Papa Francesco dialoga con i giornalisti tornando dalla Palestina

Salvatore Cernuzio
Zenit.org

Stanco ma soddisfatto del tour de force in Terra Santa, Francesco sul volo Tel Aviv–Roma non si sottrae alle domande dei giornalisti. Come nel viaggio di ritorno da Rio de Janeiro, il Pontefice si intrattiene per circa 50 minuti con la delegazione dei media presenti sull’aereo, sottoponendosi alle più svariate domande – anche le più scottanti – alle quali risponde in maniera diretta e spontanea. Tra i temi affrontati durante la conferenza: i frutti del suo viaggio nella terra di Gesù, la riforma della Curia, gli abusi sui minori, gli scandali finanziari vaticani e il prossimo Sinodo sulla famiglia. Ne riportiamo di seguito ampi stralci.

I gesti in Terra Santa: “I miei gesti non sono pensati, ma spontanei…”

Le prime domande sono sul viaggio appena compiuto in Giordania, Palestina e Israele. In particolare, ci si sofferma sui “gesti” del Pontefice durante questi intensi tre giorni: dalla preghierasilenziosa davanti al muro che separa la Cisgiordania da Israele, il raccoglimento davanti al muro che ricorda le vittime del terrorismo, o il baciamano commovente ai sopravvissuti della Shoah. “I gesti più autentici sono quelli che non si pensano, io avevo pensato si poteva fare qualcosa, ma dei gesti concreti che ho compiuto nessuno era stato pensato così”, dice il Papa. E chiarisce: “… i miei non erano gesti pensati, a me viene di fare qualcosa di spontaneo così”.

Incontro Peres-Abbas in Vaticano: “Un appuntamento di preghiera, non di mediazione”

Il “gesto” più importante è stato indubbiamente l’invito a Peres e Abbas a venire nella sua “casa” in Vaticano per un incontro di preghiera. A riguardo, il Pontefice afferma: “Alcune cose, come l’invito ai due presidenti, si era pensato di farlo là, durante il viaggio, ma c’erano tanti problemi logistici, tanti, il territorio dove si doveva fare, non era facile. Ma alla fine è uscito l’invito e spero che l’incontro riesca bene…”. Esso sarà principalmente un appuntamento “di preghiera”, e non di “mediazione”, precisa Bergoglio “ci sarà un rabbino, un islamico, ci sarò io” e “ho chiesto al Custode di Terra Santa di organizzare un po’ le cose pratiche”. La speranza del Papa è che “questi due dirigenti, questi due governi abbiano il coraggio di andare avanti. Questa è l’unica strada per la pace”.

Rapporto con Bartolomeo e ortodossi: “Bisogna risolvere la questione della Pasqua”

Alle domande sull’incontro con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Francesco risponde: “Con Bartolomeo parliamo come fratelli! Ci vogliamo bene, ci raccontiamo difficoltà del nostro governo”. Entrambi condividono la questione dell’ecologia: “Ne abbiamo parlato abbastanza… – racconta il Papa – Lui è molto preoccupato: anche io. Abbiamo parlato di fare insieme un lavoro congiunto su questo problema”.
Tra i temi affrontati insieme anche quello “dell’unità”: “L’unità si fa nella strada, è un cammino”, precisa il Santo Padre. “Noi non possiamo mai fare l’unità in un congresso di teologia”, disse Athenagora a Paolo VI, e Francesco concorda: “Noi andiamo insieme, tranquilli, e tutti i teologi li mettiamo in un’isola, che discutano tra loro!”. Bisogna “camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme”.
In tal senso, una questione da risolvere è la Pasqua, celebrata ancora oggi da cattolici e ortodossi in date diverse. Una cosa “un po’ ridicola” a parer del Papa: “Ma dimmi, il tuo Cristo quando resuscita? La settimana prossima. Eh, il mio è resuscitato la scorsa… la data della Pasqua è un segno di unità!”. Per questo, Francesco e Bartolomeo hanno deciso se ne parlerà nel prossimo Concilio pan-ortodosso.

