La corruzione: e i cristiani come la combattono?

Aldo Maria Valli
www.ninonuovo.it

Il cardinale Van Thuan diceva: «Quando Gesù vide i commercianti occupare il Tempio li cacciò subito, non perse tempo a presentare un ricorso ai sommi sacerdoti…»

“È tanto facile entrare nelle cricche della corruzione”. Con il suo italiano immaginifico e un po’ naïf, Francesco ha colpito ancora. Proprio mentre l’Italia guarda a Milano (Expo) e Venezia (Mose) con uno sconforto che rischia di sfociare nella rassegnazione, il papa, nella messa del mattino a Santa Marta, è tornato ad affrontare il tema della corruzione, puntando il dito contro “quella politica quotidiana del do ut des” per la quale “tutto è affari”. Una condotta, ha detto, che danneggia soprattutto i più i deboli. “Quante ingiustizie! Quanta gente che soffre per queste ingiustizie!”, ha esclamato Francesco ricordando che “Gesù dice: sono beati quelli che lottano contro queste ingiustizie'”.

Parole fuori dai denti. È però curioso che né la Radio Vaticana né il Centro Televisivo Vaticano, nelle loro sintesi quotidiane dell’omelia mattutina di Francesco, abbiano inserito nella titolazione le frasi prima citate. La Segreteria di Stato, che decide quali frasi del papa inserire nelle sintesi, ha forse avuto paura? Ha forse ritenuto che quelle espressioni di Francesco fossero troppo forti, specie per noi italiani?

E sì che, dato il momento, certe prese di posizione di Francesco andrebbero diffuse il più possibile. I recenti casi di corruzione dicono che questa malapianta non è mai stata estirpata nel nostro povero Paese ed anzi è cresciuta, diventando ancora più robusta.

Certo, quando il papa parla non ha in mente solo l’Italia, ma ciò non toglie che le sue parole interpellino in particolare proprio noi, dato il momento. E i cristiani che cosa fanno per combattere la corruzione? Che domanda ingenua, dirà qualcuno.

Non la pensava così un grande cardinale e un autentico santo come il vietnamita François Xavier Nguyên Van Thuân, che scrisse: “Non solo non si deve tollerare la corruzione, ma bisogna prevenirla agendo per tempo. Altrimenti si verificano dei disastri e tutta la costruzione crolla. Più si ritarda, più i danni saranno gravi. Non si deve assolutamente mai nasconderla, se ci si trova davanti a prove concrete. Quando Gesù vide i commercianti occupare il Tempio li cacciò subito, non perse tempo a presentare un ricorso ai sommi sacerdoti! Così facendo, certamente si attirò l’odio di qualcuno, ma le persone di buona volontà lo comprendevano e lo ammiravano” (in La gioia di vivere la fede).

Dopo aver appreso delle parole di Francesco, sono andato a recuperare quelle di Van Thuân perché ricordavo che il cardinale vietnamita, in proposito, aveva detto pane al pane e vino al vino, e perché mi sembrava che avesse fatto anche riferimento a un concetto, quello dell’onore della vita, che noi occidentali, e noi italiani in particolare, sembriamo aver perso del tutto.
In effetti, dopo aver scartabellato un po’, ho trovato i passaggi che cercavo.

In La gioia di vivere la fede, Van Thuân cita Giovanni Paolo II (nella Veritatis splendor) che a sua volta cita Giovenale: “Considera come un’infamia terribile preferire la vita all’onore e per salvare la tua vita perdere la ragione di vivere”. Ecco qua: un’infamia terribile è perdere l’onore della vita inseguendo il successo, la ricchezza. Ma chi parla più di onore? Sembra una parola d’altri tempi, adatta a gente un po’ sempliciotta e, diciamolo, sprovveduta.

Invece il santo cardinale non teme di dire le cose come stanno: “L’onore di una persona si basa sull’onestà”, “Chi non ha onore è sleale, falso con gli amici e i suoi cari, distruttivo dell’ambiente familiare, genera un clima di disintegrazione nella società e nel paese”.

Un clima di disintegrazione. Sembra proprio il ritratto della nostra povera Italia. Un Paese che continua a dirsi di tradizione cristiana. E lo dice senza neanche provare un po’ di vergogna.