Azione cattolica, anno zero. Nel terremoto Cei, i nuovi scenari della XV assemblea nazionale

Valerio Gigante
Adista Notizie n. 18/2014

La chiave di lettura della XV Assemblea Nazionale dell’Azione Cattolica, svoltasi a Roma dal 30 aprile al 3 maggio nell’usuale cornice della Domus Pacis sul tema “Persone nuove in Cristo Gesù. Corresponsabili della gioia di vivere”, è – paradossalmente – che non è possibile alcuna chiave di lettura. Nel senso che mai come in questa occasione i tradizionali riferimenti con cui leggere le assise dell’Ac sono saltati, gli schemi si sono rotti, i rapporti all’interno dell’associazione si sono azzerati.

E dissolta è anche quella cornice ecclesiastica che l’associazione aveva conosciuto (e subìto) a partire dagli anni ’80, con una Cei saldamente in mano al card. Camillo Ruini (e ad un episcopato fortemente orientato dal suo “Progetto Culturale”) e, dall’altra parte, con un laicato cattolico chiamato ad essere mera cinghia di trasmissione dei desiderata della presidenza dei vescovi, specie sui temi etici e su quelli di più forte rilevanza politico-sociale.

Oggi infatti i vertici dell’episcopato italiano sono nel pieno di un radicale spoil system. Già l’arrivo di mons. Nunzio Galantino alla segreteria della Cei ha scompaginato le carte; nei prossimi mesi Bagnasco lascerà la guida dei vescovi; e pur non essendo ancora chiaro chi lo sostituirà, avremo, nella linea dettata da Francesco, una presidenza che farà un passo indietro rispetto all’enorme esposizione politico-mediatica degli ultimi anni e che si caratterizzerà per uno scarso interventismo politico diretto, lasciando così più spazio al laicato cattolico organizzato, come quello dell’Ac, cui verrà probabilmente lasciata una certa autonomia nell’azione temporale.

A tutte queste ragioni si aggiunge l’arrivo di un nuovo assistente ecclesiastico per l’Ac, mons. Mansueto Bianchi, nominato all’inizio di aprile. Bianchi ha una biografia ed un profilo pastorale diverso dai suoi paludati predecessori. Soprattutto, è un assistente a tempo pieno, come da anni l’Ac non aveva più conosciuto. Mons. Bianchi, che era vescovo di Pistoia, a differenza dei suoi ultimi predecessori ha lasciato infatti la guida della sua diocesi per dedicarsi interamente alla vita associativa.

L’Ac a un bivio

Così, non è possibile raccontare l’assise dell’Ac nei termini consueti dello scontro tra l’ala “realista”, più disponibile ad accettare il pressing dei vescovi sull’associazione; e quella più “profetica” erede di Bachelet, che in questi anni si è impegnata (per la verità con scarsi risultati) a mantenere una certa autonomia associativa ed un solido ancoraggio alla “scelta religiosa”, ossia l’attenzione alla formazione delle coscienze piuttosto che l’azione diretta in campo politico e sociale.

Alla Domus Pacis non c’erano correnti o aree, mozioni o orientamenti divergenti. Anche la composizione stessa dei delegati – circa 800, provenienti da tutte le diocesi d’Italia, chiamati ad eleggere il nuovo Consiglio nazionale dell’Associazione per il triennio 2014/2017 – presentava un numero altissimo di new entry, con un’età media decisamente più bassa del solito. E anche nel Consiglio Nazionale uscito dalle consultazioni tenutesi nell’ultima giornata dei lavori ci sono molti volti nuovi. Anche per questo, alla fine dello spoglio, risultava difficile immaginare quale terna di candidati alla presidenza, da presentare alla Cei, potrebbe uscire dalla prima riunione del nuovo Consiglio, prevista per il 10 maggio. Facile però che a questo punto il nuovo presidente dell’Azione Cattolica, sancirà definitivamente la chiusura dell’era dei “professori”, di quegli intellettuali e docenti universitari cattolici, cioè, che hanno guidato l’associazione negli ultimi 40 anni.