Gerusalemme: “Città della pace per le tre religioni”

Su Gerusalemme il Papa annuncia che “ci sono tante proposte sulla questione”. Chiarisce quindi la sua posizione “dal punto di vista religioso” che è la stessa della Chiesa cattolica, del Vaticano: “Gerusalemme, una città della pace per le tre religioni”. Tuttavia il Santo Padre precisa che “le misure concrete per la pace si devono negoziare, magari si deciderà che questa parte diventi capitale di uno stato, l’altra dell’altro…”. Ci tiene poi a sottolineare: “Non mi sento competente per dire che si faccia questo o quest’altro, sarebbe una pazzia da parte mia, credo che si deve entrare con fratellanza, mutua fiducia sulla strada del negoziato”.

Abusi su minori

“Tolleranza zero! Abusare di un bambino è come fare una Messa nera”
Dalla Terra Santa, l’attenzione si sposta sulle problematiche interne alla Chiesa. Il primo nodo da sciogliere sono gli abusi su minori da parte di esponenti del clero. Bergoglio conferma: “In questo momento ci sono tre vescovi sotto indagine, di uno, già condannato, si sta studiando la pena”. Poi rimarca con fermezza: “Non ci sono privilegi su questo tema dei minori. In Argentina dei privilegiati diciamo: questo è un figlio di papà. Ecco, su questo tema non ci saranno figli di papà”.
Il problema è infatti “molto grave”, secondo il Papa, che arriva a dire: “Un sacerdote che compie un abuso, tradisce il corpo del Signore. Il prete deve portare il bambino o la bambina alla santità. E questo si fida di lui. Invece di portarlo alla santità, lui lo abusa. È gravissimo. È come fare una messa nera!”. Francesco annuncia inoltre che i prossimi 6-7 giugno “ci sarà una Messa con alcune persone abusate, a Santa Marta, e poi una riunione, io con loro”. “Su questo si deve andare avanti con tolleranza zero”, ribadisce.

Scandali finanziari e riforme: “Chiusi 1600 conti allo Ior”

Un altro cruccio per la Santa Sede sono i diversi scandali finanziari. Su questo punto, il Papa è sereno: “Il Signore Gesù – dice – una volta ha detto ai suoi discepoli: è inevitabile che ci siano scandali, siamo umani e peccatori tutti. Il problema è evitare che ce ne siano di più”. In tal direzione, un grande contributo è dato dalle due commissioni referenti su Ior e Cosea, che hanno concluso i loro lavori venerdì 23 maggio. “Adesso – dice il Papa – con il ministero e la Segreteria per l’economia diretta dal cardinale Pell si porteranno avanti le riforme consigliate”, e si aiuterà anche “ad evitare scandali e problemi”.
Ad esempio, riferisce il Papa ai giornalisti, “nello Ior sono stati chiusi 1600 conti, di persone che non avevano diritto. Lo Ior è per l’aiuto alla Chiesa, hanno diritto vescovi, e diocesi, dipendenti del vaticano, le loro vedove, le ambasciate, ma niente di più. Non è una cosa aperta. E questo è un buon lavoro, chiudere i conti di chi non ha diritto”.
A proposito di Ior, qualcuno chiede informazioni sul buco di 15 milioni nei conti dell’Istituto per le Opere di Religione imputato, da diversi media internazionali, al cardinale Bertone per finanziamenti alla casa di produzione cinematografica Lux Vide. Il Papa taglia corto: “La questione di quei 15 milioni, è ancora sotto studio, non è ancora chiaro che cosa è accaduto”.
Insomma, come per la questione abusi, in Vaticano si sta lavorando duramente anche per colmare le lacune in campo economico-finanziario. Certo, ammette il Vescovo di Roma, “ci saranno ancora incongruenze, ci saranno sempre, perché siamo umani. E la riforma deve essere continua. I padri della Chiesa dicevano che la Chiesa deve essere semper reformanda. Siamo peccatori, siamo deboli”.

