8×1000. La caccia al tesoro si fa con i Cud

Luca Kocci
il manifesto, 22 aprile 2014

Nella corsa ad accaparrarsi una fetta di 8×1000 in più c’è anche la “caccia al Cud”: giovani e giovanissimi lanciati all’inseguimento dei pensionati e di coloro che sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi per convincerli a compilare comunque la scheda per la scelta della destinazione dell’8×1000: con il sistema della ripartizione proporzionale delle quote non espresse, una firma in più vale molto, anche se si tratta di un pensionato al minimo. In palio, come una vera e propria gara a chi conquista più Cud, premi in denaro. Non ricchissimi, ma nemmeno simbolici.

A lanciare l’idea, quattro anni fa, è stata la Conferenza episcopale italiana, con il concorso I feel Cud, riciclando e modificando la storica canzone di James Brown I feel good che mai avrebbe immaginato di contribuire così anche lui all’8×1000. Le parrocchie organizzano squadre di giovani (dai 18 ai 35 anni) da sguinzagliare alla ricerca di Cud da far firmare e da consegnare poi al più vicino Caf Acli, partner dell’iniziativa. Ai 5 gruppi più produttivi arriveranno i soldi per realizzare un progetto nella propria parrocchia: 1.700 euro per chi avrà consegnato da 30 a 100 Cud, fino a 29.500 euro per chi avrà portato un bottino di almeno 1.600 Cud.

Da quest’anno anche l’Unione delle comunità ebraiche promuove un’iniziativa analoga, sebbene meno strutturata: il progetto Mezzo Shekel, ovvero “mezza moneta”, secondo la Torà quella che gli ebrei dovevano offrire a Dio per espiare il peccato di idolatria verso il vitello d’oro. «Cerchiamo un team dinamico di 10 ragazzi» per raccogliere i moduli per la destinazione dell’8×1000, chiede il bando. Rimborso spese e premi anche per loro: un compenso per l’attività di raccolta delle schede e l’opportunità di presentare progetto da finanziare destinato ai giovani.

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8×1000. La campagna dell’Uaar per l’edilizia scolastica

Luca Kocci
il manifesto, 22 aprile 2014

Quella dell’8×1000 allo Stato è la storia di un cambio di destinazione d’uso che si ripete ogni anno e che scoraggia i contribuenti. I soldi raccolti dovrebbero essere usati per 4 scopi precisi, stabiliti dalla normativa: interventi per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione dei beni culturali. Ma da anni vengono impiegati come fondo di riserva per il bilancio generale dello Stato, oppure per finalità totalmente diverse: dalle missioni militari in Iraq e Afghanistan all’edilizia carceraria. Succedeva anche che una parte consistente finisse, di fatto, alla Chiesa cattolica, perché veniva utilizzata per il restauro di chiese ed immobili ecclesiastici («beni culturali») oppure devoluto ad associazioni e organizzazioni non governative di matrice cattolica per programmi di solidarietà internazionale contro la fame e per i rifugiati. Una prassi fortemente limitata dal governo Monti, non tanto per un sussulto di laicità ma per esigenze di bilancio.

Anche quest’anno la tendenza è confermata: dei quasi 170 milioni destinati allo Stato, solo 400mila euro sono stati usati per gli scopi previsti, finanziando i progetti di quattro associazioni, due delle quali cattoliche: il gruppo missioni Africa, che riceverà 108mila euro per un’attività di lotta alla denutrizione in Eritrea; il Vis (ong legata ai salesiani) che avrà 128mila euro per ridurre l’insicurezza alimentare delle etnie somale in Etiopia; “Persone come noi”, 97mila euro per un programma alimentare e di accesso all’acqua in Burkina Faso; la ong bresciana “Medicus mundi Italia”, 71mila euro per la lotta alla malnutrizione infantile. Tutti gli altri soldi, ovvero 169 milioni e 500mila euro, sono stati usati «per esigenze straordinarie di finanza pubblica», dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese al decreto del “Fare”, dall’Ecobonus e alle nuove assunzioni di lavoratori under 29.

A questo proposito l’Uaar – associazione impegnata nella difesa della laicità delle istituzioni – rilancia la campagna Occhiopermille. Da quest’anno lo Stato può destinare il proprio 8×1000 anche per l’edilizia scolastica, per cui – chiede l’Uaar – invitiamo i cittadini a scegliere lo Stato e a «fare pressione sul proprio sindaco affinché presenti domanda per un intervento di edilizia scolastica o per far fronte a calamità naturali. Sarebbe un modo perché l’8×1000 statale sia usato laicamente e a beneficio di tutti».