva emesso il 5 febbraio un rapporto di sedici pagine, al termine di un lungo percorso di interlocuzione fra le parti (v. Adista Notizie nn. 28/13 e 3/14), in cui condannava il comportamento della sede apostolica in particolare riguardo agli abusi perpetrati da preti su bambini, dettando una serie di misure che la Santa Sede dovrà rispettare per superare l’esame in futuro.

Dura la risposta del Vaticano, che aveva accusato il Comitato Onu di un atteggiamento «pregiudiziale» nei confronti della Chiesa cattolica. Tra accuse e risposte difensive, dopo l’incoraggiante mea culpa del papa si attende ora l’avvio delle attività della Commissione ad hoc voluta e annunciata da Francesco stesso lo scorso dicembre e creata lo scorso marzo, che comprende otto membri, tra cui anche una vittima di abusi irlandese, Marie Collins: un’iniziativa che ha già suscitato, peraltro, soprattutto oltreoceano, scetticismo e ben poche speranze.