Riforma della Curia: “Siamo a buon punto…”

E visto che di Chiesa semper reformanda si parla, la domanda sorge spontanea: “Quando si procederà alla riforma della Curia? Quali ostacoli ci sono?”. “Il primo sono io!”, scherza il Papa; poi aggiunge: “Siamo a buon punto, abbiamo consultato tutta la Curia, si cominciano a studiare le cose, per alleggerire l’organizzazione ad esempio accorpando dei Dicasteri”. Uno dei punti chiave – spiega – è quello economico: “Il dicastero dell’Economia deve lavorare con la Segreteria di Stato. Adesso a luglio – informa il Santo Padre – abbiamo quattro giorni di lavoro e poi a fine settembre altri quattro, ma si lavora”. Anche se “i risultati ancora non si vedono tutti”, tuttavia Francesco è “contento”: “Si è lavorato abbastanza”.

Celibato dei preti: “Non è un dogma. La porta è aperta”

Possibilista il Papa sulla questione: “La Chiesa cattolica ha preti sposati, nei riti orientali. Il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita, che io apprezzo tanto e credo che sia un dono per la Chiesa. Non essendo un dogma di fede, c’è sempre la porta aperta”.

Beatificazione di Pio XII: “Manca il miracolo. Per ora nulla di fatto”

Secondo alcune voci, la beatificazione di Pacelli sarebbe stata annunciata dopo il viaggio del Papa in Terra Santa. Ma Francesco smentisce: “La causa è aperta, io mi sono informato e ancora non c’è alcun miracolo. Dobbiamo rispettare questa realtà: non c’è miracolo, è necessario almeno che ce ne sia uno per la beatificazione. Io non posso pensare se lo farò beato o no”.

Europa ed elezioni

“Populismo, fiducia, tesi sull’euro… di questo non capisco tanto”
Dal Vaticano, lo sguardo del Pontefice si amplia all’Europa, specialmente sulle elezioni di domenica 25 maggio. Sull’argomento, Francesco si dice poco informato: “Ho avuto solo il tempo di pregare qualche Padre Nostro ma non ho avuto notizie sulle elezioni. Il populismo in Europa, la fiducia o la sfiducia, alcune tesi sull’euro…. di questo io non capisco tanto”.
Di una cosa, il Papa però è certo: “La disoccupazione è grave: siamo in un sistema economico mondiale dove al centro è il denaro, non è la persona umana”. “Questo sistema per mantenersi, scarta. Si scartano i bambini: il livello delle nascite non è alto, in Italia sono meno di due a coppia, in Spagna è ancora più bassa. Si scartano gli anziani, anche con l’eutanasia nascosta, le medicine si danno solo fino a un certo punto. E si scartano i giovani: in Italia credo che la disoccupazione giovanile sia circa del 40%, in Spagna è del 50%, in Andalusia del 60%”. Nel continente europeo, insomma, la “cultura dello scarto” regna sovrana. “Non è solo in Europa – puntualizza Bergoglio – ma in Europa si sente forte. È un sistema economico disumano, questo sistema economico uccide come ho detto nell’Evangelii Gaudium”.

Viaggio in Sri Lanka e Filippine

Il Papa conferma poi i suoi viaggi in Sud Corea, ad agosto, e in Sri Lanka e Filippine, prevista per gennaio 2015, in particolare nelle zone colpite dallo tsunami.

Libertà religiosa: “Bisogna lavorare con prudenza per queste Chiese sofferenti”