Resta ora da vedere se, dopo la stagione del “fermento” associativo, lentamente normalizzato tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 e dopo la stagione del “silenzio indotto” che ha caratterizzato gli ultimi 15-20 anni, si aprirà una nuova e originale fase per il laicato cattolico istituzionale. Una sfida impegnativa, cui non è detto che l’attuale ceto dirigente, cresciuto nell’epoca del tandem Bagnasco-Crociata ed all’ombra del modello wojtyliano e ruiniano di Chiesa, sia oggi adeguatamente in grado di rispondere. Stavolta però l’alternativa, piuttosto che la normalizzazione, è l’irrilevanza. Nel senso che in una fase in cui il laicato cattolico può tornare ad essere protagonista, esprimendosi direttamente e forse – almeno in parte – liberamente, o l’Azione Cattolica trova una propria collocazione originale o è destinata a restare una realtà di nicchia, poco significativa all’interno di una realtà ecclesiale, quella italiana, mai come oggi frammentata e in crisi.

Basta mondanità e adunate

Particolarmente interessante, ai fini dell’individuazione del percorso che potrebbe caratterizzare il prossimo triennio di vita associativa dell’Ac, le parole rivolte all’assemblea da mons. Galantino. Partendo dai tanti, «troppi equivoci» che «si continuano a consumare in nome della dimensione intima (il più delle volte intimistica) della fede in Cristo Risorto», il segretario della Cei ha parlato del «disagio» provato un tempo da Gesù e oggi da chi lo sceglie come «compagno di strada», «di fronte alla mancanza di responsabilità e di fronte a una vita condotta nel compromesso. Ma cosa volete che se ne faccia oggi il nostro mondo – ha proseguito – di una Chiesa impegnata a difendere le proprie posizioni (qualche volta veri e propri privilegi) in un mondo che pullula di gente che già fa questo in nome della politica e che, per fortuna, qualche volta viene smascherata ed esposta al ridicolo? Ma cosa volete che se ne faccia oggi il nostro mondo di una Chiesa che non trova di meglio, in alcune circostanze, che investire energie (troppe energie) per mettere su adunate che hanno ripetutamente mostrato il fiato corto e che alla lunga si sono mostrate assolutamente inconcludenti?».

Insomma, una dura sferzata in perfetto stile “francescano” alle troppe compromissioni mondane della Chiesa ma anche – parrebbe – alle troppe kermesse “movimentiste” che hanno riempito le piazze distogliendo l’attenzione dalle troppe chiese e comunità parrocchiali che progressivamente si svuotavano. In questo orizzonte, «si rivela tutta l’importanza e il valore della proposta di Azione Cattolica; una realtà ecclesiale che contribuisce a rendere bella la vita delle Chiese locali e della Chiesa italiana attraverso il contributo di un laicato associato, impegnato direttamente con i Pastori nello spirito del Concilio Vaticano II e che sa essere se stesso secondo il dono ricevuto nella piena corresponsabilità. Quella piena corresponsabilità che porta l’Associazione ad assumere l’intera vita della propria Chiesa e a condividerne la missione nella cordiale collaborazione con tutti. Un’Azione Cattolica, insomma, immersa nella vita del popolo di Dio, capace di sostenere il cammino della Chiesa e di stare con la gente nello spirito del Vangelo della gioia». Una presenza che si declina «a partire dalla realtà dei nostri territori, belli eppure martoriati dai problemi più vari, dalla criminalità organizzata alla mancanza del lavoro, dallo sfregio grave inferto per interesse al territorio all’assenza di serie progettualità politiche».

La ricostituzione di un tessuto sociale ed ecclesiale coeso, la vocazione a tornare ad essere scuola di formazione umana e cristiana è risuonata anche nel discorso del presidente uscente, Franco Miano, il quale ha affermato che «la scelta educativa resta decisiva per la proposta associativa»: «L’Azione cattolica continua a credere, cioè, nella semplicità del servizio di educatori e animatori, di persone che responsabilmente si mettono a disposizione degli altri, contribuendo a creare quel circolo virtuoso tra la vita e la fede che rappresenta il bene fondamentale da far crescere».

In perfetto Francesco-style anche l’omelia rivolta il 2 maggio ai delegati dal segretario di Stato vaticano Parolin, che ha sottolineato quanto anche l’Azione Cattolica sia «oggi interpellata dall’invito che il papa fa alla Chiesa intera: uscire verso le periferie esistenziali. Coraggio, allora! E apritevi ancora di più alla condivisione con la gente delle vostre parrocchie, dei poveri soprattutto».