Un “brasiliano infiltrato in Vaticano” al servizio della Chiesa e della verità

Emanuele D’Onofrio
http://www.aleteia.org/it/ 16 maggio 2014

Il vento che dal Sud America è arrivato fino a Roma non ha cominciato a soffiare con l’elezione di papa Francesco. Questo evento è stato l’apice, forse l’inizio di una fase di rinnovamento che già da tempo si stava facendo sentire, che si poteva leggere in diverse pieghe del pontificato di Benedetto XVI e che era promosso già da tempo da alcune figure attive in Vaticano. Una di queste era senz’altro João Braz de Aviz, cardinale brasiliano già pro-prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica sotto papa Ratzinger e confermato in tale carica anche nel pontificato attuale.

Come quella di Bergoglio, la sua è un’altra storia carica dei volti e degli odori delle periferie, questa volta quelle del Brasile più povero, e che porta quei volti e quegli odori fino ai palazzi che sono il cuore della Santa Sede. Leggerla, nell’autobiografia Dalle periferie del mondo al Vaticano: la mia storia verso la Chiesa di domani, scritta in collaborazione con Michele Zanzucchi, direttore della rivista Città Nuova (il libro sarà presentato in un incontro dibattito che si terrà a Roma lunedì 19 maggio, ore 16, presso l’Auditorium dei Missionari della Consolata), vuol dire capire molto di più dei passi che sta compiendo la Chiesa di oggi. Noi di Aleteia abbiamo incontrato Michele Zanzucchi.

Quando Francesco definisce ridendo De Aviz “un brasiliano infiltrato in Vaticano”, in un incontro pubblico durante la GMG di Rio, che cosa vuole dire?

Zanzucchi: Innanzitutto che resta ancorato al suo Brasile. Lui viene dal Brasile del Sud, da Curitiba, quindi da una zona di grande migrazione, ed ha nel sangue quasi tre quarti di sangue tedesco. E’ un uomo rimasto radicato al Brasile, ma ancor più, è radicato al Vangelo. In fondo è un vescovo che si è sempre detto disponibile ogni volta che gli veniva chiesto di fare qualcosa. Pensiamo che in pochi anni ha cambiato quattro diocesi. I vescovi brasiliani suoi colleghi gli dicevano: “ma tu accetti sempre?”. E lui rispondeva: “Se la Chiesa chiama io ci sono”. Ecco l’estrema disponibilità, e anche adesso è rimasto così. Con una amore straordinario per la verità e la franchezza: non è uno che appartiene ai salotti, che va in giro a fare grandi cerimonie.Tutto quello che fa è legato alla comunità, alla Chiesa come popolo di Dio e direi gregge che lascia il proprio odore sul vestito dei pastori.

Che idea di cardinale ci propone de Aviz?

Zanzucchi: Un cardinale, se così posso dire, che non si prende troppo sul serio. Lui stesso dice di sé: “io non ho le qualità per fare il cardinale, ma la Chiesa mi chiama”. Si ritorna un po’ a quell’idea di “vocazione oggettiva”, dove è la Chiesa che chiama. Ma intanto sono emerse delle qualità estreme molto belle in questo Braz de Aviz, se pensiamo soprattutto a quelle che aveva in fondo individuato anche papa Bergoglio quando l’aveva indicato al cardinal Bertone come possibile nome. E’ un uomo di popolo, che sta in mezzo al popolo, nato dalla comunità, che vive della comunità, che vive come un pastore in mezzo al gregge. Anche come cardinale è così, ed ha un legame particolare con il papa. Mostra anche nel collaborare con lui una franchezza, una semplicità di relazioni, di modo di rapportarsi, di affrontare i problemi senza paura della verità. Ecco, questa è una nota molto caratteristica: massima carità ma massimo rispetto della verità. Nel libro, per esempio, racconta di come per tanti anni la vicenda per esempio del fondatore dei Legionari di Cristo fosse rimasta nei cassetti. Con lui sicuramente non succederà più questo. Stanno venendo fuori delle storie, anche dolorose, proprio per questo suo desiderio di non nascondere e di mettersi al servizio della verità. Certo di salvare il salvabile, ma anche di dire le cose così come stanno. Ci sono pagine molto belle, nelle quali parla dei figli di Congregazioni che si ritrovano traditi dal fondatore: lui cerca di essere vicino a loro, di valutare tutte le possibilità per salvare e valorizzare il servizio che essi rendono alla Chiesa.

Questo amore per la verità ha motivato anche il suo rapporto stretto con Benedetto XVI?

Zanzucchi: Con Benedetto XVI la scintilla è scoccata subito, anche se – lui lo dice chiaramente – ha avuto poche possibilità di frequentarlo. Non per colpa di nessuno, ma per tradizione, per le condizioni di salute del papa, di Benedetto XVI, per la sua età avanzata e la difficoltà di tenere tutto in mano. De Aviz dice che aveva difficoltà ad arrivare fino a lui. In effetti nell’anno e mezzo in cui è stato cardinale sotto Benedetto XVI lo ha visto solo due volte. E le questioni delicate, penso a quella delle suore superiori statunitensi, sono sempre state cose vissute lontano dal papa. Questa certamente è stata una nota che prefigurava l’arrivo di Francesco, il quale invece chiede il sostegno dei suoi collaboratori più stretti. A lui ha detto più volte: “aiutami perché io non so, tu mi devi dire come stanno le cose”. E qui c’è il mistero della comunione in Cristo che permette di vedere anche per interposta persona.

Quali sono i tratti caratteristici della Chiesa brasiliana da cui proviene, rispetto ad esempio alla Chiesa argentina?

Zanzucchi: Questo non me lo sono chiesto finora, ma ho l’impressione che ci sono delle note caratteristiche diverse tra le due Chiese. La Chiesa argentina è forse ancora più legata all’Europa rispetto a quanto non lo sia l’altra. Quella brasiliana è molto più popolare e meno intellettuale di quella argentina. La comunanza è il continente latino-americano, la vicinanza con il popolo, con i più poveri, con i diseredati: cioè, il pastore non ha senso se è lontano dal suo gregge. Questa è la nota che le unifica, cioè la sensibilità per tutti i temi sociali che nascono, per l’immigrazione, per le famiglie che vanno in rovina: le periferie di Bergoglio sono le periferie di Braz de Aviz. Certamente con situazioni diverse. Tra l’altro i due sono nati a poca distanza l’uno dall’altro, perché Curitiba è proprio a Sud del Brasile.

De Aviz ha avuto un rapporto molto stretto con i Focolari?

Zanzucchi: Ha conosciuto i Focolari a 14 anni, in seminario. E’ stato colpito dalle semplici testimonianze di vita evangelica di un Focolarino. Non da altro, non dai discorsi che faceva, anche perché lui non li ricorda. Ma si ricorda solo questa figura, un Focolarino italiano, missionario, che lo colpì perché parlava solo di Vangelo. Questo lo accomuna a Bergoglio. E tuttora è vicino ai Focolari. Quando è venuto a Roma nel 1968, ha avuto una crisi normalissima come momento di crescita e che ha superato rapidamente, per cui praticamente è rimasto legato ai Focolari sin dall’inizio. Ma il legame tra Focolari e vescovi è molto spirituale; è lontano mille miglia dal pensiero di Chiara Lubich e di quegli stessi vescovi il fare lobby. Loro servono il papa e la Chiesa, punto. Questo de Aviz me lo ha ripetuto più volte con una straordinaria forza. Non gli interessano i salotti. Testimoniano, ma sempre sul Vangelo, non su gruppi di potere.