Parlando dei paesi asiatici, il pensiero va ai cristiani perseguitati e alla “non libertà di praticare la religione”. Una problematica che si verifica in diverse parti del mondo. “Ci sono martiri oggi, martiri cristiani, cattolici e non cattolici – osserva con rammarico Papa Francesco – In alcuni posti non puoi portare un crocifisso, avere una Bibbia, o insegnare il catechismo ai bambini”. In alcuni posti – continua – “dobbiamo avvicinarci con prudenza, per andare ad aiutarli, pregare tanto per queste Chiese che soffrono, soffrono tanto, e anche i vescovi e la Santa Sede lavorano con discrezione per aiutare i cristiani di questi Paesi, ma non è una cosa facile”.
Eventuale rinuncia: “Benedetto, un’istituzione. Se un Papa non ha le forze deve farsi le sue stesse domande”
Non sapendo cos’altro chiedere, al Pontefice si domanda se ci sia una possibilità che segua le orme del suo predecessore rinunciando al ministero petrino. Il Papa risponde molto seriamente: “Io farò quello che il Signore mi dirà di fare. Pregare, cercare di fare la volontà di Dio”. “Benedetto XVI – evidenzia – non aveva più le forze, e onestamente, da uomo di fede, umile qual è, ha preso questa decisione”. A lui quindi, “dobbiamo guardare come a un’istituzione”, perché “ha aperto una porta: quella dei Papi emeriti”. Settant’anni fa – ricorda il Santo Padre – “i vescovi emeriti non esistevano. Cosa succederà con i Papi emeriti?”, “ce ne saranno altri o no? Dio solo lo sa”. Anche in questo caso “la porta è aperta”. Di certo, afferma Bergoglio, “se un Vescovo di Roma sente che le forze vanno giù deve farsi le stesse domande che si è fatto Papa Benedetto”.

Sinodo sulla famiglia

“Non si può ridurre il Sinodo solo al caso della comunione ai divorziati risposati”
Tra le domande più calde quelle relative al Sinodo sulla famiglia, in programma ad ottobre, e sulla spinosa questione dei Sacramenti ai divorziati risposati. “A me non è piaciuto che tante persone, anche di Chiesa, abbiano detto: il Sinodo è per dare comunione ai divorziati risposati, come se tutto si riducesse a una casistica”, afferma il Papa un po’ seccato. Il Sinodo riguarderà infatti il problema della famiglia, “le sue ricchezze” e la situazione attuale che attraversa. Perché allora ridurre un’assise così importante ad un’unica problematica?
Anche la stessa relazione del cardinale Kasper al Concistoro è stata sminuita: essa – osserva il Papa – “aveva cinque capitoli, quattro dei quali sulle cose belle della famiglia e sul loro fondamento teologico. Il quinto capitolo era sul problema pastorale delle separazioni e sulla nullità matrimoniale e qui c’è anche il tema della comunione ai divorziati in seconda unione”
“Non vorrei che noi cadessimo in questa casistica: si potrà o non si potrà dare la comunione?”, dice Bergoglio. Anche perché “il problema pastorale della famiglia è molto largo, molto largo. Oggi, la famiglia è in crisi mondiale, i giovani non vogliono sposarsi, o convivono…”. Dunque, “bisogna studiare caso per caso”, in particolare, – come diceva Benedetto XVI – “bisogna studiare le procedure di nullità matrimoniale, la fede con cui una persona va al matrimonio e chiarire che i divorziati non sono scomunicati”, anche se tante volte sono trattati come tali.

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La dichiarazione congiunta Francesco-Bartolomeo

Dichiarazione Congiunta di Papa Francesco e del Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli
Zenit.org

Riportiamo di seguito la Dichiarazione Congiunta, firmata oggi pomeriggio da Papa Francesco e del Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli durante il loro incontro presso la Delegazione Apostolica di Gerusalemme.

1. Come i nostri venerati predecessori, il Papa Paolo VI ed il Patriarca Ecumenico Athenagoras, si incontrarono qui a Gerusalemme cinquant’anni fa, così anche noi, Papa Francesco e Bartolomeo, Patriarca Ecumenico, abbiamo voluto incontrarci nella Terra Santa, “dove il nostro comune Redentore, Cristo Signore, è vissuto, ha insegnato, è morto, è risuscitato ed è asceso al cielo, da dove ha inviato lo Spirito Santo sulla Chiesa nascente” (Comunicato congiunto di Papa Paolo VI e del Patriarca Athenagoras, pubblicato dopo l’incontro del 6 gennaio 1964). Questo nostro incontro, un ulteriore ritrovo dei Vescovi delle Chiese di Roma e di Costantinopoli,
fondate rispettivamente dai due fratelli Apostoli Pietro e Andrea, è per noi fonte di intensa gioia spirituale e ci offre l’opportunità di riflettere sulla profondità e sull’autenticità dei legami esistenti tra noi, frutto di un cammino pieno di grazia lungo il quale il Signore ci ha guidato, a partire da quel giorno benedetto di cinquant’anni fa.

2. Il nostro incontro fraterno di oggi è un nuovo, necessario passo sul cammino verso l’unità alla quale soltanto lo Spirito Santo può guidarci: quella della comunione nella legittima diversità. Ricordiamo con viva gratitudine i passi che il Signore ci ha già concesso di compiere. L’abbraccio scambiato tra Papa Paolo VI ed il Patriarca Athenagoras qui a Gerusalemme, dopo molti secoli di silenzio, preparò la strada ad un gesto di straordinaria valenza, la rimozione dalla memoria e dal mezzo della Chiesa delle sentenze di reciproca scomunica del 1054. Seguirono scambi di visite nelle rispettive sedi di Roma e di Costantinopoli, frequenti contatti epistolari e, successivamente, la decisone di Papa Giovanni Paolo II e del Patriarca Dimitrios, entrambi di venerata memoria, di avviare un dialogo teologico della verità tra Cattolici e Ortodossi. Lungo questi anni Dio, fonte di ogni pace e amore, ci ha insegnato a considerarci gli uni gli altri come membri della stessa famiglia cristiana, sotto un solo Signore e Salvatore, Cristo Gesù, e ad amarci gli uni gli altri, di modo che possiamo professare la nostra fede nello stesso Vangelo di Cristo, così come è stato ricevuto dagli Apostoli, espresso e trasmesso a noi dai Concili ecumenici e dai Padri della Chiesa. Pienamente consapevoli di non avere raggiunto l’obiettivo della piena comunione, oggi ribadiamo il nostro impegno a continuare a camminare insieme verso l’unità per la quale Cristo Signore ha pregato il Padre, “perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21).

3. Ben consapevoli che tale unità si manifesta nell’amore di Dio e nell’amore del prossimo, aneliamo al giorno in cui finalmente parteciperemo insieme al banchetto eucaristico. Come cristiani, ci spetta il compito di prepararci a ricevere questo dono della comunione eucaristica,
secondo l’insegnamento di Sant’Ireneo di Lione, attraverso la professione dell’unica fede, la preghiera costante, la conversione interiore, il rinnovamento di vita e il dialogo fraterno (Adversus haereses, IV,18,5. PG 7, 1028). Nel raggiungere questo obiettivo verso cui orientiamo le nostre speranze, manifesteremo davanti al mondo l’amore di Dio e, in tal modo, saremo riconosciuti come veri discepoli di Gesù Cristo (cf Gv 13,35).

4. A tal fine, un contributo fondamentale alla ricerca della piena comunione tra Cattolici ed Ortodossi è offerto dal dialogo teologico condotto dalla Commissione mista internazionale. Durante il tempo successivo dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e del Patriarca
Dimitrios, il progresso realizzato dai nostri incontri teologici è stato sostanziale. Oggi vogliamo esprimere il nostro sentito apprezzamento per i risultati raggiunti, così come per gli sforzi che attualmente si stanno compiendo. Non si tratta di un mero esercizio teorico, ma di un esercizio
nella verità e nella carità, che richiede una sempre più profonda conoscenza delle tradizioni gli uni degli altri, per comprenderle e per apprendere da esse. Per questo, affermiamo ancora una volta che il dialogo teologico non cerca un minimo comune denominatore teologico sul quale
raggiungere un compromesso, ma si basa piuttosto sull’approfondimento della verità tutta intera, che Cristo ha donato alla sua Chiesa e che, mossi dallo Spirito Santo, non cessiamo mai di comprendere meglio. Affermiamo quindi insieme che la nostra fedeltà al Signore esige l’incontro fraterno ed il vero dialogo. Tale ricerca comune non ci allontana dalla verità, piuttosto, attraverso uno scambio di doni, ci condurrà, sotto la guida dello Spirito, a tutta la verità (cf Gv 16,13).

5. Pur essendo ancora in cammino verso la piena comunione, abbiamo sin d’ora il dovere di offrire una testimonianza comune all’amore di Dio verso tutti, collaborando nel servizio all’umanità, specialmente per quanto riguarda la difesa della dignità della persona umana in ogni fase della vita e della santità della famiglia basata sul matrimonio, la promozione della pace e del bene comune, la risposta alle miserie che continuano ad affliggere il nostro mondo.
Riconosciamo che devono essere costantemente affrontati la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni. È nostro dovere sforzarci di costruire insieme una società giusta ed umana, nella quale nessuno si senta escluso o emarginato.

6. Siamo profondamente convinti che il futuro della famiglia umana dipende anche da come sapremo custodire, in modo saggio ed amorevole, con giustizia ed equità, il dono della creazione affidatoci da Dio. Riconosciamo dunque pentiti l’ingiusto sfruttamento del nostro pianeta, che costituisce un peccato davanti agli occhi di Dio. Ribadiamo la nostra responsabilità e il dovere di alimentare un senso di umiltà e moderazione, perché tutti sentano la necessità di rispettare la creazione e salvaguardarla con cura. Insieme, affermiamo il nostro impegno a risvegliare le coscienze nei confronti della custodia del creato; facciamo appello a tutti gli uomini e donne di buona volontà a cercare i modi in cui vivere con minore spreco e maggiore sobrietà, manifestando minore avidità e maggiore generosità per la protezione del mondo di Dio e per il bene del suo popolo.

7. Esiste altresì un urgente bisogno di cooperazione efficace e impegnata tra i cristiani, al fine di salvaguardare ovunque il diritto ad esprimere pubblicamente la propria fede e ad essere trattati con equità quando si intende promuovere il contributo che il Cristianesimo continua ad offrire
alla società e alla cultura contemporanee. A questo proposito, esortiamo tutti i cristiani a promuovere un autentico dialogo con l’Ebraismo, con l’Islam e con le altre tradizioni religiose. L’indifferenza e la reciproca ignoranza possono soltanto condurre alla diffidenza e, purtroppo, persino al conflitto.

8. Da questa Città Santa di Gerusalemme, vogliamo esprimere la nostra comune profonda preoccupazione per la situazione dei cristiani in Medio Oriente e per il loro diritto a rimanere cittadini a pieno titolo delle loro patrie. Rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera al Dio onnipotente e misericordioso per la pace in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. Preghiamo specialmente per le Chiese in Egitto, in Siria e in Iraq, che hanno sofferto molto duramente a causa di eventi recenti. Incoraggiamo tutte le parti, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose, a continuare a lavorare per la riconciliazione e per il giusto riconoscimento dei diritti dei popoli. Siamo profondamente convinti che non le armi, ma il dialogo, il perdono e la riconciliazione sono gli unici strumenti possibili per conseguire la pace.

9. In un contesto storico segnato da violenza, indifferenza ed egoismo, tanti uomini e donne si sentono oggi smarriti. È proprio con la testimonianza comune della lieta notizia del Vangelo, che potremo aiutare l’uomo del nostro tempo a ritrovare la strada che lo conduce alla verità, alla
giustizia e alla pace. In unione di intenti, e ricordando l’esempio offerto cinquant’anni fa qui a Gerusalemme da Papa Paolo VI e dal Patriarca Athenagoras, facciamo appello ai cristiani, ai credenti di ogni tradizione religiosa e a tutti gli uomini di buona volontà, a riconoscere l’urgenza dell’ora presente, che ci chiama a cercare la riconciliazione e l’unità della famiglia umana, nel pieno rispetto delle legittime differenze, per il bene dell’umanità intera e delle generazioni future.

10. Mentre viviamo questo comune pellegrinaggio al luogo dove il nostro unico e medesimo Signore Gesù Cristo è stato crocifisso, è stato sepolto ed è risorto, affidiamo umilmente all’intercessione di Maria Santissima e Sempre Vergine i passi futuri del nostro cammino verso la piena unità e raccomandiamo all’amore infinito di Dio l’intera famiglia umana.